«Ho giocato buono, mister contento». Con l’italiano, Andriy Shevchenko, non è mai andato forte, nonostante sette anni trascorsi in Italia. Eppure, il secondo attaccante più prolifico nella storia del Milan, mattatore di tanti derby, è sempre riuscito a comunicare quel che voleva, anche quando non parlava. Come quel 28 maggio 2003, quando dal dischetto siglò l’ultimo decisivo rigore nella finale di Champions League giocata a Manchester contro la Juventus: freddo, calcolatore, sicuro di sé. Sheva, che oggi annuncia il suo addio al calcio, da domani metterà queste sue qualità al servizio non di una squadra, ma di un’intera nazione. Ad aspettare l’ex attaccante, infatti, c’è “Avanti Ucraina!”, il partito guidato da Natalia Korolevska, alleata in passato dell’ex Primo Ministro Julija Tymošenko.
«La mia è una scelta che sorprenderà molte persone», ha spiegatoieril’ex calciatore, per cui era legittimo, in effetti, attendersi un futuro da dirigente sportivo alla Dinamo Kiev. I meno sorpresi, possiamo giurarci, saranno i tifosi del Milan, ormai abituati a vedere molti ex campioni tentare l’avventura in politica. Sarà stato l’influsso di un presidente-premier ad averli invogliati al grande salto? Shevchenko è solo l’ultimo di tanti calciatori che hanno scelto di «scendere in campo» nel senso più “berlusconiano” del termine. Weah, Kalhadze, Galli, Rivera e ora l’ucraino: la squadra di aspiranti governanti in rossonero è la più nutrita di tutte.
Ed è proprio Gianni Rivera, Pallone d’Oro nel 1969, a ricoprire il ruolo di capostipite della grande famiglia dei calciatori ex Milan ad aver intrapreso la carriera politica. Il numero 10, onorevole per ben quattro legislature, è attivo in politica sin dal lontano 1987. Il percorso di Rivera è, in realtà, l’antitesi di quello di Silvio Berlusconi al Milan: il calciatore abbandonò il club, di cui era vicepresidente, proprio con l’arrivo in società dell’imprenditore di Arcore. Entrato nella Democrazia Cristiana, con cui divenne segretario alla Presidenza della Camera, Rivera entrò prima in Rinnovamento Italiano, e poi nella formazione dei Democratici guidati da Prodi, trovando infine la sua dimensione nelle file della Margherita.
Dopo l’ennesimo dribbling politico, Rivera si è ritrovato dall’altra parte della barricata nel 2011, quando ha sostenuto – senza successo – la candidatura di Letizia Moratti a sindaco di Milano contro Giuliano Pisapia. «L’unica vera costante della vita è il cambiamento, e io ho sempre cercato di cambiare me stesso», ha ammesso Golden Boy qualche mese fa, in un’intervista concessa all’interistissimo Beppe Severgnini sul Corriere. «Sono deluso dal centrosinistra, che non è diventato come speravo. Ora serve un centrodestra che faccia gli interessi veri del Paese, visto che al momento bada solo a quelli personali di qualcuno».
Sempre dal rossonero, stavolta già in epoca-Berlusconi, bisogna ricordare il percorso di Giovanni Galli. Il portiere, bandiera della Fiorentina tra i ’70 e gli ’80, vinse tutto con il Milan di Sacchi: due Coppe dei Campioni, uno scudetto, una Coppa Intercontinentale. Fedele alla linea, è sceso in campo nel 2009 per il Popolo della Libertà come candidato sindaco a Firenze, la sua città. Sostenuto anche dalla Lega Nord, perse al ballottaggio contro Renzi. Ora continua a fare opposizione, non più alle conclusioni avversarie sulla linea di porta, ma alle politiche di centro-sinistra del Partito Democratico, all’interno del consiglio comunale fiorentino.
In tempi più recenti fu il turno di George Weah, il centravanti per eccellenza, l’uomo che, di fronte alla possibilità di giocare con la nazionale Francese, scelse la ben più umile rappresentativa della Liberia la quale, grazie ai suoi gol, ottenne due storiche qualificazioni alla Coppa d’Africa. A partire dal 2003, Weah ha cominciato la sua trasformazione da uomo d’area di rigore a uomo d’area politica, mettendo il suo impegno a favore del suo Paese e diventando una figura importante anche a livello umanitario. La sua candidatura alle presidenziali del 2005, tuttavia, fu una delle poche partite perse della sua vita: Ellen Johnson-Sirleaf, ancora oggi alla guida dello stato africano, lo sconfisse al ballottaggio.
Lo stesso percorso, più o meno, l’ha compiuto Kakhaber Kaladze, roccioso difensore ex Milan e Genoa che, nonostante delle qualità tecniche non proprio eccelse, vanta nel proprio palmares due Champions League, un Mondiale per Club ed uno Scudetto. La sua vita, sportiva e professionale, è stata segnata dal sequestro del fratello Levan, effettuato nel 2001, per cui i rapitori chiesero un riscatto da 600mila euro. Dopo cinque anni di terribile angoscia e numerosi tentativi di mediazione andati a vuoto, Levan Kaladze venne ritrovato morto, insieme ad altri sette, in una remota regione del Paese a metà tra Europa e Asia. Nel 2007, due uomini vennero condannati per l’omicidio.
Kakha, dopo essere stato eletto per cinque volte “Calciatore Georgiano dell’anno”, ha appeso gli scarpini al chiodo al termine dell’ultima stagione, nel desiderio di intraprendere una nuova sfida: quella politica, ovviamente. L’ex difensore rossonero, nel frattempo diventato anche businessman, ha aderito al partito “Sogno Georgiano – Georgia Democratica”, una forza politica filo-russa che sfiderà il presidente Mikhail Saakashvili nelle elezioni previste per il 2013. «Saakashvili ha messo in piedi una vera e propria dittatura», ha detto Kaladze a maggio, durante la sua ultima conferenza stampa, mentre indossava una t-shirt del suo partito. «Mollo in anticipo il calcio perché mi piange il cuore a vedere la povertà in cui vive la mia gente». Da Kaladze a Shevchenko: il cerchio si chiude, il dream team del Milan politico è schierato. L’ucraino, al pari del georgiano, è venerato in patria come un eroe nazionale: uno status chiaramente vantaggioso, che però non equivale ad elezione sicura. Saranno i due a doversi conquistare i voti sul campo, attraverso i rispettivi comizi elettorali. Ce la faranno? Staremo a vedere.
Nonostante una chiara preponderanza rossonera, comunque, non di solo Milan vive la politica in Italia. Nel nostro Paese anche la politica è diventata uno sport nazionale. Nella (lunga) lista dei calciatori ad aver tentato questo tipo di carriera c’è anche l’ex portiere della Lazio Felice Pulici, poi diventato dirigente sportivo, che fu candidato a livello regionale per La Destra di Francesco Storace nel 2005, ma non ottenne abbastanza voti. Andò meglio a Luigi Martini, centrocampista anch’egli con un passato in biancoceleste, eletto per due volte come deputato nelle file di Alleanza Nazionale, nel 1996 e nel 2001.
Troviamo poi Marco Pecoraro Scanio, fratello dell’ex leader dei Verdi Alfonso, mediano plasmato da Arrigo Sacchi ed ex di Genoa e Cagliari, prima Assessore allo Sport nella sua città, Salerno, poi divenuto Senatore della Repubblica. Nel libro “La Casta”, di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, Pecoraro Scanio fu accusato di “fratellismo”, ovvero di avere sfruttato la parentela con il leader di sinistra per ottenere un posto in Parlamento. E infine ecco Claudio Vinazzani, che dopo aver scelto il Napoli e la Lazio, ha confermato l’amore per i colori azzurri diventando coordinatore provinciale del Pdl a Carrara.