BERLINO – Mentre l’Italia rimane commossa attorno al caso di Mario Mangiagalli, il neonato abbandonato nella “ruota” di Milano con biberon e vestitini, a Berlino la questione della nascita anonima diventa un dibattito politico. In Italia, abbandonare un neonato in condizioni di sicurezza non è reato. In Germania invece è possibile e piuttosto frequente, in strutture come quella di Milano, ma non è legale. Ora il governo tedesco propone una legge che rispetti tanto il diritto al parto anonimo delle madri, quanto quello fondamentale dei figli a conoscere le proprie origini. Ma il compromesso sembra impossibile.
Secondo informazioni anticipate la scorsa settimana dal quotidiano Rheinische Post, il governo di Berlino studia ora una proposta di legge che è appunto stata ribattezzata come “nascita confidenziale”. Il progetto elaborato dalla ministra della Famiglia Kristina Schröder (CDU) ha subito scatenato un enorme polverone. La bozza prevede infatti che i dati personali delle madri che non vogliono trasmettere la propria identità potranno in futuro rimanere segreti però solo durante 16 anni. Dopodiché i figli avranno il diritto di richiedere di conoscere le proprie radici.
Secondo Schröder l’iniziativa renderà superflue le Babyklappe, è questo il termine con cui in Germania ci si riferisce agli sportelli come quello della Mangiagalli a Milano. «Lo scopo è che in futuro le madri usino ‘la nascita confidenziale’ invece delle culle termiche», ha assicurato Schröder. Con il segreto riguardo all’identità della madre fino ai 16 anni è stata trovata, secondo la ministra, «una regola equilibrata» che rispetta allo stesso tempo la volontà di anonimato delle madri e il diritto dei figli di conoscere la propria provenienza.
In Germania l’abbandono dei bambini nelle “ruote” è più comune che nel nostro paese. La prima Babyklappe fu istituita in Germania l’8 Aprile del 2000 ad Amburgo, grazie all’appoggio della l’associazione per la protezione dei minori Sterni Park; poche settimane dopo venne lasciato il primo bambino. Da allora su tutto il territorio tedesco sono state istituite all’incirca un ottantina di strutture analoghe. Negli stessi anni alcune cliniche si sono anche organizzate per permettere alle madri che lo desiderano di partorire senza fornire i propri dati personali, riposare brevemente dopo il parto e lasciare il neonato.
In tutto sono circa 130 le strutture in cui viene offerta la possibilità alle madri di consegnare il neonato nelle mani di una clinica che lo dia in adozione. Dal 2000 ad oggi, secondo i dati raccolti da Sterni Park, sono 278 i bambini che sono stati affidati alle culle termiche sparse per la Germania. Non esistono però dati ufficiali e l’Istituto Tedesco dei Giovani (DJI) segnala che «il numero di ricerche scientifiche e la raccolta di dati empirici in questo ambito sono piuttosto rari», per il fatto che sono pratiche che si svolgono fuori dal limite della legalità.
Dall’introduzione delle prime Babyklappe, il dibattito non si è mai spento. In generale i difensori di queste strutture argomentano che con esse si evita la morte dei bambini non desiderati. I critici sostengono che l’esistenza stessa di “ruote” moderne possa essere interpretata come un incentivo ad abbandonare i neonati e allo stesso tempo condannano la violazione del diritto fondamentale dei bambini di conoscere le proprie origini.
È esattamente su quest’ultimo punto che la proposta tedesca è diversa dalla legge italiana per cui l’abbandono di un neonato non è più reato se chi abbandona si attiva per garantirne l’incolumità. È cioè legale partorire in ospedale in assoluto anonimato. In questi casi, il nome della madre rimane per sempre segreto e nell’atto di nascita del bambino viene scritto «nato da donna che non consente di essere nominata».
La proposta tedesca, di un anonimato a metà, cioè solo fino a 16 anni dopo il parto, ha suscitato fino ad ora un dibattito acceso e due grandi critiche. Una delle principali obiezioni riguarda il fatto che la legge non affronta il problema fino in fondo: la proposta infatti prevede che le “ruote” siano in futuro superflue ma non le proibisce per legge, permettendo che sopravvivano nell’illegalità, senza fare chiarezza sulla questione giuridica.
Esiste però anche un punto di vista critico che pur riconoscendo lo sforzo della proposta di garantire il diritto al bambino di conoscere le proprie origini, condanna il progetto di legge per non tenere veramente conto delle donne che decidono abbandonare i neonati. «Le donne che decidono di partorire in modo anonimo o abbandonare i figli nella culla termica hanno i loro motivi», spiega Anja Maier, redattrice e opinionista del quotidiano di sinistra Die Tageszeitung (TAZ), «le madri che chiedono di rimanere anonime meritano il nostro rispetto. Il fatto che ora si voglia permettere che sedici anni dopo il figlio naturale si presenti alla loro porta, non permette di fare affidamento sulla nuova legge». Lo scenario costringerebbe le donne un’altra volta in una situazione senza via d’uscita, «e non è questo il compito dei legislatori», secondo Maier.