La Germania assorbirà la disoccupazione giovanile spagnola? Forse no, ma offrirà ai giovani una formazione tecnico-professionale affiancata in casa propria perché possano essere inseriti meglio nel mercato del lavoro. Questo è quel che si legge dopo l’incontro tra la Ministra tedesca del lavoro e degli affari sociali, Ursula Van der Leyen, e il Ministro dell’educazione spagnolo, José Ignacio Wert. In Spagna, infatti, la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 52%, il livello più alto in Europa, mentre in Germania la cifra si aggira intorno al 7,9%.
Qual è la proposta? Portare i giovani spagnoli in Germania e formarli nel sistema d’istruzione duale tedesco. Il sistema è tipico e molto diffuso in Nord-Europa: sostanzialmente, si tratta di affiancare un insegnamento professionale ad una formazione teorico-culturale grazie ad una sinergia tra scuole e aziende.
Chi ci guadagna? Sembrerebbe entrambi i Paesi. In Germania, infatti, c’è necessità di giovani con una buona formazione teorica da impiegare nel mercato del lavoro, mentre in Spagna la crisi economica morde e i recenti tagli non permettono certo di assorbire tanta disoccupazione. Meglio mandarli all’estero, dunque, dove le opportunità sono maggiori e il sistema in grado di dare una formazione tecnico-professionale.
Per il ministro spagnolo, l’obiettivo finale è importare il sistema di formazione tedesco in patria. Nonostante le difficoltà. Dichiara, infatti, il ministro Wert: «Sono consapevole della necessità di compiere uno sforzo enorme di adattamento perché né la struttura economica, né quella imprenditoriale, né le dimensioni delle imprese spagnole sono simili a quelle tedesche; ma quel che possiamo imparare dal caso tedesco deve servire a inserire questo schema anche in Spagna» e aggiunge: «per sviluppare il sistema è necessaria la complicità delle aziende ed è più facile da ottenere quando ci sono più risorse».
Come funziona il sistema d’istruzione duale tedesco? Spiega El Pais che la durata della formazione va dai due ai tre anni e mezzo, periodo nel quale lo studente fra tre o quattro giorni di lavoro la settimana in un’azienda, e uno o due di studio a scuola. Ci sono più di 500.000 aziende, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, coinvolte nel modello: queste pagano lo stipendio agli apprendisti e il governo si assume il costo della formazione teorica. Così facendo, conclude l’articolo, la formazione professionale ricevuta dagli studenti tedeschi è una della cause del basso tasso di disoccupazione giovanile.
E in Italia? Una proposta simile era stata mossa nel settembre 2011 dal professore ed economista Tito Boeri, Università Bocconi, tra le riforme “a costo zero”. L’intero progetto è riportato sul sito lavoce.info. L’economista, criticando la riforma dell’apprendistato promossa dal Consiglio dei Ministri del luglio 2011, proponeva d’istituire corsi di laurea triennale di specializzazione tecnica: lo studente avrebbe acquisito metà dei crediti formativi in azienda, metà in università; un percorso ideale, scrive, nelle discipline aziendali, bancarie, assicurative, contabili, giurisprudenziali e di amministrazione pubblica. A queste potevano essere aggiunte, in particolari distretti italiani, patnership simili in ambito chimico, elettronico, biomedico, turistico,… La stima della riforma contava tra i 12 e i 15 mila nuovi giovani occupati in contratto di apprendistato ogni anno.
Ancora da capire come proseguirà tra Spagna e Germania. Sarà l’incontro autunnale che si svolgerà a Madrid a rivelare l’avvio della collaborazione. Alcune domande rimangono comunque in sospeso. Che tipo di contratti avranno i giovani spagnoli mandati in Germania? Quali ambiti lavorativi tedeschi offriranno maggiori prospettive? Quanto sarà l’effettivo beneficio di ritorno per la Spagna? Come sottolineava il ministro spagnolo Wert, una collaborazione simile darà certamente vantaggi alle aziende tedesche stabilite in Spagna, le uniche, probabilmente, in grado di replicare il sistema nel paese iberico.