Draghi pronto ad intervenire? Forse sì e in settimana

Draghi pronto ad intervenire? Forse sì e in settimana

Per ora è solo una voce, ma se fosse vera, potrebbe regalare un po’ di respiro all’eurozona. La Banca centrale europea (Bce) sarebbe pronta a intervenire sui mercati finanziari, forse già in questa settimana. Un’azione prima solitaria, per dare un segnale. Poi, nel caso non bastasse, coordinata con le principali banche centrali mondiali (Bank of Canada, Bank of England, Federal Reserve, Bank of Japan e Swiss National Bank) in modo da garantire liquidità al sistema, come avvenuto diverse volte in passato. Che sia un nuovo round del Long-Term refinancing operation (operazione di rifinanziamento a lungo termine, o Ltro) o l’annuncio del ritorno sul mercato obbligazionario secondario, l’importante è agire per ripristinare la fiducia ed evitare che l’agosto dell’euro diventi torrido.

Come nel passato, l’Eurotower potrebbe decidere di cogliere di sorpresa gli investitori. Senza anticipare alcunché, se non facendo girare rumour fra sale operative e corridoi del potere governativo. «La fiducia è tutto quello che ci serve, almeno per ora. Serve a prendere tempo, serve a dare respiro», ha risposto un funzionario del Tesoro italiano a Linkiesta che gli chiedeva cosa sarebbe utile in questo periodo. La pressione è elevata, diversi operatori finanziari hanno perso la pazienza e, con i volumi ridotti dell’estate, i rischi sono molti. In tanti, nei corridoi del Tesoro, tirano un sospiro di sollievo a pensare che in agosto c’è solo un appuntamento con le aste di titoli di Stato italiani. Di contro, sono dieci i collocamenti che dovrà effettuare il Tesoro iberico. E scendere sui mercati obbligazionari quando il rendimento sui decennale è oltre il 7,5% e il bid-to-cover è in calo, equivale a calarsi in un pozzo e tagliare la fune.

Oggi un editoriale di Federico Fubini sul Corriere della Sera ha evidenziato che la Bce si trova fronte a un bivio. O agisce, anche in modo non convenzionale, oppure la spirale negativa, fatta di incertezza e sfiducia, potrebbe rendere l’eurozona ancora più instabile. Due anni fa, nel settembre 2010, l’allora presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, spiegò che le misure straordinarie di liquidità, ma anche il programma di acquisto di titoli di Stato, erano da considerarsi «straordinarie». Come tali, sarebbero andate a esaurirsi una volta palesati i rischi legati alla stabilità dei prezzi, unico mandato della Bce.

Diverse sono le possibilità. Nel caso la Spagna chiedesse, sull’onda delle richieste di aiuto delle regioni autonome, un bailout completo, la Bce potrebbe correre ai ripari sui mercati finanziari. Ma potrebbe essere troppo tardi, con un contagio già avanzato come quello che stiamo vedendo in questi giorni. Potrebbe quindi giocare d’anticipo, come si starebbe discutendo. Ma se non bastasse, i margini di manovra si ridurrebbero e la credibilità stessa dell’eurozona verrebbe minata ulteriormente. Tra il fare e il non fare, a volte è meglio non fare, come hanno dimostrato i 25 vertici europei effettuati dall’inizio della crisi. E la Bce, nell’arco degli ultimi cinque anni, ha fatto tanto, molto, per supportare l’eurozona. 

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