C’era un bel campo enorme, sul quale non c’era niente. Un contadino ai bordi del campo fumava la pipa e stava lì. Dei bambini, giocando a calcio, facevano finire la palla nel campo e poi andavano a raccoglierla. Quel campo per loro era il luogo dove andavano a raccogliere la palla. Lo calpestavano un po’, e il contadino diceva loro: state fuori che questo campo è ricco di messi. Che messi, rispondevano i bambini, non c’è niente!
Il viandante che doveva raggiungere la cima del monte passava in mezo a quel campo e il contadino diceva: non passare lì che è pieno di messi! Quali messi, rispondeva il viandante, non c’è niente!
E c’era il prete del villaggio che diceva: guarda quel campo dove non c’è niente; costruiamoci le opere parrocchiali che almeno serve a qualcosa. E il contadino: lascialo stare, c’è la messe!
Ora il contadino aveva seminato e lui vedeva quel campo pieno di messe e aveva ragione lui anche se ancora non c’era niente. Per gli altri quel campo è il luogo dove uno raccatta le sue palle, per l’altro è il luogo dove ci deve passare sopra per raggiungere la meta, l’altro dove ci deve costruire le sue cose strane. Per il contadino si trattava di non fare niente su quel campo: la vita era lì, in quel far niente, costruirvi qualcosa, era distruggerlo.
Quante volte ci viene detto di cogliere il momento opportuno, adesso è il momento di agire e di intervenire, se aspetti un po’ è troppo tardi? Ci sono certi momenti nella vita in cui uno ha fatto quel che deve fare. Se hai fatto quel che devi fare, aspetti. Se non hai seminato, semina. Ma se hai seminato, è inutile che tu vada a vedere se il seme ha attecchito scoperchiando la terra per vedere se ha messo radici e quanto sono lunghe: rovineresti il seme. Dunque, è giusto che noi facciamo le cose che dobbiamo fare noi, ma poi si fanno tante cose invano e ci lasciamo sopraffare dagli affanni che occupano tutte le nostre energie e ci impediscono invece di vivere con pienezza.
Marco 4, 26-29
E diceva: così è il Regno di Dio, come un uomo che abbia gettato il seme sulla terra; e dorma o vegli, di giorno e di notte, il seme germoglia e cresce lo stesso, come, egli non sa. Automaticamente la terra porta frutto, prima uno stelo, poi la spiga, poi grano pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto subito manda la falce, perché la messe è lì.
Che cosa fa contadino quando ha seminato? Niente. Una volta che hai seminato giusto, non devi tirare l’erba per farla crescere: l’erba cresce a suo tempo. Quindi non è vero che è il momento di agire, ma è il momento di pazientare.
Gran parte della nostra ansia, della nostra attività, è proprio un distruggere con due mani ciò che abbiamo fatto con una. Con una mano abbiamo piantato il seme e con due scaviamo per vedere se è a posto. Così lo roviniamo.
Sotto le parole di Gesù c’è una grande sapienza: il bene esige il suo tempo. È lento come tutti i fatti vitali: impiega nove mesi un bambino a venire alla luce e se viene prima non è bene, e se anche viene molto dopo non è bene. Far spuntare a uno la testa ci vogliono nove mesi, tagliargliela è un istante.
Il male, invece, può venire in un istante. Il male non ha tempo: se faccio qualcosa di male mi riesce subito e bene. Non è che accelerando il tempo acceleri il bene, anzi lo distruggi. Quindi, non scoraggiarti se non vedi i risultati. Se vuoi subito risultati, fai il male, e li avrai subito. Quindi, non meravigliamoci se il male è immediato nei risultati e il bene è lento.
Il seme cresce di notte, anche se dormi, germoglia, e tu non sai come: “automaticamente” , dice il testo greco. Cioè, lo fa proprio da sè, non sei tu che fai crescere il seme. Viene da sè. Addirittura, il testo dice che la terra «porta (il) frutto», non lo produce: lo porta su di sè. Cresce prima lo stelo, poi la spiga, poi il grano pieno nella spiga. Poi ecco, che la messe è lì ed è l’ora di raccogliere. Questa è la sorpresa: tutto viene da sè. Questo ti dà una forza tale per cui tu fai ciò che va fatto, fai il bene e lo fai comunque e lo fai tranquillo prescindendo dai risultati. Il bene va fatto con fiducia e con serenità. C’è un aforisma tipico di Ignazio di Loyola perché è tipico di lui mettere insieme due cose opposte. Dice Ignazio: «Fai tutto come se tutto dipendesse da te, come se Dio non ci fosse, metti tutto l’impegno che puoi, sapendo che poi tutto viene da Dio, per cui stai tranquillo».
*biblista e scrittore
Il testo è una sintesi della lectio divina tenuta dall’autore nella Chiesa di San Fedele in Milano. L’audio originale può essere ascoltato qui.
Nella foto, Alessandra Bruno, «Il campo», acquarello su carta – per gentile concessione della Galleria Blanchaert (Milano)