Pizzarotti debutta in consiglio, a Parma inizia la Terza Repubblica?

Pizzarotti debutta in consiglio, a Parma inizia la Terza Repubblica?

PARMA – La città attende la prima. Non è al Teatro Regio, ma duecento metri più avanti, in Comune. «È il debutto della Terza repubblica, è il de profundis della casta e della par-ti-to-cra-zia», sottolineano con un rotacismo doc i “ragazzi”. Passati dal vaffa day all’amministrazione, dai meetup al gruppo consiliare, dai blog agli scranni. Un sogno? «Più semplice: la sovrapposizione tra il virtuale e la realtà». Alle 15.30 il Movimento Cinque Stelle entra nel vituperato Palazzo per il primo Consiglio comunale. È il battesimo del sindaco Federico Pizzarotti, tecnico informatico di 39 anni, allergico alle grisaglie e amante delle scarpe da tennis. Un perfetto sconosciuto, ormai simbolo nazional-popolare del cambiamento dal basso.

A sostenere il primo cittadino una maggioranza di venti consiglieri (età media intorno ai 35 anni) fresca di lezioni pomeridiane tenute gratis da una docente universitaria nella loro personalissima Frattocchie. «Così avremo un’infarinatura su come funziona il giocattolo». Di questa opera buffa manca il regista: Beppe Grillo. Che magari si seguirà tutto in diretta streaming dal divano di casa (anche per riprendersi dall’ultima massacrante intervista concessa).

Il comico guru diventato leader non sarà l’unico a marcare visita. All’appello mancano ancora tre assessori. In 24 giorni di gestazione la giunta non è stata completata. La settimana scorsa sono stati nominati Gino Capelli (bilancio e partecipate), Cristiano Casa (attività produttive, commercio e turismo) e Gabriele Folli (mobilità ed ambiente). Ieri – con un videomessaggio su Youtube – ecco il vicesindaco Nicoletta Lia Paci, eletta nella lista grillina, e l’assessore allo sport Giovanni Marani, general manager dell’associazione parmigiana pallavolisti. E siamo a cinque, quasi tutti scelti a chiamata diretta e non attraverso i curriculum inviati. Il sindaco: «I rimanenti assessori nei prossimi giorni». Magari un altro già oggi pomeriggio.

L’altra faccia della medaglia di questo primo Consiglio si chiama minoranza. O meglio vecchia politica. Il Pd, sconfitto al ballottaggio, avrà cinque rappresentanti (ma non lo sfidante di Pizzarotti, Vincenzo Bernazzoli, rimasto a fare il presidente della Provincia). Poi una spruzzata di civici e centristi e una mosca bianca del Pdl, sprofondato alle ultime elezioni al 4.8%.

Ma come si è arrivati fino a questo punto? Un anno fa sotto i portici del Comune gli indignados sfidavano le cariche delle polizia pur di lanciare le monetine contro la precedente giunta travolta dagli scandali e dagli arresti. Di quella stagione di lotta, brodo di coltura di questa rivoluzione, sono rimasti solo i debiti del Comune. Tanti. Tantissimi. Più di 800 milioni di euro. Più di un miliardo se si contano anche i passivi delle società partecipate. Ecco, questa è la prima grana rimasta ancora in sospeso. Pizzarotti, come un Monti qualsiasi, dovrà fare i conti con la voragine, garantendo i servizi senza aumentare le tasse in una città abituata a rinunciare a poco e niente. Come farà? Poche chiacchiere: dovrà andare, non in ginocchio, ma in piedi dalle banche, così odiate da Grillo.

Altro nodo gordiano: il termovalorizzatore, cavallo di battaglia molto local di questa rivoluzione a Cinque Stelle. Dire no all’impianto, già bello e pronto, significa incappare in una possibile “ritorsione” da parte della multiutility Iren che lo ha costruito. Altri milioni di euro da sganciare come penali. C’è chi parla di 180. Tanto che il sindaco avrebbe una soluzione che sa di marcia indietro: un referendum senza quorum per investire la popolazione del problema. I probabili quesiti: se non volete il termovalorizzatore ci tocca pagare, se ce lo prendiamo non paghiamo. Cosà farà il primo sindaco grillino di un capoluogo italiano? Inseguirà il no fino al baratro o cercherà un democristianissimo compresso? Forse qualche indicazione la fornirà proprio oggi pomeriggio in Consiglio quando leggerà le linee guida dell’amministrazione.

Di sicuro come in una prima del teatro Regio non mancheranno i famigerati loggionisti, pronti a fischiare senza pietà alla prima stecca. I più agguerriti sono gli industriali, veri sconfitti di questa partita dopo anni di feeling con i vecchi partiti. Lo scetticismo tra i padroni del vapore è palpabile. E il sindaco, giusto per far capire loro di che pasta è fatto, l’ha subito schiaffeggiati. Ha nominato per la delega alle attività produttive un uomo espressione di una piccola associazione di categoria, e non dell’Upi.

Alla finestra anche la Curia, attesa da un banco di prova niente male: diventare un laboratorio di relazioni tra la Chiesa e un pezzo importante della futura classe politica italiana. Poi, certo ci sono i giornalisti. Arrivati già l’altra notte con telecamere e taccuini roventi. Altri nemici da dribblare nell’immaginario grillino in quanto emanazione dei poteri forti. E il depistaggio in questi giorni ha funzionato benissimo. Il toto-assessore ha costretto i media locali a cronache da guerra fredda («pochissimi particolari emergono dalle riunioni top secret…»). Insomma, l’attesa in città è proporzionale alla voglia di stroncatura in certi ambienti. Sono le mille contraddizioni della Stalingrado grillina. Un mix di antipolitica con lo sguardo a sinistra, mischiato a un elettorato di centrodestra deluso e piccolo borghese.

Ma da fuori al Palazzo c’è anche chi fa il tifo. Come l’economista Loretta Napaleoni, punta di diamante della pattuglia di super tecnici gratuiti al servizio del sindaco: «Cambieremo Parma – ripete da Londra – per cambiare l’Italia». Ce la faranno? Per le scommesse ci sono le tabaccherie del centro. Ma non ditelo a Buffon…

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