Ora la Spagna lo ammette: siamo sull’orlo del baratro

Ora la Spagna lo ammette: siamo sull’orlo del baratro

Madrid ha alzato bandiera bianca. «Non ci sono più soldi per i servizi pubblici e senza gli acquisti di titoli di Stato effettuati dalla Banca centrale europea, La Spagna sarebbe collassata». Il ministro iberico del Bilancio, Cristóbal Montoro, non ha usato mezzi termini per descrivere di fronte al Parlamento la situazione che sta vivendo la Spagna. Ufficializzata la richiesta di sostegno finanziario per il sistema bancario, Madrid ora attende l’Eurogruppo di domani per capire in che modo potrà ottenere i fondi, senza i quali il collasso sarebbe inevitabile.

«Stiamo vivendo il peggior momento della nostra storia». Le parole pronunciate da Montoro sono risuonate nel Parlamento spagnolo con una potenza finora mai osservata. Poche settimane fa il premier Mariano Rajoy aveva specificato che questa crisi era la seconda depressione dopo la Seconda guerra mondiale. La reazione dei mercati fu tiepida. Tutto il contrario di oggi. Il discorso del ministro del Bilancio spagnolo ha fatto sentire il suo peso sugli investitori, che dopo le prime frasi hanno invertito la tendenza con cui era iniziata la mattinata. Il declino dei rendimenti dei bond governativi iberici decennali è stato annullato e questi hanno sorpassato, sul mercato obbligazionario secondario, ancora una volta quota 7 per cento.

Il pericolo di un avvitamento delle situazione è reale. Lo ha ammesso il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schäuble. Nel giorno in cui il Bundestag, il Parlamento federale tedesco, ha ratificato il pacchetto di aiuti verso gli istituti di credito iberici, Schäuble ha rimarcato che «sono emersi dubbi sulla reale capacità della Spagna a risolvere i problemi del sistema bancario senza mettere a rischio la solvibilità delle finanze pubbliche». In altre parole, l’Europa corre il rischio di dover attivare uno scudo ben più potente di quello che è stato attualmente individuato. Del resto, secondo l’ultimo rapporto del Banco de España, l’esposizione delle banche spagnole al mercato immobiliare continua a essere elevata: circa 600 miliardi di euro. In aumento i crediti dubbi, in diminuzione la raccolta, quasi completamente inariditi i canali di funding sul mercato interbancario. La Banca dei regolamenti internazionali (Bri) ha spiegato che, rispetto a un anno fa, i prestiti degli istituti di credito mondiali verso la Spagna si sono ridotti di 27 miliardi di dollari. Troppo. Osservando la dinamica del funding del sistema bancario iberico, si evince che quando Montoro spiega che senza la Bce la Spagna sarebbe già saltata, ha ragione.

Come spiega il documento discusso dal Bundestag in questi giorni e diffuso ai giornalisti (una copia è in fondo all’articolo, ndr), l’esborso finanziario sarà di 100 miliardi di euro. Questo avverrà tramite il fondo salva-Stati temporaneo European financial stability facility (Efsf), che però non avrà solo il compito di ricapitalizzare le banche spagnole. Come previsto dalle linee guida del fondo stesso, avrà anche la facoltà di comprare bond sia sul mercato obbligazionaro primario (le aste dirette del Tesoro, ndr) sia su quello secondario. Pronta è stata la risposta della Commissione europea. «Nessuno ha mai parlato di acquisto dei bond spagnoli tramite il fondo Efsf», ha affermato Simon O’Connor, portavoce del commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn.

Domani si terrà l’Eurogruppo per decidere in che modo dovranno essere erogati gli aiuti. Doveva essere una riunione vis-à-vis, ma alla fine si è deciso di optare per una teleconferenza. Due sono i punti principali su cui verterà: modalità dei versamenti e condizioni a cui sarà sottoposta Madrid per avere accesso ai fondi per la ricapitalizzazione delle banche. Alcuni dettagli ci sono già, come spiegato nel memorandum. I prestiti avranno un tasso d’interesse del 3%, durata di 15 anni e un grace period di dieci anni. Come ha specificato oggi O’Connor, i 100 miliardi di euro saranno esclusivamente utilizzati per sostenere il sistema bancario iberico. Eppure, sul memorandum su cui si sono confrontati i parlamentari tedeschi, è scritto nero su bianco che l’Efsf potrà agire come veicolo di acquisto titoli. Come spiegano fonti della Commissione Ue a Linkiesta, «questo passaggio rientra nella dialettica fra Efsf e Bce, che durante l’ultimo Eurogruppo ha aperto alla possibilità di effettuare acquisti di bond tramite il fondo stesso». In altre parole, l’Efsf agirebbe in nome e per conto dell’istituzione monetaria di Mario Draghi, nel caso ce ne fosse bisogno. Una specie di scudo anti-spread, quindi.

La prima tranche degli aiuti, 30 miliardi di euro, arriverà entro fine mese. Servirà a ricapitalizzare Bankia, la banca che ha aperto il vaso di Pandora del sistema bancario iberico. Poi, le altre tranche saranno versate entro la fine dell’anno e avverranno tramite nuove emissioni del fondo Efsf, come accaduto in precedenza per Grecia, Irlanda e Portogallo. La potenza di fuoco iniziale, tuttavia, si è notevolmente ridotta. Dei 440 miliardi di euro di dotazione originaria, circa 220 sono già stati spesi per sostenere Atene, Dublino e Lisbona. «Difficilmente saranno usati più di 150 miliardi di euro: 100 per le banche e circa 50 per l’acquisto di bond sui mercati», ha spiegato una nota di UBS, che si attende un’attivazione dell’Efsf come scudo anti-spread a partire da inizio settembre. Poi, arriverà il fondo salva-Stati permanente, lo European stability mechanism (Esm), che ha risorse fino a 500 miliardi di euro.

Prima che lo Esm sia attivo, tuttavia, occorre che la Corte costituzionale tedesca dia il suo responso. Questo è atteso per settembre e non dovrebbero esserci sorprese. «In tempo per il periodo più pesante per le tesorerie di Italia e Spagna, lo European stability mechanism sarà effettivo e pronto a intervenire», fa notare la banca transalpina Société Générale. Ma per attivarlo, dovrà arrivare una richiesta formale da parte del governo del Paese in difficoltà, che dovrà firmare un memorandum of understanding come quello che ha siglato Madrid dopo l’ultimo Consiglio europeo, quando chiese ufficialmente gli aiuti europei. Non solo. Come spiegano fonti della Commissione Ue, anche la Spagna potrebbe essere costretta a una doppia richiesta, e quindi a un doppio memorandum of understanding: uno per la ricapitalizzazione delle banche, uno per lo scudo anti-spread. Il portavoce O’Connor ha detto che questo potrebbe essere lo scenario di base, ma i dettagli saranno discussi solo nella teleconferenza di domani.

Nel frattempo, la Spagna continua a soffrire sui mercati obbligazionari. Oggi il Tesoro iberico ha collocato 2,982 miliardi di euro, poco meno del massimo offerto, tre miliardi. Tre anche le scadenze dei bond. Per l’obbligazione più vicina, 2014, il rendimento è passato dal 4,335% dell’asta precedente al 5,204% di quella odierna. Ma a stupire è stato il calo del bid-to-cover, ovvero il rapporto fra quantitativo offerto durante il collocamento e la domanda degli investitori, passato dal 4,26 all’1,90 di oggi. Meglio non è andata per i bond con termine nel 2017: rendimento salito fino al 6,456% dal precedente 6,072% e bid-to-cover in calo a quota 2,10 dal 3,44. Peggio, infine, per le obbligazioni con scadenza 2019. In questo caso il tasso d’interesse è stato del 6,701%, in netto rialzo dal precedente 4,832%. Anche in questo caso, la domanda è calata: si è passati da un bid-to-cover del 3,27 al 2,90. «Il timore che Madrid possa perdere l’accesso ai mercati obbligazionari è aumentato», ha commentato Deutsche Bank.

La brutta performance di Madrid non ha stupito eccessivamente i mercati finanziari. Le attese, infatti, erano per ulteriore sofferenza dopo gli ultimi collocamenti. Del resto, il governatore del Banco de España, Luis María Linde, lo aveva detto la scorsa settimana: «La Spagna rischia molto in queste aste estive, dato che i volumi sono ridotti e, di conseguenza, la volatilità molto più elevata del solito». In pratica, il preludio alla prima attivazione del meccanismo anti-spread dell’eurozona.  

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