Scorrendo alla lettera “t”, della parola “tongzhi”, “gay” in cinese, nella nuova edizione del dizionario contemporaneo non c’è neanche l’ombra. Forse perché quella stessa parola nella lingua del Dragone significa anche “compagno”? Secondo quanto riferisce la BBC, Jiang Lansheng, uno degli autori del tomo, avrebbe dichiarato che la parola è stata volontariamente rimossa per evitare di favorire l’uso del termine “omosessuale” nel significato colloquiale. Così molti pensano che con questa mossa si sia voluto cancellare il collegamento tra i “compagni” e i gay.
«Si può usare la parola in qualsiasi significato si voglia, ma non la introdurremo in un dizionario standard perché non vogliamo promuovere queste cose», ha detto dagli schermi della televisione cinese il linguista. In cinese omosessuale si dice “tongxinglian” e compagno si dice “tongzhi”, ma si usa molto di più il secondo, che è il più diffuso e non porta accezioni offensive.
In Cina l’omosessualità è legittima dal 1997 e negli ultimi 15 anni la causa omosessuale ha fatto notevoli passi avanti nel Paese, tanto che anche “tongzhi” ha cambiato uso ed è entrato nel lessico comune.
Letteralmente, “tongzhi” significa “stessa volontà”. Un’espressione che ha fatto parte del cinese parlato per decenni, acquisendo notevole importanza soprattutto nell’era maoista. Come spiega Ding Xueling, professore di scienze sociali di Hong Kong, «veniva usato a Hong Kong e Taiwan per prendere in giro la terminologia comunista della Cina continentale. I leader cinesi, infatti, tra di loro si chiamavano ‘tongzhi’. È chiaro quindi – aggiunge il professore – che il governo non abbia voluto includere l’accezione nel dizionario». Ma le associazioni in difesa dei diritti civili e politici hanno già criticato la scelta.