Samantha voleva fare l’astronauta e c’è riuscita

Samantha voleva fare l’astronauta e c’è riuscita

Volare alto, anzi, altissimo, senza dimenticare mai di tenere sempre i piedi saldamente piantati a terra. Non è un paradosso, non è un gioco di parole, ma il mantra di chi ha imparato che con sacrificio, lavoro e determinazione nemmeno il cielo è più un limite. Perché, a quanto pare, “sky is NOT the limit” per chi lo vuole veramente. A dimostrarlo c’è la storia di Samantha Cristoforetti, che a soli 33 anni è diventata astronauta, la prima e unica donna in assoluto nella storia d’Italia, attualmente anche l’unica in forza all’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea. Dopo Guidoni, Vittori, Malerba & co., ora tocca a lei indossare la tuta con il tricolore cucito sulla spalla. Samantha è nata il 26 aprile del 1977, a Milano, ma è sempre vissuta nel piccolo borgo trentino di Malè, in Val di Sole, paese d’origine della sua famiglia. E’ una con la classica faccia da “ragazza della porta accanto”, che ama fare escursioni a piedi, immersioni, esplorare grotte, il nuoto, la corsa, sollevamento pesi e yoga. Ma anche le lingue straniere, la lettura e il ballo. Il curriculum e la grinta, però, sono quelli di una che chiusa buona buona dietro quella proverbiale “porta accanto” non riuscirebbe a stare nemmeno cinque minuti.

Per il momento, tra una sessione di addestramento, un’intervista e una lezione agli alunni di qualche scuola su e giù per lo Stivale, per spiegare come fare l’astronauta da grande possa essere molto più di un semplice sogno, Samantha è ancora in attesa della sua prima missione in assenza di gravità. Ma lei non sembra avere fretta, visto che finora non c’è stato nessun traguardo che non sia riuscita a tagliare, con la giusta alchimia di pazienza e cocciutaggine ben dosate e mescolate.
Se le si chiede com’è cominciata la sua avventura risponde con la stessa pacata tranquillità di chi vi spiega perché ha deciso di iscriversi al liceo classico piuttosto che allo scientifico, o perché preferisce il mare alla montagna: «Ho un po’ subito il fascino dell’esplorazione spaziale già quando ero molto piccola – racconta – Forse a farmi sognare lo spazio sono state le lezioni dei miei insegnanti, forse un po’ la lettura, forse un po’ la fantascienza. Un po’ mi ha aiutata anche la fortuna di crescere in un paese piccolo, dove i bambini hanno la libertà di esplorare, di crescere in autonomia». Eh già, come se entrare nell’olimpo degli indomiti avventurieri siderali sia davvero una cosa facile.

A onor del vero, quelle mostrine da astronauta se l’è guadagnate sul campo ben prima di ricevere la telefonata dell’Esa. I suoi esordi li racconta così: «Il mio percorso è stato un po’, se vogliamo, atipico. Perché io ho iniziato con un percorso universitario, quello di ingegneria meccanica, poi aerospaziale, all’estero, in Germania». Samantha si diploma infatti nel 1996, quando l’ingresso delle donne nelle forze armate è ancora di là da venire. Quattro anni buoni. Finché, nel 2000, viene per l’appunto consentito l’accesso ai concorsi per le Forze Armate anche alle donne. «In quel periodo stavo finendo gli studi – dice Samantha, che si laureerà nel 2001 – Poi quindi partecipato al concorso per l’Accademia dell’aeronautica, e ho avuto la fortuna di essere ammessa».
Samantha Cristoforetti “atterra” dunque all’Accademia di Pozzuoli, dove si diploma nel 2005. Anche durante la permanenza a Pozzuoli dimostra di non essere un cadetto come tutti gli altri: presta servizio come “class leader”, poi le viene assegnata la Spada d’Onore per il miglior risultato accademico, come prima del suo corso, davanti a tanti colleghi maschi. Alla fine, con le mostrine da ufficiale appuntate all’uniforme, inizia la formazione e l’addestramento ai comandi di alcuni tra i principali velivoli in dotazione all’Aeronautica Militare Italiana, maturando oltre 500 ore “con la testa tra le nuvole”, nel vero senso della parola, e conseguendo il titolo di volo di ‘Best Wingman’ durante l’addestramento con il T-38. Sempre davanti a tutti, compresi tanti commilitoni maschi. Alla faccia di chi, neanche dieci anni prima, le donne in uniforme non le avrebbe mai volute.

Tutto questo macinare record e riconoscimenti dura fino al 2009, quando dall’Esa arriva la proposta di abbandonare la cloche del suo bombardiere per volare ancora più in alto, ancora più lontano. Praticamente in un altro mondo. «Ero proprio all’inizio della carriera operativa quando si è presentata questa occasione di partecipare alla selezione per quattro astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea» racconta. «Opportunità come queste capitano una volta nella vita: l’occasione la dovevo cogliere, pur sapendo di dover rinunciare alla carriera operativa».
Per lei il cielo non è più un limite già da tempo. Presto diventerà “soltanto” un altro traguardo tagliato. Ma il fatto di aver realizzato quello che per tanti altri (per quasi tutti, a dire il vero) rimarrà solo un sogno, non le impedisce certo di continuare a sognare. «Mi piacerebbe davvero tanto che lo spazio, diventasse accessibile a tutti, e non fosse più soltanto un privilegio di chi non fa l’astronauta di mestiere». Almeno per l’orbita bassa, aggiunge. E chissà che, presto o tardi, di sogno realizzato Samantha non possa vedere anche questo, assieme a tutti gli altri che già è riuscita a trasformare in realtà.
 

(prima pubblicazione, 3 aprile 2011)

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