L’ambientazione – direttamente dal salotto con camino del suo cottage nel New Hampshire, dove si è ritirato per il weekend – è la stessa in tutte e cinque le interviste. Stesse risposte e stesse domande. Anzi, per meglio dire, la vera grande domanda su cui si gioca a due mesi dal voto il confronto elettorale, e a cui Romney suo malgrado ha dovuto rispondere, è: «Ma lei, caro signor aspirante repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ha lasciato la Bain Capital, la società di consulenze da lei fondata, nel 1999 o nel 2002?».
Romney sostiene nel 1999. Lo ha sostenuto durante tutta la campagna delle primarie repubblicane, quando era stato lo sfidante Newt Gingrich a mettere in dubbio la moralità del suo operato come CEO del fondo d’investimenti con sede a Boston. Ora è Obama a farsi sotto: il presidente degli Stati Uniti è tornato a chiedere chiarezza sul ruolo di Romney alla Bain, dopo che un’inchiesta bomba del Boston Globe ha portato a galla alcuni documenti della Commissione Titoli e Scambi (SEC) conservati dalla società e un Financial Disclosure Statement (FDS: una dichiarazione dei redditi obbligatoria, negli Usa, per chi ricopre incarichi pubblici) firmato da Romney, secondo cui sarebbe stato «azionista unico, presidente e CEO della Bain Capital» fino al 2002. Tanto per la cronaca, i due corrispondenti da Washington a cui è affidata l’inchiesta si chiamano Christopher Rowland e Callum Borchers: quest’ultimo un neo-laureato in giornalismo, classe ’87 (qui trovate il suo blog).
«Tutte falsità», per Romney. Ma perché poi la rivelazione avrebbe tutta questa importanza? Perché, se Romney rimase davvero proprietario del 100% della Bain, un fondo di private equity da 66 miliardi di dollari in asset, dopo il 1999, allora fu lui a ordinare le operazioni con cui, a partire da quell’anno, il fondo acquistò una serie di aziende in difficoltà per portarle alla bancarotta, smembrarle e venderne i pezzi con il massimo profitto e licenziamenti di massa. Ma c’è un altro aspetto che influenzerebbe ancor più gli elettori. E cioè che, se le rivelazioni del Boston Globe sono, come sembra, veritiere, Romney avrebbe mentito prima ancora di iniziare la campagna per le presidenziali.
Non che quel “cattivone” di Mitt non sia abituato a vedersi fare i conti in tasca dai media. Vanity Fair (proprio così!) ha rivelato che non solo il businessman sarebbe «il primo presidente degli Stati Uniti ad avere un conto in Svizzera», come disse già Gringrich, ma anche il primo ad averne uno alle Bermuda. Pare infatti che, il giorno prima di essere eletto governatore del Massachussets, il 1 gennaio 2003, Romney avesse trasferito una sua società con sede nel noto paradiso fiscale a una blind-trust di proprietà della moglie. Poi ci sono le isole Cayman, dove la Bain Capital controlla almeno 138 fondi, in 12 dei quali Romney avrebbe ancora interessi per un totale di 30 milioni di dollari.
Ma a quanto ammonta di preciso il patrimonio del candidato repubblicano? Non si sa. Probabilmente, abbastanza da fare di lui il presidente più ricco di sempre, se dovesse arrivare alla Casa Bianca. Qualcuno dice almeno 250 milioni di dollari: la cifra essatta, però, è sconosciuta, perché Romney continua a rifiutarsi di rendere pubblica la propria dichiarazione dei redditti per il 2012. Lo ha fatto, dopo molte pressioni, con quella del 2010, dopodiché a gennaio ha pubblicato una stima per il 2011. Basta.
Altro? Nel periodo sotto la lente dei media, il ’99-2002, il fondo creato da Romney e Bill Bain ha delocalizzato selvaggiamente in Cina e in Messico, un aspetto su cui Obama non si stancherà mai di calcare la mano. Nel 2001, inoltre, la Bain chiuse due acciaierie a Kansas City e a Georgetown, in South Carolina, licenziando oltre un migliaio di lavoratori. Si aggiunga che dal 2006 la compagnia è uno dei principali operatori nel settore sanitario, con l’acquisto del gigante privato Hospital Corporation of America, ed ecco il quadro completo del “nemico ideale” di Obama.
È tutto? Beh, volendo, ci sarebbe anche un’indagine compiuta da Bloomberg in un numero molto discusso su “l’impero economico dei Mormoni”, l’organizzazione religiosa in cui Romney ricopre un posto di rilievo. La cosiddetta Chiesa dei Santi dell’Ultimo Giorno (a cui gli adepti sono tenuti a versare il 10% delle loro entrate annue: con questi soldi, l’organizzazione ha di recente inaugurato a Salt Lake City un tempio costato la bellezza 2 miliardi di dollari) ha ricevuto “in dono” da Romney nel corso degli anni oltre 3 milioni in azioni Burger King e Domino’s Pizza. Donazioni esentasse, naturalmente, perché a scopo religioso. Il punto è: da presidente degli Stati Uniti, Romney sarebbe comunque sottoposto al suo attuale “profeta” e supremo capo spirituale Charles S. Monson? E nel decidere della riforma sanitaria nazionale, non rischierebbe di farsi influenzare dai suoi vecchi amici della Bain Capital, da lui fondata e da cui continua a essere pagato oltre 100mila dollari al mese? Quanto alle politiche fiscali, possiamo lasciarle all’immaginazione.