Rivoluzioni e media, al Cern in scena il reality della scienza

Rivoluzioni e media, al Cern in scena il reality della scienza

La scoperta della particella di Higgs è una straordinaria metafora per leggere il tempo che viviamo. L’intuizione, risalente al 1964, di un fisico brillante detta alcune linee di ricerca, economicamente molto impegnativi e che durano anni e anni, portate avanti da importanti gruppi di ricerca internazionali, in una cornice che include collaborazione e competizione.

Il Cern infatti è un centro europeo che, in competizione prima di tutto con il Fermilab di Chicago, è costituito da una ricca rete di “collaborazioni”, che dalla sede centrale di Ginevra si diramano in diverse università e centri un po’ ovunque nel mondo.

L’annuncio della scoperta avviene mediante un seminario, distribuito sulla rete attraverso webcast, a cui vengono invitati studiosi da tutto il mondo insieme a giornalisti. Non è mancata neppure la ormai inevitabile fuga di notizie, quando sul sito del Cern per errore è comparso un frammento di video dove Incandela annunciava i risultati degli esperimenti con due ore di anticipo sull’annuncio ufficiale; il video è subito stato tolto dalla rete. Di evento mediatico, preparato con cura da settimane, si tratta. Il modello sono le grandi presentazioni di Steve Jobs, quando alla Apple svelava al mondo le sue meravigliose innovazioni. Con uno stile sobrio – quello dei fisici e non quello di Steve Jobs – vengono finalmente presentati, attraverso slide, grafici e cifre, i risultati che confermano la scoperta. L’obiettivo non è solo quello di ottenere fama e notorietà, ma di garantire i finanziamenti per i prossimi anni. Pubblici e privati.

Non si tratta, semplicemente, di un evento scientifico. È molto di più. È un vero media event: dove il pubblico è chiamato a assistere e a ratificare lo spostamento irreversibile dei limiti del conoscibile e del fattibile. I giornalisti sono invitati, la rete allertata. Cruciale, in questo schema, è essere riusciti ad invitare colui che aveva avuto l’intuizione quasi mezzo secolo fa. Per fortuna, Higgs è ancora vivo e la sua presenza colora di umanità una straordinaria, ma fredda, scoperta scientifica. La storia del genio che si fonde, ancora una volta, con la sistematicità della ricerca scientifica. Alla fine della presentazione, scatta l’applauso e, per il vecchio Higgs, l’emozione diventa incontenibile fino ad arrivare alla lacrime. Per i giornalisti, le lacrime di colui che per primo ha aperto la strada sono – come quella della Fornero – oro.

Il rilancio mediatico è immediato e potentissimo. Nel giro di poche ore centinaia di milioni di abitanti del villaggio planetario vengono informati, o almeno sentono parlare, della “particella di Dio”. La denominazione indubbiamente è evocativa. Alcuni leggono qualche articolo di approfondimento, certo un minoranza rispetto ai più, che si accontentano di sapere che adesso tutto è finalmente chiaro.

La rapidità con cui la notizia fa il giro del mondo non va né demonizzata né sottovalutata. Si tratta di un risultato importante se si pensa che, quando Alessandro Volta realizzò i primi esperimenti sulla pila, ci vollero molti anni prima che la cosa cominciasse a circolare. L’opinione pubblica mondiale ê attraversata da una emozione profonda, quasi un piccolo terremoto.

Il dibattito tra scienziati, filosofi, teologi parte immediatamente e a mettersi in evidenza sono le posizioni più provocatorie. È la legge dell’audience, che ama la polemica. A stimolare le profondità della nostra psiche collettiva ê quel nomignolo che ormai da anni si ê appiccicato all’oggetto di questa nuova ricerca scientifica chiamata “particella di Dio”. Dunque, è lecito porsi la questione: abbiamo forse finalmente scoperto chi è Dio? Oppure, possiamo finalmente dire che Dio altro non ė che una microparticella? Il termine, apparentemente neutro, porta con sé una serie di implicazioni tacite: la divisibilità, la natura materiale, la conoscibilità.

Nel frattempo, nel mondo della ricerca scientifica la sfida è già rilanciata, anche perché la scoperta annunciata ha sorprendentemente portato alla luce anche dei risultati inattesi. Alcuni elementi osservativi – come il fatto che ci sono più eventi del previsto – fanno riflettere e pongono nuovi interrogativi di ricerca. Si tratta della componente mancante del Modello Standard o è qualcosa di diverso? Tanto che il direttore del Cern Rolf – Dieter Heuer conclude dicendo che si tratta di «una pietra miliare, ma non è che l’inizio dell’avventura», anche perché, come i fisici sanno, allo stato attuale, si conosce solo una modestissima quota della materia che compone l’universo (che gli stessi fisici stimano essere inferiore ala 5%).

Pur trattandosi di un importante passo in avanti, questo risultato pone tutta una serie di nuove domande a cui la particella Higgs non può rispondere. Tutto, però, lascia presagire che sia solo una questione di tempo.

Nel frattempo si avvia la macchina che porterà a includere anche questa scoperta nel bagaglio condiviso della nostra conoscenza contemporanea. Anche i libri di testo scolastici dovranno essere aggiornati. Il sistema culturale è già in moto, a partire dal ruolo potentissimo svolto dai media, che hanno bruciato la notizia in un giorno.

Intuizione e organizzazione. Conoscenza scientifica e mistero. Informazione e ignoranza. Certezza e dubbio. Al di sotto della impressionante crosta sociale nella quale restano imprigionate, queste polarità antropologiche riaffiorano, in qualche modo sorprendendoci. Al fondo, infatti, si rinnova l’antico dibattito sulla nostra condizione umana. Da un lato, il materialismo contemporaneo ha oggi al suo arco frecce potenti, laddove ha buon gioco nell’affermare che la materia, essendo pregna di energia, è perfettamente in grado di spiegare quei fenomeni che nel passato sembravano dover essere rubricati nella categoria dello spirito. Ciò costringe ad una torsione intellettuale chi parla di spirito, il quale può oggi trovar confermata l’idea che non c’è materia che non sia innervata di uno spirito vitale, facendo tornare attuale l’opera di Teilhard de Chardin che aveva aperto prospettive inedite nella storia del pensiero religioso.

In mezzo, ci stanno i milioni di cittadini che, in una solitudine quasi perfetta, si trovano a dover dare un senso anche alla “particella di Dio”. In questa prospettiva si arriva all’ultimo passo di questa avvincente ricostruzione, che consiste nel prendere atto della sproporzione costitutiva che caratterizza le forme sociali contemporanee tra la potenza dei sistemi tecnici e mediatici e la nostra capacità, come persone e come comunità, di darci il tempo e le forme per fermarci a riflettere. E capire.

In L’Uomo è antiquato, Gunther Anders parlava di “dislivello prometeico” per indicare il continuo ritardo tra lo sviluppo tecnico-scientifico e la nostra struttura antropologica che, con questo progresso, deve poi fare i conti. Di fronte ad un annuncio tanto formidabile, è questo il brivido che corre oggi lungo le nostre schiene. 

* Preside della Facoltà di Sociologia, Università Cattolica di Milano