Lavorare in un giornale on line è un’esperienza che non consiglio ai giornalisti da sempre abituati alla carta, cioè a quello scalino da cui si sentono di pontificare senza che nessuno possa interloquire con loro né tantomeno ricordare che le loro prediche non le legge nessuno, o quasi.
Ma se qualcuno è appena appena curioso e desidera cimentarsi con qualcosa di nuovo, il giornalismo on line può rivelarsi un’esperienza fantastica. Certo deve dimenticare la cattedra: non è più lui ad assegnare i voti, anzi. Ma il ritorno è certificato, quel brivido di ricevere immediatamente un feedback per quel che hai scritto (in genere commenti negativi, ma fa niente) è impagabile. Non ti chiama più il trombone di turno che ti ha letto sulla rassegna stampa (manco loro se li comprano i giornali) ma ti scrive il lettore e magari ti chiama qualcuno che non sentivi da una vita e non sapeva che nel frattempo avevi cambiato giornale.
Anche il giornalismo on line, ovviamente, ha le sue classifiche. Sulla carta il consenso si misura generalmente in copie (i dati che potete trovare qua e là sono fittizi, come ha ricordato qualche giorno fa Vittorio Feltri in un’intervista al quotidiano ItaliaOggi), ma c’è anche chi ama pesarli i giornali. E non ha torto.
On line si procede per clic. E anche qui, a dire il vero, circolano dati che definire fantasiosi è poco. A volte perché sono vecchi – e sulla Rete sei mesi sono un po’ come tre anni sulla carta – altre volte il perché è meglio non approfondirlo. I ogni caso se qualcuno non intendesse bersi le prime frottole che gli propinano, basterebbe soffermarsi qualche minuti sui siti per capire un po’ di cose.
Orientarsi tutto sommato è semplice. Ormai quasi tutti i siti hanno i commenti. Basta dare uno sguardo al numero dei commenti per farsi un’idea di quanto quel sito venga seguito, di quanto funzioni come community. Da soli, però, il conteggio dei commenti non basta. Poi c’è il capitolo social network, di cui questo mese parla anche Prima comunicazione. Oggi gran parte del traffico sui siti arriva da lì, oltre che dai motori di ricerca (Google su tutti). E proprio sull’impatto dei siti sui social network Giacomo Fusina – direttore e fondatore di Human Highway, società di ricerca sui media digitali – ha fatto un lavoro di approfondimento che qui in parte riportiamo.
Perdonateci, ma dobbiamo tirarcela un po’. Se date uno sguardo alla classifica, troverete Linkiesta ai primi posti come seguito sui social network. Diciamo nei primi dieci; e diciamo sul podio tra quei giornali neonati e operanti solo online (siamo troppo modesti per dire altro, già ci imbaraziamo a scrivere queste righe). L’osservatore di cui sopra potrebbe facilmente rendersene conto andando a vedere ogni pezzo quante condivisioni ha avuto su Facebook e Twitter.
Nell’articolo di Prima comunicazione, Fusina spiega anche come i grandi giornali spesso siano ancora indietro su questo terreno. Probabilmente perché abituati a stare dietro qualle cattedra che su Internet non può esistere.
La piccola spiega finisce qui. Perdonateci, ma ogni tanto dobbiamo pur difenderci dalle panzane che circolano a proposito dei dati circolanti su Internet. Vi promettiamo che non lo faremo spesso.