Ha vinto Mediobanca, Giovanni Perissinotto non è più il group ceo di Generali. Ha vinto Mediobanca, e Perissinotto è stato sfiduciato con 10 voti su 17. Cinque membri hanno votato a suo favore, mentre Sergio Balbinot, amministratore delegato per le attività estere del gruppo di Trieste, si è astenuto. Assente, invece, l’altro manager della compagnia in cda, il tedesco Reinfried Pohl. All’uscita dal cda, il vicepresidente del cda del Leone Claudio De Conto, in quota Mediobanca, ha detto che Perissinotto nel corso del cda si è difeso. Il consiglio di amministrazione del Leone ha deciso di proporre a Mario Greco la sua nomina a Direttore Generale e Group CEO, che avverrà «previa sua cooptazione nel consiglio di amministrazione successivamente alla risoluzione del suo rapporto di lavoro con il gruppo Zurich».
Piazzetta Cuccia è il principale azionista della compagnia assicurativa triestina con il 13,5% delle quote, e gran parte della sua capitalizzazione, 2,47 miliardi di euro, deriva proprio dalla sua partecipazione nella compagnia triestina. Leonardo Del Vecchio, uscito dal cda ma azionista rilevante con il 3 per cento, e da Lorenzo Pellicioli, patron di De Agostini, assieme all’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, sono stati gli artefici del blitz.
Ieri il patron di Luxottica ha rivendicato l’operazione, affermando: «Sono stato io insieme a Lorenzo Pelliccioli a rappresentare a Mediobanca l’urgenza del cambiamento ed Alberto Nagel ne ha convenuto. Quindi non si tratta di una mozione di sfiducia di Mediobanca ma di una parte molto rilevante del consiglio e dell’azionariato motivata esclusivamente da fatti aziendali inerenti alla compagnia», dando poi il suo endorsement a Mario Greco. Immediata la replica di Perissinotto, che ha accusato Del Vecchio di avere «una visione del nostro paese e della nostra compagnia un pò lontana dalla realtà».
Come è noto, mercoledì Alberto Nagel e Renato Pagliaro, amministratore delegato e presidente di Piazzetta Cuccia, hanno chiesto a Perissinotto di dimettersi, ricalcando lo stesso schema che ha portato all’uscita, nell’aprile 2011, del presidente Cesare Geronzi, il quale – a differenza del manager ravennate – si presentò già dimissionario al cda che poi lo sfiduciò. Al contrario del banchiere di Marino, però, Perissinotto ha deciso di andare alla conta dei voti. Perdendo i poteri ma rimanendo per ora, senza deleghe, all’interno del consiglio di amministrazione.
La riunione, oltre a confermare nuovamente l’abbraccio tra Mediobanca e la terza assicurazione europea, sancisce l’uscita del Patron di Tod’s, Diego Della Valle, dalla galassia dell’istituto di credito milanese. Al termine del cda, infatti, l’imprenditore marchigiano si è detto in disaccordo «né nella foma né nella sostanza» sull’uscita del manager ravennate, dichiarando poi la sua intenzione di rassegnare le dimissioni dal cda, con una lettera indirizzata al presidente Gabriele Galateri di Genola – che assumerà ad interim la carica di group ceo – che sarà recapitata lunedì. Lo scorso 4 aprile Della Valle era si era infatti dimesso, sempre in polemica con Nagel e Pagliaro, dal cda di Rcs, casa editrice del Corriere della Sera, mentre a ottobre 2011 aveva svincolato la sua partecipazione dal patto di sindacato di Mediobanca.
L’occasione per la defenestrazione di Perissinotto è stata l’andamento del titolo, che nell’ultimo anno ha perso il 45% e, tralasciando la giornata di ieri, in cui gli investitori hanno acquistato il titolo sfruttando il forte sconto con cui viene scambiato per via dei 50 miliardi di titoli di Stato che detiene in portafoglio. Mediobanca ha in carico le azioni a 10 euro, ma alcuni grandi soci, tra i quali Del Vecchio, hanno perso milioni di euro nell’investimento. Nello specifico, De Agostini ha in bilancio i titoli a 14 euro, Effeti a 18 euro, prezzo che sale a 29 euro per la quota detenuta direttamente dalla Ferak. Caltagirone ha svalutato a 15 euro, mentre Del Vecchio e Gavio, Arvedi e Zannoni, che attraverso il loro veicolo Inv.Ag. a 25 euro.
Attraverso una lunga lettera apparsa ieri, l’amministratore delegato di Generali, oltre a difendere il proprio operato, ha lanciato pesanti accuse proprio nei confronti di Piazzetta Cuccia, parlando di «vari tentativi del management di Generali di diversificare» il rischio ostacolati in quanto avrebbero potuto ridurre l’influenza «dell’azionista Mediobanca».
Perissinotto si scaglia poi contro l’operazione Unipol-Fonsai «ho seri dubbi sulla visione strategica di questa operazione, non solo per la inquietante prova che non si può certo ignorare riguardante la salute finanziaria di quello che dovrebbe essere il salvatore; al contrario di quella che sembra essere la convinzione del top management di Mediobanca io non reputo che sarebbe corretto per me essere coinvolto in alcun modo nella vicenda Fonsai», aggiungendo: «In ogni caso, è evidenteche la errata convinzione che io abbia in qualche modo aiutato – o più precisamente non abbia esercitato la mia influenza per evitare la partecipazione di una parte in transazioni che “minacciano” interessi vitali per Mediobanca – sia all’origine della mozione di sfiducia mossami quale CEO di Generali».
Il chiaro riferimento è alla cordata composta da Sator e Palladio Finanziaria opposta a Mediobanca nel salvataggio della compagnia dei Ligresti, e alla presunta “amicizia” tra Perissinotto e l’amministratore delegato di Palladio Roberto Meneguzzo. La finanziaria è anche azionista del Leone al 2,2% tramite il veicolo Effeti, a sua volta partecipato pariteticamente da Ferak (che oltre a Palladio riunisce Veneto Banca, Finint, e la famiglia Amenduni) e dalla Fondazione Crt.
Precisazioni che non sono andate giù al numero uno di Unipol, Carlo Cimbri, che ieri ha chiesto all’a.d. di «chiarire» le affermazioni su Unipol «rettificandone le parti che ledono arbitrariamente e ingiustificatamente l’immagine e gli interessi di Unipol». E a e Del Vecchio: «Posso testimoniare che la decisione di cambiare ceo è maturata in ciascuno con piena convinzione ed indipendenza», ha detto ieri alle agenzie di stampa.
A sostegno del top manager si è invece schierato il Gruppo Agenti Generali, che rappresenta circa 1.350 gli agenti della rete del Leone di Trieste , e gli agenti della controllata Ina Assitalia, che hanno espresso stupore per «una richiesta che non può certamente trovare una razionale giustificazione nell’andamento del titolo». Anche i sindacati e Apage, la più grande associazione dei piccoli azionisti, hanno condiviso ieri le medesime preoccupazioni. Una forte difesa del manager ravennate era arrivata dall’ex ambasciatore Usa a Roma e attuale responsabile della finanza dell’entourage di Mitt Romney, Mel Sembler, che ha difeso l’operato di Perissinotto scrivendo una lettera al presidente Galateri di Genola, affermando: «Estrometterlo in questo momento, quando c’è grande preoccupazione per la stabilità delle istituzioni finanziarie italiane manda un messaggio negativo agli investitori, generando dubbi sulla corporate governance e la capacità dell’Italia di affrontare le grandi sfide che la circondano». Circa le stesse parole con cui Della Valle, annunciando le proprie dimissioni, ha consumato la rottura definitiva con i vertici di Mediobanca.