«Io amo Barclays». Bob Diamond, il numero uno di Barclays dimessosi ieri, ha iniziato così il suo intervento di fronte allo speciale comitato d’inchiesta organizzato dal Tesoro inglese per discutere del Libor-gate. La manipolazione dell’indice London interbank offered rate (Libor), il tasso d’interesse a cui si prestano i soldi le banche britanniche, continua. E sta lambendo la classe politica inglese. Diamond si è tirato fuori: «Le alterazioni del Libor sono state fatte a mia insaputa, solo in questo mese ho conosciuto cosa stava accadendo». Ma ha tirato dentro «alcuni ministri», che secondo la testimonianza di Diamond, erano a conoscenza dei fatti. I membri dei governi di Tony Blair e Gordon Brown iniziano a tremare.
Il Libor-gate è alle battute iniziali. Il manager d’oro di Barclays, quel Diamond che ha guadagnato quasi 40 milioni di dollari nell’ultimo biennio proprio grazie alle sua carica, non ha usato metafore per diversi dagli attacchi. «Rivendico il mio amore per la banca e non ho nulla di cui recriminarmi», ha spiegato Diamond. Di fronte alla commissione speciale che lo ha torchiato il banchiere ha usato una tattica prevedibile: lo scarico di responsabilità. «Non sapevo cosa stessero facendo alcuni trader, che invece di fare al meglio il loro lavoro, come ho sempre spiegato ai membri della famiglia Barclays, mistificavano il Libor», ha spiegato Diamond. Parole che però hanno convinto poco i membri del Treasury special committee, L’opinione pubblica chiede giustizia e per l’ex numero uno di Barclays questa non mancherà: «Ci sarà un’indagine penale su chi ha truccato il Libor». Nel mirino finiranno probabilmente i 14 trader che, secondo Diamond, sono i colpevoli principali di tutta l’operazione. Eppure, a tremare sono tutti i vertici delle autorità monetarie e di vigilanza finanziaria nel Regno Unito, dalla Bank of England alla Financial services authority, la Consob inglese.
Sono quattro le questioni irrisolte. La prima verte sulle condotte morali di Barclays. La seconda banca del Regno Unito si è sempre fatta scudo della sua indole integerrima, pulita e senza scandali alle spalle. Nell’agosto 2007, quando iniziò la crisi derivata dai mutui subprime americani, crollati a causa del collasso del mercato immobiliare statunitense, Barclays non ebbe problemi a reperire risorse su mercati monetari in netta difficoltà. E nemmeno quando il sistema bancario britannico fu vicino al peggio, fu necessario nazionalizzarla. Questo era il vanto di Diamond, arrivato al vertice della banca il primo gennaio 2011 per sostituire John Varley dopo essere stato fedele a Barclays dal 1996.
La moralità ambigua di Barclays è in discussione? Secondo il governatore della Bank of England non ci sono dubbi: «È irresponsabile il comportamento tenuto». Eppure, la commistione fra poteri nella City londinese è normale. Le porte girevoli fra mondo della finanza e politica sono molte. Lo stesso Diamond ha ricordato al parlamentare Jesse Norman questo concetto: «Tu ora mi attacca, ma ricordati che anche tu hai lavorato in Barclays». Il silenzio è calato a Westminster, mentre Diamond riprendeva fiato, beveva un sorso d’acqua e ricominciava: «I contatti fra banchieri e membri del Parlamento sono una consuetudine. Se qualcuno di essi mi ha detto che i tassi Libor erano troppo altri? Sì, diversi membri lo fecero». Nessuno ha replicato.
La seconda questione, più tecnica, è in merito alla manipolazione in sé. I fatti sono noti. Dall’agosto 2005 al maggio 2008 Barclays è intervenuta forzando le proprie decisioni sul Libor, contribuendo a fornire dei dati mistificati. E nessuno all’interno della British bankers association (Bba), ovvero l’associazione di categoria che da 26 anni supervisiona il Libor, ha mosso obiezioni contro i valori riportati ogni volta da Barclays. E qui si arriva al punto più spinoso. Se è vero che manipolazione è avvenuta, è altrettanto vero che questa in molti casi ha avuto come scopo di abbassare i tassi d’interesse. Nei fatti, un vantaggio per il consumatore, che si è trovato a pagare di meno i mutui con tassi d’interesse legati al Libor. «Il mutuatario potrebbe aver avuto diversi riscontri positivi, anche se può sembrare paradossale», dice a Linkiesta un analista Fixed income della banca francese Société Générale.
Il terzo dubbio è invece sulla rilevanza sistemica che il Libor-gate può avere. La Financial services authority ha già espresso «serie preoccupazioni» per le possibili ramificazioni della vicenda. I sospetti sono che tutto fosse organizzato come un cartello, con una concertazione fra gli operatori del mercato prima della comunicazione del tasso Libor alla British bankers association. «Sono dubbi legittimi, ma io sono qui per parlare della mia banca», ha detto Diamond, non risparmiandosi tuttavia una stilettata verso gli altri attori del sistema bancario britannico. «Non siamo da soli», ha tuonato il banchiere americano. Da giorni si parla di Royal Bank of Scotland, dei Lloyd’s e di HSBC. Ma fino a che non ci sarà
Infine c’è la domanda più importante. Fino a che punto le autorità erano a conoscenza dei fatti? La Bank of England si è trincerata dietro il silenzio, lasciando parlare solamente chi è stato chiamato in causa da Bob Diamond, ovvero il vice governatore Paul Tucker. Secondo la banca britannica sono diverse le telefonate intercorse fra i due banchieri. «È noto che gli operatori del mercato e le autorità sono in contatto, non potrebbe essere altrimenti», ha detto Diamond. E Tucker ha spiegato che non ha «mai e in nessun modo» consigliato le scelte da effettuare sul Libor ai banchieri di Barclays. Tuttavia, è possibile che le telefonate fra Diamond e Tucker siano state registrate dalla Bank of England o da Barclays. Stesso dicasi per le email scambiate fra i due. Una di queste è già apparsa sul memorandum di Diamond presentato ieri, ma è facile che ve ne siano altre.
Il premier David Cameron ha ricordato che l’obiettivo di Westminster deve essere solo uno: fare chiarezza. Ma intanto, sono diverse le indiscrezioni sulle connessioni fra banchieri e politici nel periodo incriminato. Il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne ha affermato che «membri del governo di Gordon Brown sono chiaramente coinvolti nello scandalo Libor», senza però fare nomi. Per quelli, ci sarà tempo. E chissà se, come Diamond, diranno che sono stati tirati in mezzo a loro insaputa.
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