Draghi e la spending review non convincono i mercati

Draghi e la spending review non convincono i mercati

La paura è che da un momento all’altro possa tornare tutto come prima. L’effetto del Consiglio europeo sembra durato solo una settimana, almeno per i mercati. La sofferenza è tornata sui mercati azionari e obbligazionari, con il tasso d’interesse dei titoli di Stato italiani di nuovo oltre quota 6% e il Ftse Mib, il principale indice di Piazza affari, che chiude con una perdita del 2,03 per cento. Poteva anche essere peggio, dato che Milano è arrivata a perdere anche oltre 3,6 punti percentuali. A trainare i ribassi sono stati i nuovi timori sulla stabilità dell’eurozona, arrivati dopo la scelta della Banca centrale europea di tagliare il tasso di rifinanziamento, portato al minimo storico, 0,75 per cento.

La decisione della Bce di abbassare il costo del denaro era prevista. Le aspettative erano di un taglio al tasso di rifinanziamento di 25 punti base. E così è stato. In aggiunta, il tasso overnight è stato portato allo 0 per cento. Vale a dire che i depositi presso la Bce non sono remunerati. Le banche che quindi avranno difficoltà ad accedere al mercato interbancario potranno avere un’ulteriore arma grazie alla Bce. Quest’ultima, tuttavia, ha finito gli assi nella manica. O almeno, come ha spiegato Goldman Sachs a margine della riunione del Consiglio direttivo dell’istituzione di Francoforte, ha terminato le misure convenzionali. «Da ora in poi la Bce entra, proprio come aveva fatto la Federal Reserve quando ha portato i tassi d’interesse allo 0%, in un territorio a lei sconosciuto», hanno sottolineato gli analisti della banca di Wall Street. Il motivo è facile da intuire.

Le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Long-Term refinancing operation, o Ltro, ndr) condotte in dicembre e febbraio hanno fatto respirare l’eurozona. I 1.030 miliardi di euro promessi alle banche europee su un orizzonte temporale triennale sono serviti a completare parte del rollover del debito sovrano presente nei portafogli delle banche europee. Ma non hanno risolto i problemi presenti nel mercato interbancario, che rimane ancora vicino al congelamento. Come ha spiegato ICAP, principale interdealer broker mondiale, «nell’eurozona gli istituti di credito non riescono ancora a rifinanziarsi come vorrebbero e la Bce sta facendo gli straordinari, proprio come aveva fatto fra agosto e dicembre 2011». Lo stress sta quindi tornando. E al centro di tutto c’è l’Eurotower che, come ha fatto notare Lombard Street Research, è diventata «l’unica clearing house interbancaria in Europa, con tutti i rischi del caso».

Le banche europee rischiano di essere danneggiate dalla mossa di Mario Draghi, presidente della Bce. Con il taglio del tasso di remunerazione sui depositi bancari overnight, gli istituti di credito vedranno ridurre la loro profittabilità. Secondo Nomura in questo modo si vuole creare una barriera all’entrata verso la richiesta dei depositi overnight. In sostanza, così facendo la Bce potrà capire velocemente chi non riesce a raccogliere fondi nel mercato interbancario, accettando di non vedere remunerati i propri asset. «È un modo indiretto di vigilanza macroprudenziale», fanno notare gli analisti della banca nipponica. Più una banca chiederà il sostegno overnight della Bce, più si capirà che la sua salute non è buona.

Il risultato è stato solo uno: la tensione è tornata sulle piazze finanziarie della zona euro. E dato che l’ultimo Consiglio europeo, fra le altre cose, ha dato via libera alla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo salva-Stati permanente European stability mechanism (Esm), il mirino degli investitori più aggressivi si è spostato verso gli istituti di credito. Con essi, anche i titoli governativi dei Paesi più sotto pressione negli ultimi mesi, Italia e Spagna.

Che la crisi non fosse finita, era chiaro. Molti analisti, tuttavia, sono stati sorpresi dalla velocità con cui gli investitori sono andati a testare le potenzialità del nuovo scudo anti-spread, composto dal fondo Esm, che ha una potenza di fuoco di 500 miliardi di euro. In vista dell’attivazione dello stesso, prevista per il 9 luglio, è quindi possibile che si arrivi a un incremento dei rendimenti a ridosso di quella data. «Si vuole mettere alla prova questo assetto dell’eurozona per verificarne la sua solidità», spiega a Linkiesta un gestore di hedge fund che ha chiesto l’anonimato. I rendimenti dei bond decennali italiani ha toccato quindi il 6%, dopo giorni di sollievo.

Nonostante l’incertezza si sia ripresentata, secondo diverse banche d’investimento la strada presa dall’Italia sulla spending review è quella giusta. Secondo Barclays non sarà necessario un aumento dell’Iva per quest’anno, dato che le armi in mano al governo di Mario Monti sono diverse. Fra queste, le entrate derivanti dalla lotta all’evasione, che secondo gli analisti della banca britannica valgono circa 10 miliardi di euro l’anno. Dato che i proventi di questa operazione non sono stati inseriti nelle previsioni dell’esecutivo, Barclays ritiene che ci possano essere ulteriori risorse finora inespresse. Dello stesso avviso è Commerzbank. La banca tedesca ha spiegato che le operazioni di riduzione della spesa pubblica condotte dal governo italiano, sebbene «non siano ancora alla loro massima espressione», sono un «significativo passo avanti verso la disciplina di bilancio di cui l’eurozona ha bisogno». In altre parole, un segnale che gli investitori non devono sottovalutare.

La percezione intorno all’Italia potrebbe però presto deteriorarsi. E la colpa è proprio della spending review. Escludendo l’aumento dell’Iva, mercati finanziari e policymaker si attendevano misure concrete sulla riduzione degli sprechi. Fra questi, le province. Anche il commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn, nella raccomandazione che aveva inviato all’Italia nello scorso autunno, invocava il taglio delle province, che invece sembra saltare. La fiducia data nelle ultime settimane a Roma potrebbe così svanire in fretta. E si spera che non serva lo scudo anti-spread tanto voluto da Monti.  

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