In soli dieci anni, dal 1998 al 2008, i decessi per tumore sono incrementati del 47%. Il tasso di mortalità femminile per tumore al polmone è il più alto in Italia, con un aumento del 100% in soli 20 anni (’88-’08) a fronte di una diminuzione di circa il 50% sull’intero territorio nazionale. Questi numeri, raccolti dall’Istituto Pascale di Napoli, fanno davvero rabbrividire. Si tratta di numeri che riguardano una delle periferie più degradate d’Europa, quella che lega Napoli a Caserta, la cosiddetta “terra dei fuochi”, un territorio dove ogni anno, circa tre milioni di persone, respirano la diossina sprigionata da migliaia di roghi tossici.
Tra gli esperti che da anni denunciano pubblicamente questa situazione, c’è anche Antonio Marfella, medico dell’ambiente, tossicologo oncologo. «A differenza di Chernobyl, Gomorra ha avuto un inizio ma non una fine. Siamo in guerra, in un disastro ambientale che è in continuo e costante peggioramento».
Come è iniziato questo disastro?
Deve sapere questa zona per tradizioni agricole ha sempre bruciato le sterpaglie. I roghi cominciano a cambiare il loro aspetto negli ultimi 20 anni, quando alle sterpaglie viene aggiunta la plastica. Il mancato controllo dello Stato ha fatto il resto, rendendo la Campania la discarica perfetta.
Perché?
Semplicemente perché rispetto alle altre regioni ha scelto di controllare quanto meno possibile. È noto a tutti che Napoli sia tra le principali esportatrici italiane nel mondo, di scarpe e di borse. Qui, non in grosse aziende, ma in scantinati bui e maleodoranti, nascono la maggior parte dei prodotti di Prada e altre aziende. E l’evasione non riguarda solo lo scontrino o la situazione contrattuale degli artigiani. Si parla anche di questa enorme quantità di scarti di pelle, stoffa, solventi, coloranti e collanti non può essere smaltita correttamente se la produzione non è dichiarata. Tutto ciò costituisce il combustibile della terra dei fuochi. Ed ecco spiegato perché la Campania è il terminale preferenziale dell’intera produzione nazionale di rifiuti industriali e tossici da smaltire illegalmente, l’Eldorado del “non controllo”.
Di che numeri parliamo?
Circa un milione di tonnellate l’anno di rifiuti industriali campani, prodotti in regime di evasione, vengono smaltiti illegalmente, mentre invece possiamo stimare in circa seicentomila tonnellate l’anno i rifiuti industriali italiani che vengono importati in Campania e smaltiti nei modi più illegali possibili. I dati sanitari stanno progressivamente certificando il disastro ambientale più grande d’Italia, pensi che gli epidemiologi ufficiali della U.S. Navy hanno letteralmente fatto evacuare i loro dipendenti da questi territori, obbligandoli a bere solo l’acqua minerale fornita da loro.
La situazione è sul serio così allarmante?
Guardi, per quanto riguarda queste zone siamo ai vertici nazionali di tutti i livelli di incidenza di tutte le patologie cronico-degenerative. Uno dei parametri di inquinamento ambientale è il numero di spermatozoi nel maschio. Secondo i dati, è ufficiale che, pur essendo in Campania i più giovani d’Italia, abbiamo il minor numero pro capite di spermatozoi attivi, senza fumare molto più degli altri e consumando la metà dei pesticidi rispetto alla media nazionale. A ciò si aggiunga che le patologie endocrine femminili sono diffuse oramai a macchia d’olio, addirittura più di Chernobyl, in certi casi. Riguardo ai tumori, registriamo dati incredibili. Anche se c’è un +3% di fumatori rispetto alla media nazionale, il cancro al polmone è +30%. Certamente c’è una concausa che non è il fumo o il comportamento individuale, l’incidenza della patologia oncologica per causa ambientale è compresa in una forbice che va dal 30 al 40%, venti anni fa era di circa il 5% in tutto il mondo.
Venti anni davvero devastanti per questo territorio?
Vede io sono entrato nell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori “G. Pascale” nel 1981, allora era un cronicario di anziani. Oggi, oltre all’incremento dei numeri, ciò che ci preoccupa di più è l’abbassamento dell’età di incidenza della malattia. Consideri che, mentre in Italia una donna su 7 ha il cancro alla mammella prima dei 40 anni, in Campania questo dato si raddoppia. Tutto ciò rende la cosa certamente più pericolosa e ad enorme incremento di costo sanitario. Un costo che la sanità pubblica difficilmente riuscirà a reggere.
Si è riusciti a dimostrare una correlazione tra l’aumento dei tumori e l’inquinamento ambientale?
Chi non cerca non trova, e qui non si cerca apposta. Tanto per fare un esempio, i pompieri sono esposti da 20 anni a circa 5000 roghi tossici l’anno. C’è una legge vigente, l’81/08, che impone, con omissione penale, il monitoraggio a cancerogeni certi, se c’è l’esposizione. Eppure non credo che questi pompieri siano in follow-up.
Sembrerebbe una situazione senza via d’uscita.
Bisogna innanzitutto riconoscere di avere un problema grave. Sostenere il contrario significa dare alibi morali ai camorristi e, di fatto, rendersi complici di una strage. Poi è necessario tracciare, separare e smaltire correttamente i rifiuti industriali campani, bloccando quelli provenienti dalle altre regioni. È incredibile che, nel 2012, noi dobbiamo supporre, come ci dicono, che questi siano tracciabili solo in maniera cartacea. Ma soprattutto è fondamentale capire che il problema non è il rifiuto urbano bensì quello industriale. C’è chi ha interesse a fare in modo che la Campania sia considerata un territorio incapace di smaltire i propri rifiuti urbani, utilizzandoli come copertura per scaricare la colpa alle popolazioni, solo ed esclusivamente per poter continuare a smaltire in maniera lucrosa e con danno sanitario i rifiuti industriali.
Guarda il video sui roghi:
Il professor Antonio Marfella