Lo Zuckerberg della scienza: “Rivoluziono la ricerca con un social network”

Lo Zuckerberg della scienza: "Rivoluziono la ricerca con un social network"

La sua storia è dedicata a tutti quelli che, un tempo, avevano etichettato i social network come “l’ennesimo giocattolo di internet”. Ijad Madisch è uno studente diventanto ricercatore e infine imprenditore, capace di lasciare i laboratori di Harvard per trasferirsi a Berlino ed inventare uno strumento utile e di successo: ResearchGate, un sito che permette agli scienziati, provenienti da ogni parte del mondo, di lavorare insieme unendo le proprie conoscenze.

Madisch si è laureato in virologia nel 2005 e nel 2008 ha ottenuto un premio dalla Scuola Medica di Hannover, in Germania, la sua nazione d’origine. Sempre nello stesso anno, insieme a due compagni di viaggio, ha dato vita a ResearchGate. Il social network, oggi, vanta un milione e settecentomila iscritti, migliaia di documenti condivisi e decine di progetti realizzati. Madisch, che ha ottenuto decine di milioni di euro da vari finanziatori, non nasconde la sua soddisfazione e la sua ambizione: «Punto al premio Nobel», spiega.

Ijad, come è nata ResearchGate?
Dalla mia esperienza personale di ricercatore. Nel 2007, mentre lavoravo al Massachusetts General Hospital, mi imbattei in un problema che non riuscivo a risolvere da solo, e né il mio consulente né i miei colleghi sapevano come aiutarmi. Ero frustrato e pensavo: se esistesse un network online dove gli scienziati si possano connettere tra di loro, scambiarsi le proprie conoscenze e aiutarsi a vicenda, sarebbe fantastico.

Allora cosa facesti?
Presi il telefono e presentai la mia idea a Sören Hofmayer, virologo all’università di Hannover, e a Horst Frickenscher, esperto di IT della Passau University. L’idea li entusiasmò, al punto che entrambi sono diventati co-fondatori di ResearchGate. Nel maggio successivo, era il 2008, abbiamo lanciato il social network. Quattro anni più tardi, RG può vantare un milione e settecentomila iscritti.

Prova a spiegarlo a un bambino: perché è così importante che i ricercatori si connettano tra di loro?
Perché così facendo uniscono la propria conoscenza. In passato, quando ti trovavi davanti un problema che nessuno dei tuoi colleghi, amici e nemmeno Google poteva aiutarti a risolvere, la tua ricerca era destinata a fallire. Con il nostro network, invece, si possono postare le domande in un forum specifico e, nel novanta per cento dei casi, ottenere una risposta entro 48 ore. Inoltre, RG permette agli scienziati con pochi clic di conoscersi e collaborare, anche se vivono in due zone diverse del mondo. 

Ci racconti un episodio che testimonia questo aspetto di ResearchGate?
Uno dei più rilevanti è accaduto proprio in Italia! Protagonista è il dottor Orazio Romeo dell’Università di Messina, che studia gli agenti patogeni che possono causare infezioni mortali, in particolare tra gli esseri umani con un sistema immunitario compromesso, come i sieropositivi. Romeo analizza questo tipo di virus e ne traccia la diffusione. Nel 2010, per tracciare dei lieviti rilevati in Africa ma ancora sconosciuti alla comunità scientifica internazionale, il microbiologo aveva bisogno di prelevare parti del loro DNA. Purtroppo, a causa della crisi economica, Romeo non ha più potuto permettersi di viaggiare e di raccogliere in prima persona i campioni. Attraverso ResearchGate, però, ha conosciuto Emmanuel Nnadi, un ricercatore nigeriano. Nell’agosto del 2010, Nnadi ha spedito a Romeo i campioni di cui aveva bisogno e i due, insieme, sono diventati i primi a documentare la diffusione di questi nuovi agenti patogeni in Nigeria. La loro è stata pubblicata sulle riviste specializzate, mentre ora Romeo sta continuando a usare ResearchGate per altri due progetti.

In Italia si investe poco sulla ricerca e la crisi economica ha peggiorato ulteriormente le cose. In che modo ResearchGate può essere utile dal punto di vista economico?
Sul nostro social network, gli scienziati possono presentarsi e mostrare alla comunità scientifica le proprie scoperte. Stiamo lanciando anche un nuovo sistema che aiuterà i ricercatori a costruire e diffondere la loro reputazione. Ci auguriamo che questo sistema li aiuti a farsi conoscere e quindi a richiedere – e ricevere – fondi. Inoltre, ResearchGate è grautito, una cosa particolarmente rilevanti per chi lavora in Paesi economicamente instabili. Ci sono dieci milioni di documenti completi e 45 milioni di trattati disponibili gratuitamente su ResearchGate: inoltre, gli iscritti possono consultare liberamente gli archivi dei più importante database scientifici, come PubMed, ArXiv, Citeseer, DOAJ, IEEE Xplore, NTRS, OAI e RePEc. 

Il governo britannico ha chiesto a Jimmy Wales, il fondatore di Wikipedia, di mettere a punto un nuovo sistema per la condivisione libera e gratuita della ricerca accademica inglese. Cosa ne pensi?
Penso sia un’iniziativa grandiosa. Purtroppo, però, risolverà il problema solo a livello nazionale. Cosa accade con la ricerca che viene portata avanti tra istituzioni di Paesi diversi? É una cosa che succede molto spesso… la scienza è globale, c’è bisogno di una soluzione che la renda accessibile gratuitamente in tutto il pianeta.

L’iniziativa inglese sta fronteggiando l’opposizione delle case editrici, che vedono insidiare il loro monopolio nell’ambito delle pubblicazioni scientifiche. Non temi che a ResearchGate accada la stessa cosa?
No, non lo temo. Secondo me ResearchGate è allo stesso tempo un’alternativa e un’opportunità in più rispetto ai giornali tradizionali; possono coesistere fianco a fianco. D’altra parte, però, sono convinto che il modo in cui i ricercatori pubblicano le proprie scoperte cambierà radicalmente in futuro.

Una volta hai detto che il tuo obiettivo è quello di vincere il Premio Nobel. Lo pensi ancora?
Assolutamente. Quando Matt Cohler, co-fondatore di LinkedIn, poi diventato nostro investitore e membro del consiglio di amministrazione, mi chiese quale fosse la mia visione riguardo il futuro di ResearchGate, risposi: “Voglio vincere il Nobel”. Questo lo convinse a investire nella nostra compagnia. Ed è sempre quest’obiettivo che continua a motivarmi, giorno dopo giorno.

X