Occhetto: “Bersani lasci stare le fotografie, pensi alle idee”

Occhetto: “Bersani lasci stare le fotografie, pensi alle idee”

Dopo gli esiti delle amministrative e “la vittoria senza se e senza ma” nel Pd si è diffuso un timore: la “gioiosa macchina da guerra” non si infrangerà come nel ’94? Vent’anni fa, forte dei primi sindaci eletti, Achille Occhetto sembrava pronto a vincere le elezioni, invece il vuoto fu colmato dalla nascente Forza Italia. Sinistre coincidenze. Eppure oggi il protagonista di allora nega l’errore e taglia corto: «non c’è nessuna analogia: allora eravamo in un cambiamento epocale, con novità dinamiche, invece adesso siamo al grande vuoto di prospettiva».

Occhetto, molti hanno sottolineato le analogie tra questo momento e la fine della Prima Repubblica. Ripensando a quel periodo, di cui lei è stato protagonista, pensa sia davvero così?
Ritengo che non ci sia alcuna analogia. Nel ’93-94 eravamo in un cambiamento epocale, c’erano stati l’89 e la Caduta del Muro, Mani Pulite, la trasformazione dei partiti, il crollo della Democrazia Cristiana e del partito Socialista, il cambiamento del partito Comunista con la sua scissione e l’emergere di un fenomeno del tutto nuovo, come quello di Berlusconi. Erano tutte novità dinamiche, adesso siamo invece alla crisi totale dei partiti, alla vittoria in tutte le forze che sono contro la cattiva politica. Oggi vi è un grande vuoto di prospettiva.

Nessuna analogia quindi. Nemmeno tra il Pds e il Pd?
La differenza anche qui è abissale. Il Pds era uscito da un mutamento coraggioso, era di fronte a un esperimento nuovo, ma era formato prevalentemente da ex comunisti. Il Pd è invece la somma di forze politicamente diverse.

Ma dopo le amministrative a sinistra eravate troppo sicuri di vincere anche le politiche?
No, non eravamo ancora lo schieramento di una situazione bipolare, non eravamo ancora quello che io invocavo e che poi si fece con l’Ulivo. Già allora ero convinto che la strada giusta fosse quella dell’ulivismo.

Oggi Bersani rifiuta di dire che sarà lui il candidato premier del Pd, dice decideremo tutti insieme. Fu un errore per lei non candidarsi come premier?
Allora non aveva senso che mi candidassi come premier perché questo avrebbe voluto dire quello che poi invece ci rimproverano, ossia che eravamo convinti di essere una macchina da guerra vittoriosa. Candidarmi premier avrebbe voluto dire pensare che un’alleanza, quella dei progressisti, che era ristretta, avesse potuto prendere la maggioranza del paese. Non mi è mai venuto per la testa che questo potesse accadere. L’unico modo che avevamo per fermare Berlusconi era dopo le elezioni con l’alleanza con i partiti moderati anti-berlusconiani, ma non ci furono i numeri.

All’epoca davanti all’arrivo di Berlusconi quali furono le vostre considerazioni?
Quello che poteva succedere con Berlusconi era difficile pensarlo, noi dicemmo agli italiani che in realtà lui non era il nuovo, che era figlio della legge politica, che il suo impero economico l’aveva dato anche a sostegno dei partiti della Prima Repubblica, che prometteva un milione di posti di lavoro e che non bisognava crederci. Naturalmente era una battaglia persa, ma capivamo il rischio della possibilità di una sconfitta. All’epoca puntavamo tutto sul fatto che la Democrazia Cristiana. Non aveva voluto allearsi con noi, ma pensavamo tenesse. Invece il Pds guadagnò ben 4 punti in percentuale, ma la Dc scomparve. A quel punto non potemmo fare quel governo di coalizione che avremmo voluto fare con Ciampi presidente del Consiglio.

Nel ’94 il nuovo fu Berlusconi. C’è il rischio che oggi nasca qualcosa di interamente nuovo come fu Forza Italia?
Allora Berlusconi sorgeva, oggi invece l’arco di quella storia è finito. Non c’è dubbio però che ci sia un elettorato di centrodestra, il fatto è che, rispetto ad allora, questo elettorato è diviso. Il Pdl è in una crisi verticale, una spaccatura interna, tra gli ex seguaci di Fini e poi con la Lega. Allo stato attuale non vi è alcuna prospettiva di unificazione e, non a caso, si parla di una possibilità di riunificazione ancora attorno a Berlusconi, ma in tal caso la situazione sarebbe diversa da allora.
Nel ’94 Berlusconi ingannando gli italiani si presentava come un industriale che non aveva fatto mai politica, quasi come un grillino di centro destra, oggi tutti lo conoscono e ha perso molta forza.

Chi potrebbe intercettare quell’elettorato di centrodestra?
Per ora non vedo il personaggio, naturalmente c’è ancora un anno davanti a noi e molto dipende dalla legge elettorale che verrà fatta. Per ora non abbiamo ancora gli elementi per capire cosa potrà succedere.

E Grillo e il MoVimento 5 Stelle?
Il movimento che sta intorno a Grillo è composito. Grillo è un grande affabulatore, che in una fase di profonda non credibilità dei partiti ha saputo dire con un linguaggio del tutto inusitato alcune verità fondamentali e quindi ha catalizzato un movimento di protesta anche con componenti populiste. Nello stesso tempo il movimento è fatto di tanti bravi giovani che stanno sul territorio, che lavorano seriamente. Giovani amministratori che dovranno essere messi alla prova. Penso che si determineranno situazioni molto differenti da luogo a luogo.

Un consiglio per Bersani?
Gli darei lo stesso consiglio che do anche a Vendola che sto guardando con interesse e che sto anche sostenendo. Di abbandonare questo gioco delle formule e delle foto, che finisce per essere speculare: la foto di Vasto e la foto con Casini. Consiglio invece di cominciare a mettere insieme tre o quattro idee forti attorno a cui chiamare a raccolta tutto il popolo di centro sinistra. Dai moderati alla sinistra radicale. 

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