Portineria MilanoIl Nordest produttivo? Per Emma e Giannino resta lontano

Il Nordest produttivo? Per Emma e Giannino resta lontano

A distanza di tre mesi dalle elezioni amministrative la situazione politica del Veneto appare inalterata. Spuntano nuovi movimenti politici oppure sono già consolidati – come Fermare il declino di Oscar Giannino o Verso Nord di Massimo Cacciari -, c’è il vicepresidente di Confindustria Andrea Costato che parla di «secessione», ma la sfiducia nei confronti del «voto» come «possibilità di cambiamento» rimane un miraggio nelle zone dove vivono i ceti produttivi del Paese, alle prese con un governo Monti che non sta risparmiando nulla in termini di pressione fiscale.

Oltre ai cittadini – che continuano a premiare nei sondaggi il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo (a giugno al 26 % come a maggio) -, lo ha spiegato l’Osservatorio Economico del Nord Est. Il 19 luglio scorso, in una ricerca che poneva la considerazione che «anche il singolo cittadino, andando a votare, può influenzare la vita politica del nostro Paese», gli intervistati – per lo più impiegati, liberi professionisti, imprenditori e lavoratori autonomi – hanno evidenziato come solo «un nordestino su due (52%) si dichiara d’accordo sulle capacità di incidere della politica». Nel 2004 il consenso era di poco inferiore al 62%: la diminuzione, in otto anni, è stata di circa 10 punti percentuali.

Nei territori dove un tempo governava la Balena Bianca, quella Democrazia Cristiana trainata tra gli altri da Carlo Bernini, ex presidente di regione e ministro dei Trasporti del governo Andreotti alla fine degli anni ’80, non ci sono, al momento, stelle polari da seguire. Questione non da poco, in una regione dove «l’immensa rete del cattolicesimo italiano» che in Veneto si esplica in una massiccia presenza di volontario di matrice cattolica» (copyright Vittorio Possenti, docente e filosofo dell’Università Ca Foscari di Venezia) non ha una rappresentazione politica adeguata. La Lega Nord, che dopo la conquista della regione nel 2010 si pensava potesse dare delle risposte ora ha subito una dura battuta d’arresto in fatto di credibilità- 

C’è una sfiducia generale e diffusa, quindi, nei confronti delle istituzioni, da sempre presente in questa regione ostile al potere di Roma e a forte impronta indipendentista. Ma è un sintomo che pare aumentato dopo gli ultimi scandali giudiziari che hanno travolto il Pdl, la Lega Nord e il Partito Democratico. Soprattutto dopo le mancate riforme di quest’ultimo governo di centrodestra: su federalismo, liberalizzazioni, sburocratizzazione, taglio della spesa, taglio del debito e taglio delle tasse si è fatto poco o nulla.

A questo si aggiunga la mancanza di credibilità che ormai suscitano leader come Umberto Bossi e Silvio Berlusconi: in un altro sondaggio online del Gazzettino il ritorno in campo del Cavaliere è stato definito come sbagliato dall’80% dei votanti mentre il 10 % si mostrava disinteressato. L’impressione è confermata dall’ultima analisi congiunturale della Confindustria del Veneto, che prevede nel secondo semestre di quest’anno un crollo nella produzione, negli ordini e nella ricerca: la quota di imprese che non prevede investimenti per i prossimi 12 mesi rimane stabile (36,7%).

In questa situazione stagnante per l’area liberale e riformista o comunque di centro, provano a ritagliarsi una posizione i nuovi movimenti politici, idee e incubatrici culturali. Ma al momento sembrano fare un buco nell’acqua. Da Verso Nord di Cacciari, a Fermare il declino di Giannino fino a Veneto Stato, i veneti non sembrano aver ancora trovato risposte soddisfacenti. Tanto che Grillo resta comunque il preferito, anche se continua a essere messo alla prova «dei fatti» nelle centri conquistati in maggio, come Sarego e Mira.

Eppure lo spazio ci sarebbe. Anche perchè, sempre l’Osservatorio del Nord Est annota che a parte Partito Democratico e Italia dei Valori, i simpatizzanti di Sel, Udc, dello stesso Movimento 5 Stelle, di Pdl e Lega Nord hanno «una percezione minima» di poter incidere con la politica alla vita del Paese. «Mancano personalità forti, dei leader e alla fine non si discute mai di contenuti seri, come l’opportunità dell’Italia di uscire dall’euro», spiega un avvocato di peso della zona. «Sono tutti con le orecchie abbassate, in attesa».

Non è un caso che da mesi si parli di un partito di Confindustria e di possibili candidati come Emma Marcegaglia o Luca Cordero Montezemolo, forse gli unici capaci di raccogliere un consenso più ampio, magari con l’aiuto di ex pidiellini come la galaniana Giustina Destro. Ma di risposte, fino adesso, non ne sono arrivate. Pensare che qualche mese fa in Veneto transitò persino il sindaco di Firenze Matteo Renzi, che poteva essere considerato un cavallo su cui puntare. Ma fino a questo momento è tutto fermo. 

Del resto, come chiosa Frabrizio Comencini, imprenditore, ex leghista, attento osservatore della politica veneta, «stanno tutti a lamentarsi della situazione. Si attende il crollo del sistema, anche se non è ancora chiaro dove si voglia andare a parare in caso di collasso. Ho molti amici che votano Grillo, ma spesso chiedo loro cosa si aspettano da un arrivo dei grillini in parlamento e di risposte non ne arrivano. Le due personalità più forti restano Zaia e Tosi, mentre Galan come il Pdl convincono davvero poco».

Il Popolo della Libertà, da queste parti, non esiste praticamente più. L’ultimo sondaggio di giugno lo attesta intorno all’11,9%. La Lega Nord è poco indietro, ma può contare comunque su il sindaco di Verona Flavio Tosi o appunto il governatore del Veneto Luca Zaia. Entrambi capaci di raccogliere consensi trasversali, anche tra le maglie del centrosinistra, restano però offuscati da una Lega come al solito «lombardocentrica» alle prese con le solite beghe tra il segretario federale Roberto Maroni e il presidente a vita, Umberto Bossi.

«Del resto, Verso Nord di Cacciari annovera politici come Diego Bottacin, che è stato pure tra i Verdi e continua a non avere una sua credibilità politica», spiega un imprenditore trevigiano. «Mentre Giannino potrebbe arrivare sì e no al 2%. Certo, è considerato su questi territori forse più che in altre regioni (è editorialista di punta del Gazzettino ndA), ma dire che questa sua “incubatrice culturale” si stia consolidando mi pare decisamente eccessivo», rivela un esponente di peso del Carroccio che vuole mantenere l’anonimato.

L’Italia dei Valori appare stabile, mentre pure l’Udc di Pierferdinando Casini non sa che pesci pigliare. In questa situazione, l’univa vera novità appare il modello Verona con cui Tosi ha vinto alle ultime comunali. È un modello che Maroni continua a spendere nei suoi incontri istituzionali, ma che grava sempre della presenza di Berlusconi e di tutto il Pdl. «Bobo proprio non me lo vedo con Bersani e Casini», conclude un altro leghista che conosce molto bene l’ex ministro dell’Interno. 

@ARoldering