Niente sui giornali francesi, pressoché ignorata dal sito del Financial Times, mentre da Bruxelles erano incuriositi che un appello congiunto di Madrid, Roma e Parigi fosse uscito su un’agenzia francese per essere ripreso da quelle italiane. Intanto ci si alambiccava: cosa stanno dicendo le tre capitali latine con la loro richiesta congiunta di attivare subito lo scudo anto-spread? Vogliono che finalmente si metta mano alle specifiche dell’accordo dei 29 giugno, quella che dovevano essere messe nero su bianco nell’Eurogruppo del 9 luglio e che ancora mancano dopo i mal di pancia tedeschi e nordeuropei? Oppure, ma l’ipotesi era molto più azzardata, stanno parlando a Draghi, senza mai citarlo, per dirgli che in sede di consiglio Bce la Francia sta con i latini e quindi, se si volesse davvero andare avanti con un quantitative easing, le riottosità della Bundesbank sarebbero isolate?
Non c’è stato il tempo di cercare di capire che è arrivata la smentita. «È una pura invenzione, siamo a bocca aperta», ha detto Parigi, mentre Roma esprimeva “stupore” per l’iniziativa comunicata dal ministero degli Esteri spagnolo. Insomma se l’Europa voleva farsi del male da sola, se voleva mostrare i suoi nervi scoperti, non poteva fare di meglio. In una giornata come questa con lo spread che tocca 535 mentre il rendimento del decennale viaggia attorno al 6,55%, entrambe pericolosamente vicini a soglie esiziali, questo surreale balletto è l’ultima cosa di cui c’era bisogno. Come se di credibilità da spendere ne sia rimasta ancora, dopo anni di governi che prima smentiscono di avere bisogno di aiuti e poi li concordano con Bruxelles. Dopo estenuanti meeting sempre descritti come cruciali ma da cui poi escono solo piccole toppe. Dopo che l’approccio è sempre e solo quello descrito in un recente articolo del Bruegel, il think tank fondato da Monti, quello dei pompieri che devono spendere un incendio, piuttosto che quello degli ingegneri che devono costruire e puntellare un edificio.
Il punto non è solo di provare a mettersi nei panni di chi deve prestare soldi a un continente messo in queste condizioni. Ma è anche quello di smentire quella serie di libri e pubblicazioni che in tempi recenti hanno paragonato questo periodo a quello precedente la prima guerra mondiale: nessuno la voleva, tutti dicevano che non aveva senso, che avrebbe fatto solo del male a tutti.
Che poi l’impazzimento di oggi sia nato in Spagna può fare sorridere e dare ulteriore vigore all’idea di un’Europa sull’orlo di una crisi di nervi. Mercati impazziti, dove lo scandalo Libor è la ciliegina sulla torta di un sistema finanzario fuori controllo, hanno portato al definitivo impazzimento della politica, dopo che già da anni stava dando il peggio di sé? A questo punto sorge un dubbio: quando il grande antropologo americano Stephen Jay Gould diceva che se dovessimo riavvolgere il film della storia e riproiettarlo di nuovo vedremmo una diversa pellicola, forse questo forse non vale per noi europei. In questo quadro, con queste classi dirigenti, con questa Europa, gli esiti sarebbero sempre gli stessi. Ora però facciamo un ciak e cerchiamo da domani di girare scene diverse. Se evitiamo l’avanspettacolo di giornate come oggi ce la possiamo ancora fare. Prima che il tutto si trasformi in un horror di scarsa qualità.