«Rossella? Davvero? Non ci posso credere. Siamo sicuri? Mi manca il fiato. Scusate, ma devo piangere…». Quando la notizia della liberazione di Rossella Urru arriva in questa villetta di San Casciano Val di Pesa, nelle colline fiorentine, la connessione emotiva si fa pianto. Maria Sandra Mariani, 54 anni, è stata liberata lo scorso 17 aprile dopo aver passato 14 mesi nelle mani di una costola maghrebina di Al Qaeda in giro per l’Africa. La turista italiana, quando ritornò a casa dopo 440 giorni di inferno, disse principalmente due cose: «Ora sono in paradiso, ma il mio pensiero è tutto per Rossella: liberatela».
E adesso che apprende, da Linkiesta, la svolta quasi non si capacita. «Mi avete reso felici – dice – seguo gli aggiornamenti su Google dal Mali tutti i giorni, oggi non l’ho fatto. Ma quando è successo? Ci sono anche gli spagnoli?». Maria Sandra è su di giri, si commuove in continuazione. L’anziana mamma, Fiammetta, affianco a lei urla di gioia in dialetto «L’è libera! L’è libera la Rossella!». Poi riprende a parlare la figlia: «Allora chiamo la Farnesina, subito. Anzi, magari un secondo aspetto. Comunque mi informo meglio. Mi piacerebbe abbracciare Rossella, questo sì, anche se non ci siamo mai conosciute di persona». Ma i loro nomi (gridati su Facebook), i loro volti (appesi sulle facciate dei municipi), le loro storie (raccontate dai giornali) sono andate a braccetto per mesi. L’una faceva pensare all’altra.
Maria Sandra è stata rapita il 2 febbraio del 2011 nel Sahara algerino, a Djanet, da un commando composto da quattordici persone. Non era una cooperante come Rossella, ma si trovava in un viaggio turistico con scopi umanitari. Per aiutare «quei popoli che soffrono» in una regione che «conoscevo benissimo». Dopo quattordici mesi nelle mani dei terroristi è stata rilasciata alla frontiera tra il Mali e Burkina Faso. I capelli bianchi, venti chili in meno, mesi passati a mangiare insetti e a dormire per terra, spesso bendata per non guardare gli aguzzini.
«Appena ritornata in libertà, ancora prima di ritornare in Italia chiesi chi altro ci fosse nelle mani dei terroristi. Il funzionario della Farnesina iniziò a parlarmi di Rossella, rapita a ottobre. Da quel momento la sua battaglia è diventata la mia e della mia famiglia». In questi mesi di libertà, assicura Mariani, non ha mai smesso di pensare alla trentenne cooperante sarda perché «so cosa significa non esistere più». Perché anche qui, in questa villetta di San Casciano, c’è stata una famiglia che per quattordici mesi ha smesso di vivere. Giornate passate con la mano sul telefono in attesa di uno squillo, notti e notti sul divano davanti alla porta d’ingresso sperando che bussi qualcuno con buone nuove. Poi la svolta. La buona notizia. La notizia che si diffonde incontrollata in attesa del sì ufficiale della Farnesina. Proprio come oggi pomeriggio.
«In queste settimane ho vissuto con un peso dentro enorme – racconta Maria Sandra – perché appunto certe sensazioni si possono condividere solo con chi le ha provate, come Rossella e la sua famiglia». Il ritorno alla normalità qui nella campagna fiorentina è stato duro: «Non ho ripreso a lavorare, non so se lo farò per settembre. Ora certo esco, sto tra la gente, ma dopo un po’ non ce la faccio, mi gira la testa. Non so se ripartirò per quei Paesi, ma penso proprio di no. Ora però scusate voglio sapere di più su Rossella, chiamo la Farnesina. E grazie per la telefonata».