«Cittadini! Parlate con i parlamentari del vostro collegio, i nostri rappresentanti devono sapere i rischi che corre la nostra economia!». Su Angela Merkel, già subissata di critiche per i (presunti) cedimenti al vertice di Bruxelles della scorsa settimana, piomba adesso come un macigno un appello ai cittadini tedeschi a rivoltarsi contro i risultati del summit del 28-29 giugno.
Un appello anzitutto contro gli aiuti diretti alle banche dei fondi salva-stati, e in generale l’unione bancaria, lanciato non dai soliti euroscettici o dai cristianosociali bavaresi, ma da circa 170 seri economisti. Colpisce il peso dei firmatari, tra cui figura ad esempio Kai Konrad, presidente del consiglio scientifico che assiste il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, o altri economisti notissimi in Germania come Juergen Dongens, Klaus Zimmermann o Robert von Weizsäcker.
Se l’iniziativa è stata lanciata formalmente dal professore di Statistica di Dortmund Walter Krämer, ispiratore dell’appello è Hans-Werner Sinn, direttore dell’istituto economico Ifo di Monaco (uno di quelli che prepara i rapporti economici annuali per il governo), che da tempo fa fuoco e fiamme contro i fondi salva-stati, gli aiuti agli stati in difficoltà, e insiste che la Grecia debba assolutamente lasciare l’eurozona. «La signora Merkel – diceva il 2 luglio all’emittente radiofonica Deutschlandfunk – al summit si è battuta come un leone fino all’ultimo. Ma (gli altri ndr) erano tutti d’accordo: volevano prendersi i soldi tedeschi, e lei era sola». Chiosa Krämer in un’intervista all’agenzia Dapd: «Tra 10-15 anni dovremo saccheggiare il nostro sistema pensionistico per salvare qualche banca ormai decotta».
L’appello è stato pubblicato sotto forma di lettera aperta a tutta pagina dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, divenuta ormai da tempo il pendant “intellettuale” al tabloid Bild sul fronte dello slogan: gli europei del sud vogliono continuare a spendere e spandere a spese di noi tedeschi. «Le decisioni che è stata costretta ad accettare la cancelliera al vertice Ue – recita la “lettera aperta”, che inizia con il classico “Cari concittadini” – sono sbagliate. Noi economisti dei paesi di lingua tedesca (c’è anche qualche austriaco, ndr) vediamo con grande preoccupazione il passo verso l’unione bancaria, che implica una responsabilità collettiva per i debiti delle banche del sistema dell’euro. I debiti delle banche sono quasi tre volte i debiti pubblici, e nei cinque paesi in crisi (inclusa l’Italia, ndr) si aggirano intorno a varie migliaia di miliari di euro. I contribuenti, i pensionati, i risparmiatori dei paesi d’Europa ancora solidi non possono essere chiamati a rispondere per garantire questi debiti». Secondo gli economisti, «le banche devono poter fallire».
Non basta. «I politici – prosegue la “lettera aperta” – sperano forse di riuscire a limitare le somme garantite, e di evitare abusi attraverso una sorveglianza bancaria comune. Non ci riusciranno, finché i paesi debitori disporranno di una maggioranza nell’eurozona. Se i paesi solidi accettano la condivisione della responsabilità per i debiti delle banche, saranno sottoposti sempre più alle pressioni per aumentare queste garanzie, o per allentare le condizioni per ottenere gli aiuti. Inevitabili le liti e i dissidi con i vicini».
Per i 170 economisti, «l’estensione alle banche della protezione (dell’Esm, con il finanziamento diretto ndr) non aiuterà né l’euro, né il pensiero europeo. Piuttosto aiuterà Wall Street, la City di Londra – e alcuni investitori anche in Germania – e una serie di banche decotte estere e interne, che ora potranno continuare i propri affari a spese di cittadini di altri paesi che hanno ben poco a che fare con tutto questo».
La lettera si chiude con l’appello ai cittadini a rivolgersi ai propri deputati (con cui abbiamo aperto questo articolo) che, come scrive oggi la Süddeutsche Zeitung, può diventare un “big bang” politico, viste oltretutto le elezioni il prossimo anno in Germania (e in Austria). Tanto più che l’appello ha trovato eco positive ad esempio nei socialdemocratici all’opposizione. «Le decisioni del summit – dice Carsten Schneider, responsabile per la politica di bilancio dell’Spd, che giudica «ragionevole e sensato» l’appello – rischiano di trasformare radicalmente il fondo salva-stati Esm, mutandolo in un fondo salva-banche». Duro anche Alexander Dobrindt, segretario generale della Csu bavarese al governo con la Merkel. L’appello, ha commentato, è «un monito affinché l’attuazione delle decisioni del vertice Ue, troppo facilmente soggette a interpretazioni, non vada nella direzione sbagliata». E cioè «non possono imporsi in Europa colora che, con la loro irresponsabile politica debitoria, vogliono caricare oneri finanziari sulle future generazioni».
La cancelliera, a dire il vero, ha prontamente risposto. «Al vertice – ha dichiarato – non sono stati presi impegni che vadano al di là di quanto già previsto dai trattati». Soprattutto, «non ci sono responsabilità aggiuntive con le regole attuali» – l’allusione è al fatto che, per poter finanziare direttamente le banche, ci vorrà un supervisore centrale Ue, e al no secco agli eurobond. Del resto ci sono anche economisti tedeschi che bocciano senza mezzi termini l’appello dei 170.
Ad esempio Peter Bofinger, uno dei cinque saggi del governo federale, fautore del fondo di redenzione per i debiti pubblici sopra il 60% del pil con tanto di eurobond. «Questo appello – ha detto a SpiegelOnline – danneggia il prestigio pubblico delle Scienze economiche tedesche. In una discussione che naturalmente è segnata da paure ed emozioni, il compito della scienza deve essere quella di contribuire a ritornare su un piano oggettivo attraverso una sobria diagnosi dei problemi e un’analisi dei pro e i contri di possibili terapie. Non è quello che fa questo appello».
«La lettera aperta è irresponsabile e non ha niente a che fare con argomentazioni economiche, si fonda solo su emozioni» ha tuonato anche Michael Hüther, direttore del DIW, il più grande e importante istituto economico in Germania. Adesso, scrive SpiegelOnline, una serie di altri economisti capeggiati da Bofinger e da Gustav Horn (direttore dell’Istituto di macroeconomia, vicino ai sindacati) sta preparando un contro-appello. Resta tutto da vedere, però, se riusciranno a trovare altri 170 firmatari, e convincere i tedeschi.