Il venerdì migliore del 2012. Dopo tanti venerdì neri, oggi le piazze del vecchio continente hanno messo a segno un rally storico, il più pronunciato dall’inizio dell’anno. Certo, una rondine non fa primavera, dice il proverbio. Eppure, finalmente l’Europa ha deciso. Al netto dei numerosi dettagli non ancora chiariti, è sempre qualcosa. Il Ftse Mib, listino delle società italiane a maggiore capitalizzazione, migliore del Vecchio continente, ha chiuso a +6,59% a 14.274 punti, +4,5% in conclusione d’ottava.
C’è da dire che l’accelerazione è stata impressa anche da movimenti di ricopertura delle posizioni allo scoperto, tanto che alcuni trader ritengono che il vero impatto dell’eurovertice sarà misurabile con più precisione la prossima settimana. Bene anche Madrid, +5,7% – migliore performance dal maggio 2010 – Parigi, +4,19%, Berlino, +4,03% e Londra, tradizionalmente euroscettica, che segna +2,16 per cento. A trainare la risalita, com’era prevedibile, i titoli bancari, con l’indice Eurostoxx 600 a +1,9% dopo un picco del +2,7% nel corso della seduta. A festeggiare sono soprattutto gli istituti italiani, con rialzi a doppia cifra: Unicredit +14,26%, Intesa Sanpaolo +11,58%, Banco Popolare +11,31%, Bper +10,45 per cento.
Il motivo è facilmente intuibile: l’accordo con la Bce in cambio dei finanziamenti agevolati all’1% via Ltro era di acquistare titoli di Stato per sostenere le aste del Tesoro e alleggerire la pressione sul debito. Andando però a ingrossare ulteriormente i propri libri di asset che da un paio d’anni non sono più a rischio zero. Che le banche italiane siano in saldo è arcinoto, e lo dimostra il recente investimento dei russi di Pamplona Capital Management, secondi azionisti di Unicredit dietro al fondo sovrano di Abu Dhabi con un investimento da 700 milioni di euro.
Il premier Mario Monti, al di là delle previsioni più rosee, è riuscito a negoziare con Angela Merkel l’intervento diretto del fondo salva-Stati Efsf/Esm, coordinato con la Bce, nell’acquisto di debito di un Paese “in corso di risanamento” ma sotto pesanti attacchi di vendite. Intervento che, per quanto concesso soltanto a determinate condizioni – leggi politica fiscale comunitaria – e seguendo una procedura “formale” ben precisa, si configura come un meccanismo operativo “immediato” per ridurre l’allargamento del differenziale di rendimento dei titoli sulla parte breve della curva rispetto al bund tedesco, tradizionale punto di riferimento per chi investe in reddito fisso.
L’altra notizia in grado di iniettare una buona dose di fiducia nelle sale operative continentali è l’introduzione, già dal 2013, della vigilanza sul sistema bancario, che sarà affidata a Eurotower. Infine, il Patto per la crescita (Growth pact), che avrà una dotazione fino a circa 120 miliardi di euro: 55 dai fondi europei, 60 dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e 5 miliardi dai Project bond. Il tutto previa “unione fiscale”, come aveva ribadito ieri al Wall Street Journal il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble.
Sul fronte del reddito fisso, i rendimenti dei Btp si sono contratti di 38 punti base al 5,81%, lo spread con il Bund è sceso di 45 punti base a 424, mentre i rendimenti sulla scadenza al 2014 sono diminuiti a quota 3,4 per cento. I Cds sull’Italia, derivati che fungono da assicurazione contro il fallimento di un’emittente, alle 15.30 sono scesi a 485 punti base, mentre quelli sulla Spagna dell’11% a 523 punti base. I rendimenti sul decennale di Madrid, nonostante la ricapitalizzazione diretta degli istituti iberici in difficoltà consentirà di alleggerire di ben 100 miliardi di euro il debito nazionale, sono rimasti sopra la soglia del 6%, esattamente al 6,32 per cento, mentre è dallo spread con il bund, 475 punti base, che ha lasciato sul terreno 68 punti base intraday, che fa tirare un sospiro di sollievo all’esecutivo guidato da Mariano Rajoy.
Al termine del meeting notturno, il presidente francese Francois Hollande ha detto: «La Spagna e l’Italia ci hanno messi di fronte alla realtà, e alla fine l’Europa ne è uscita più solida». I mercati, per un giorno, gli hanno creduto. Peccato che, proprio Hollande, abbia sia poi tornato sulla Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, pronta «entro fine anno». Argomento accuratamente evitato nel corso del Consiglio europeo di ieri, ma un tema che sicuramente peserà sull’apertura di lunedì prossimo.