Le aziende italiane che hanno permesso di scoprire il bosone di Higgs

Le aziende italiane che hanno permesso di scoprire il bosone di Higgs

Ha senso investire in un progetto gigantesco come quello che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs? Per cominciare a dare una risposta si può andare a chiedere informazioni all’Industrial Liason Office del Cern, un ufficio che si occupa proprio di favorire il contatto tra l’istituto di Ginevra e l’industria. Sandro Centro, l’Officer per l’Italia, potrebbe rispondere che le giustificazioni per la ricerca del bosone di Higgs sono almeno 360 milioni. Si tratta dei «milioni di euro che tra il 2001 e il 2007, quando Lhc veniva costruito, l’Italia ha ricevuto sotto forma di commesse industriali». Una cifra leggermente superiore – 400 milioni – è quella indicata da Fernando Ferroni, attuale presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Secondo le stime più aggiornate, Lhc è costato complessivamente 3,7 miliardi di euro. A questa cifra l’Italia ha contribuito per il 12,3%, che corrisponde a circa 450 milioni. L’Italia si è quindi comportata bene, aggiudicandosi commesse importanti tra quelle assegnate all’industria dei 20 paesi membri del Cern. Non esistono «quote assegnate ai singoli paesi», ma tutto si svolge attraverso bandi aperti al miglior offerente. Le circa cinquanta aziende, quasi tutte medio-piccole, che hanno partecipato a questo grande sforzo internazionale si sono quindi conquistate il proprio spazio con le proprie forze.

Un esempio è Caen (Costruzioni Apparecchiature Elettroniche Nucleari) di Viareggio, azienda leader mondiale nella fornitura di elettronica per la strumentazione in fisica. «In sostanza», racconta il presidente Marcello Givoletti, «forniamo una parte della macchine che servono per prendere i dati di esperimenti come Atlas e Cms». Nel campo dell’elettronica di alimentazione, altro settore in cui Caen eccelle, «abbiamo anche vinto un premio nel 2009, il Crystal Award per il nostro lavoro a Cms». In termini economici, tutto questo si traduce in commesse complessive per 30 milioni di euro. «Si è trattato di un’occasione di grande visibilità», sottolinea Givoletti, «che poi ci ha aperto la strada verso mercati che per noi erano nuovi». Per un’azienda con 100 dipendenti e un fatturato che si aggira attorno ai 14 milioni si è trattato di un periodo importante.
Nel 2006, quando l’ultimo dei magneti che servono a far funzionare Lhc e i suoi esperimenti è stato consegnato, il Courier, il giornale interno del Cern, sottolineava come «metà della potenza magnetica immagazzinata nell’acceleratore di particelle sarà dovuta a magneti costruiti a Genova». Sono quelli prodotti dalla Asg Superconductors, un’azienda genovese nata negli anni Cinquanta e oggi, dopo qualche ristrutturazione e riorganizzazione, tra i leader nel settore dei magneti per acceleratori di particelle. Inizialmente doveva essere solo un terzo del totale, ma alla fine Asg ne ha prodotti circa la metà, a scapito di Francia e Germania. La lunga esperienza, impreziosita dalla collaborazione per Lhc, è stata determinante anche per aggiudicarsi la costruzione dei magneti per Iter, il grande esperimento europeo sulla fusione nucleare.

Nuovi mercati si sono aperti anche per Saes Getter, azienda di Lainate (Milano), sempre in primo piano quando si parla di tecnologie del vuoto. Le loro pompe, capaci di generare un vuoto molto spinto, «simile a quello che si trova nello spazio», sono vendute in tutto il mondo, dalla Cina all’Europa, passando per il Giappone e Taiwan. «In molti Paesi si stanno sviluppando acceleratori importanti per uso medico», spiega Paolo Manini, business manager in Saes, 1100 dipendenti per 150 milioni di fatturato. «Ora stiamo collaborando con gli austriaci per la costruzione di MedAustron», uno dei centri potenzialmente più avanzati la mondo per la radioterapia contro i tumori.
Oltre alle commesse c’è anche da tenere presente l’occupazione. Le cinquanta aziende di cui si parla sono spesso piccole, ma impiegano personale dalla formazione medio-alta. «Metà di quelli che lavorano alla Caen», sottolinea Givoletti, «sono laureati e gli altri diplomati». In momenti di crisi significa non dover andare a cercare un lavoro qualificato all’estero.

Formazione medio-alta anche per i 208 dipedenti di Simic, azienda di Camerana (Cuneo), specializzata nell’ultrafreddo e nel vuoto spinto. «Dei 1600 criovessel, i contenitori che mantengono i magneti di Lhc a una temperatura vicina allo zero assoluto, la Simic ne ha costruiti 937», racconta il responsabile del marketing e delle vendite Antonio Conte. Risultato possibile proprio per l’eccellenza del loro lavoro. In questo settore, infatti, la concorrenza è più alta che in altri, e tutta di buon livello. Anche per la Simic le ricadute sono state notevoli, innazittutto perché lavorare per il Cern «dà prestigio». E dal prestigio arrivano altri ordini dall’India, dalla Germania e da altri mercati.

Aver lavorato per il Cern ha avuto anche un altro vantaggio. Per una coincidenza del tutto casuale, la costruzione di Lhc e delle macchine dei diversi esperimenti si è conclusa a ridosso del 2008 quando è esplosa la crisi internazionale. Ma nel momento in cui veniva meno la committenza svizzera, la possibilità di lavorare con altri mercati più solidi ha fatto la differenza per una parte di queste aziende. Lo racconta bene Givoletto di Caen: dopo 7 anni di progettazione e uno “folle” di produzione per il Cern, «siamo pronti per aprirci anche al mercato dell’homeland security, dove le aziende che già vi operano hanno un’elettronica molto meno avanzata». In qualche modo, insomma, il Cern può essere anche considerato un grande volano di innovazione industriale.
La lunga ricerca e sviluppo hanno raggiunto il proprio momento di gloria nel seminario del 4 luglio scorso, quando innovazione tecnologica e produzione industriale di alto livello sono stati riconosciuti come ingredienti indispensabili per chiudere una pagina storica della scienza e della fisica. Non si è trattato di un mero esercizio intellettuale, ma nemmeno di un’impresa che darà frutti solo a lungo termine: quelli verranno, ma c’è chi avuto le proprie possibilità già oggi.

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