BERLINO – Parlare di “negligenze” è un eufemismo. I servizi segreti interni tedeschi del Verfassungsschutz (BfV) hanno sistematicamente occultato, ignorato o addirittura distrutto documenti riguardo a una cellula terrorista di estrema destra, conosciuta col nome di Nationalistischer Untergrund (Nsu), responsabile di 11 morti negli ultimi 10 anni. A otto mesi dell’inizio delle indagini, oggi ha presentato le dimissioni il capo del servizio Heinz Fromm: il gesto è stato interpretato come un’ ammissione di colpa in un caso in cui si intrecciano pericolose connivenze tra servizi di sicurezza e la scalpitante scena neonazista tedesca.
Il caso è venuto alla luce lo scorso 4 novembre: il suicidio di Uwe Mundlos e Uwe Böhnhardt, due neonazisti che avevano la polizia alle calcagna dopo una rapina, ha svelato in un colpo solo i due misteri criminali più spettacolari della storia recente del paese. Da una parte, l’uccisione tra il 2000 e il 2006 di nove cittadini tedeschi di origine turca e uno di origine greca in diverse città di tutto il paese. Dall’altra, la fredda esecuzione di Michéle Kiesewetter, una poliziotta di 22 anni a un normale posto di blocco. Nessuno aveva collegato gli eventi fino al ritrovamento delle armi del delitto nel covo dei due neonazisti suicidi.
Le indagini, oltre a investigare su altri possibili membri della cellula, si sono da subito dovute confrontare con una domanda: come può un gruppo terrorista uccidere e delinquere per dieci anni sotto la luce del sole in Germania senza destare sospetti? Quasi da subito la risposta ha preso forma in una direzione chiara. Una serie di negligenze all’interno del Verfassungschutz ha fatto sì che i file riguardo alla NSU andassero persi nelle comunicazioni tra stati federati tedeschi. In particolare è stato messo a fuoco il dubbioso ruolo dei cosiddetti V-Leute, sarebbe a dire informatori dei servizi segreti infiltrati nelle scene neonaziste, che sono spesso ex estremisti, magari neanche tanto pentiti.
La situazione è precipitata la scorsa settimana quando è stato confermato che la polizia segreta ha distrutto documenti vitali per la ricostruzione del caso esattamente una settimana dopo il suicidio dei due neonazisti. Lo ha riconosciuto Jörg Ziercke, capo del Bundeskriminalamt (BKA), i servizi segreti federali, davanti a una commissione parlamentare che indaga sull’accaduto, e che fino ad ora ne ha viste di tutti i colori. In totale sette faldoni accumulati nel corso di sei anni sono stati disintegrati secondo “prassi di routine” poche ore prima di dover essere consegnati ai responsabili delle indagini. I faldoni contenevano informazioni riguardo agli integranti del gruppo. Oltre ai due suicidi è stato fino ad ora individuato un solo altro membro: si tratta di Beate Zschäpe, 37 anni, la donna del gruppo che non ha avuto il coraggio di togliersi la vita come avrebbe dovuto.
Parallelamente questa mattina sulle pagine del quotidiano Berliner Zeitung è apparsa una connessione italiana al caso che scuote la Germania. Il quotidiano della capitale pubblica il contenuto di una lettera dell’AISI ai colleghi tedeschi dello scorso 14 dicembre, in cui si ricordava che il servizio italiano aveva avvisato già nel 2003 la Germania dell’esistenza di questa cellula organizzata che curava con attenzione i suoi contatti proprio in Italia. In particolare, la lettera fa riferimento a un raduno neonazista nella località belga di Waasmunster. In questo ambito, gli italiani sarebbero venuti a conoscenza di una rete di terroristi di estrema destra internazionale pronta all’azione. Dalla lettera dell’AISI emerge anche che i neonazisti tedeschi di Turingia e Baviera si prendono particolarmente cura dei soci italiani in particolare gli “Skinhead Tirol – Sektion Meran” e “Veneto Fronte Skinheads”.
Nel 2008, sempre secondo le informazioni dell’AISI, i neonazisti altoatesini avrebbero discusso con i tedeschi «della possibilità di compiere esemplari azioni xenofobe» e avrebbero tracciato una cartina dettagliata di una serie di attività e negozi gestiti da extraeuropei. Non a caso tutti i dieci stranieri uccisi in Germania erano proprietari di attività tradizionalmente in mano agli extracomunitari in questo paese: ristoranti Döner, negozi di bevande, alimentari e fioristi.
Sotto il peso schiacciante di ogni nuovo dettaglio le dimissioni del capo del BfV, Heinz Fromm, sono giunte questa mattina come la conseguenza logica. In generale, Fromm gode di ampio rispetto da parte dei politici di diversi colori del parlamento tedesco. Si valuta positivamente il suo impegno nella lotta contro l’estremismo di destra, ma questo non ha impedito che all’interno della struttura agissero forze fuori controllo.
In un’intervista sul numero attuale di Der Spiegel, concessa prima delle dimissioni, Fromm ha ammesso, riguardo all’eliminazione dei documenti che, «secondo quanto so, si tratta di una procedura che fino ad ora durante il mio mandato non si era ancora verificata». «Per questi fatti c’è stata una considerevole perdita di fiducia e un pesante danno di immagine dell’istituzione», ha poi aggiunto.
Thomas Oppermann dell’SPD ha riconosciuto il gesto «consequente» e «degno di rispetto» di Fromm, un uomo che ha descritto come «uno dei più acerrimi nemici del terrorismo di destra in Germania» e ha ricordato che la sezione dedicata al neonazismo del BfV era stata sciolta contro la sua volontà. Petra Pau, rappresentante del partito di sinistra Die Linke nella commissione parlamentare sulla cellula terrorista, ha detto che «l’intera struttura dei servizi segreti viene messa in discussione» da questi eventi. Per la Germania intera si è trattato di una storia imbarazzante. Angela Merkel ha chiesto scusa ai famigliari delle vittime per l’accaduto e ha promesso chiarezza. Nel frattempo è stata creata una banca dati federale sui neonazisti per evitare che in futuro informazioni vitali vadano perse nel telefono senza fili.