Ed ecco l’ennesima figuraccia dell’Assemblea regionale siciliana, quella dove i consiglieri regionali sono “deputati”, e pretendono di farsi chiamare “onorevoli”. E sono talmente “onorevoli” che oggi hanno bocciato un emendamento all’interno del ddl “blocca nomine”, che vietava di attribuire a chi sia rinviato a giudizio o condannato per mafia, corruzione o concussione, incarichi di “qualunque genere”, comprese le consulenze per Regioni, Province e Comuni.
Ma cosa è successo in Aula? Il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, spiega a Linkiesta l’antefatto:«E’ successo che il sottoscritto, l’onorevole Cracolici e l’on. Speziale, abbiamo presentato una norma che prevedeva l’impossibilità di “conferire incarichi di qualunque genere” ai condannati o ai rinviati a giudizio per alcuni reati, tra cui: associazione per delinquere di stampo mafioso, corruzione in atto d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, istigazione alla corruzione. Ma il capogruppo del Pdl, l’on, Maira, e l’on. Fabio Mancuso del Pdl, hanno richiesto il voto segreto». Risultato? Il parlamentino siciliano ha respinto la norma con 39 no su 72 votanti.
«Un grave errore – continua Lupo con Linkiesta – della maggioranza di governo. Una norma che avrebbe fatto pulizia. Ma noi ripresenteremo questo emendamento alla prima occasione utile». Gli fa eco l’altro firmatario il deputato regionale del Pd, Calogero Speziale:«Troppe volte sono stati nominati in enti pubblici soggetti rinviati a giudizio per reati gravi contro la pubblica amministrazione e purtroppo ci sono esempi di questo tipo anche all’interno del parlamento regionale e nazionale. Era un’occasione per fare del bene alla Sicilia ed è stata buttata al vento: una brutta pagina per il parlamento regionale».
Dal gruppo del Pid risponde il vicecapogruppo Totò Cordaro, il quale dice a Linkiesta:«Noi non abbiamo chiesto il voto segreto perché noi fin dall’inizio abbiamo detto espressamente che ci saremmo opposti alla norma. Perché è una norma semplicemente anticostituzionale e antigiuridica, perché viola gli articolo 3 e 27 della Costituzione. Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. E poi l’art. 27 parla di principio di innocenza. Dopo di che nella norma mancavano alcuni reati. Qual è la differenza tra un condannata per corruzione e uno per pedofilia? Oltretutto nei casi di rito abbreviato e immediato la norma non valeva». In sostanza, spiega Cordaro a Linkiesta, «una norma scritta da ignoranti: non rispetta i principi di generalità e astrattezza. Questo tema va affrontato in maniera diversa. Ho proposto di scrivere un codice etico».