La “guerra civile” nella testa dei greci: lo dice Google

La “guerra civile” nella testa dei greci: lo dice Google

La guerra civile fa paura alla Grecia. Questo è quello che si evince dalle ricerche effettuate su Google dai cittadini ellenici. Tramite le funzioni del motore di ricerca più usato al mondo si evince infatti che negli ultimi giorni sono sempre più le persone che, dalla Grecia, cercano i termini “Civil war”. Come evidenzia il grafico pubblicato, la curva ha raggiunto il suo picco in questi giorni. Complice l’avvicinarsi della seconda tornata elettorale, prevista per il 17 giugno, i greci si stanno attrezzando come possono, cioè tramite internet. Oltre a “Civil war” le altre parole le cui ricerche hanno registrato un notevole incremento negli ultimi mesi sono “Gun” e “Drachma”.

«È possibile che si arrivi a questo epilogo?». Così si chiedono sempre più greci. Su Twitter, su Facebook e sul web in generale. Un mese fa Yiannis Mouzakis, economista di Thomson Reuters, aveva proprio su Twitter spiegato che non è sbagliato parlare di ciò. «Il timore di una guerra civile è un punto sensibile e dolente, ma è indubbio che se ne stia discutendo molto», aveva twittato. E stando alle scene che si sono viste nelle ultime settimane, è difficile pensare il contrario. Prima è emerso il massiccio acquisto di armi leggere dagli Stati Uniti, circa 40 milioni di dollari nel solo febbraio. Poi, ultimo episodio in ordine di tempo, il portavoce del partito ultranazionalista ellenico Alba dorata, Ilias Kasidiaris, ha assalito due parlamentari in diretta tv.

A parlare per la prima volta della possibilità di un’escalation di violenze in Grecia è stata la banca svizzera UBS. Nel dicembre scorso gli economisti economisti Paul Donovan, Stephane Deo e Larry Hatheway hanno calcolato la percentuale che si possa arrivare al peggiore degli eventi possibili in caso di uscita di un Paese debole come la Grecia dalla zona euro. «Le consequenze di un euro break-up sono imprevedibili, ma guardando alla memoria storica, lo scenario potrebbe essere quello più negativo, cioè l’instaurazione di un governo militare o di una guerra civile», spiegavano gli analisti di UBS. E questa probabilità ha una cifra precisa: 65 per cento. E dato che le stime sono state effettuate nello scorso dicembre, ancora prima del default ordinato che ha visto protagonista la Grecia nello scorso marzo, è possibile che si renda necessaria una revisione, probabilmente al rialzo. Del resto, la costante ascesa del populismo nel Paese che ha dato i natali alla democrazia è un fatto noto. A tal punto che quasi tutte le istituzioni finanziarie hanno iniziato a preparare, diverse settimane fa, piani di contingenza nel caso Atene decidesse di uscire dall’eurozona, sebbene questo non sia ancora uno scenario possibile considerati i trattati Ue.

La secessione dall’euro è uno dei temi ricorrenti in Grecia. Le sparate mediatiche di Alexis Tsipras, leader di Syriza, cioè la coalizione della sinistra più radicale, lasciano il tempo che trovano, dicono gli osservatori. Ma Tsipras, vincitore morale della prima tornata elettorale del 22 maggio, continua a spingere verso una rinegoziazione degli aiuti internazionali. Ancora ieri ha ricordato che l’attuale modello di crescita non garantisce un futuro, rimarcando che in caso di insediamento al governo non vuole «sottostare» alle richieste della troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea, Commissione europea). E dato che il suo partito, almeno nei sondaggi finora emersi, è quello favorito, continua a crescere il pensiero che si possa arrivare a una situazione paradossale. La settimana scorsa, in una lettera al quotidiano Ta Nea, una lettrice ha messo nero su bianco le sue preoccupazioni: «Se il dilemma deve essere se restare nell’euro o vivere con le mani legate dall’austerity della troika, io non so davvero cosa decidere. Vogliamo vivere e vogliamo farlo in modo sovrano. Se ci sarà bisogno, tutti i greci devono essere pronti alla resistenza». Parole di fuoco, che fanno il paio con le continue dichiarazioni dei leader di Alba dorata. Ma che non sono le uniche. Lettere simili sono apparse anche su Ekathimerini o nei commenti al sito di Skai. 

La paura è tanta. Un sondaggio condotto da Mega TV il giorno dopo le elezioni del 22 maggio scorso ha evidenziato che i cittadini ellenici credono possa sfociare tutto in uno scenario ben peggiore a quello che si era vissuto in Argentina fra 2001 e 2002. Il 55% degli intervistati pensava che, in un orizzonte temporale di 2 anni, si potesse sfociare in «intensi disordini sociali» nel caso fosse mantenuto lo status quo, ovvero il programma di consolidamento fiscale concordato dal governo di Lucas Papademos con la troika. E le ricerche su Google, lasciano intendere che tanti, troppi, greci sentono che il peggio è alle porte.  

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