Una botte di ferro. L’unico rischio del conto deposito, come si legge nel prospetto informativo, è quello di controparte, cioè l’eventuale fallimento della banca. Ma niente paura: fino a 100mila euro i risparmi sono garantiti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. Premessa: essendo giornalisti finanziari e non consulenti, le righe che seguono non vanno interpretate come consigli d’investimento ma come un approfondimento non esaustivo della tematica.
Nell’ultimo anno gli istituti di credito hanno puntato moltissimo su questo prodotto – diventato popolare con la crisi americana del 2008 – con campagne pubblicitarie martellanti, sia per ottenere mezzi freschi ai fini delle regole di Basilea III che per diversificare le proprie fonti di finanziamento a breve termine, senza abusare del canale Bce. Un aspetto evidenziato anche dall’ultimo bollettino mensile di Eurotower, relativo a giugno: «Il tasso di crescita annuale dei depositi a breve termine diversi dagli overnight è salito del 2,7% nel primo trimestre del 2012, rispetto al 2,3% dell’ultimo trimestre 2011. […]. Ciò riflette il tentativo, da parte delle istituzioni finanziarie in alcuni Paesi dell’area euro, di attrarre depositi stabili offendo tassi d’interesse interessanti».
Mediolanum, Banca Ifis, Banca Sistema sono alcuni istituti che propongono rendimenti lordi che superano il 4%, in cambio di una giacenza superiore a 18 mesi e liquidazione alla scadenza (alcune offerte prevedono una cedola trimestrale, anche anticipata). Il conto deposito è più sicuro rispetto, ad esempio, ai pronti contro termine, prodotto equiparabile anche in termini di rendimento, che però non gode della tutela del Fondo interbancario in caso di default dell’emittente. È inoltre accessibile pressoché a tutti, avendo una soglia d’ingresso minima che nella maggioranza dei casi è pari a mille euro, ed è piuttosto flessibile, da tre a ventiquattro mesi.
Tuttavia, non va considerato come uno strumento d’investimento,ma di mera salvaguardia del potere d’acquisto dei propri risparmi. «Se un bar acquista il caffè a 1 euro e lo rivende a 50 cent, il suo business quanto può durare?». Un operatore del settore sintetizza così i rischi del conto deposito. Per fare bene il loro mestiere, le banche devono prestare a un tasso più alto rispetto a quello corrisposto ai clienti sui conti deposito. In caso contrario stanno lavorando in perdita, il che non è ovviamente sostenibile sul lungo periodo.
Esempio: Mediolanum, una delle banche commercialmente più aggressive sui conti vincolati, offre ai nuovi clienti un tasso del 4,25% lordo, da un lato incassando uno spread del 2,6% su un mutuo ventennale da 130mila euro a tasso variabile, e dall’altro guadagnando però sui finanziamenti alla clientela, sui quali applica un tasso del 7,6% (offerta Maxicredit). L’ultima trimestrale dell’istituto guidato da Ennio Doris ne evidenzia l’uso massiccio: «Il saldo degli impieghi alla clientela cresce a 4.669,3 milioni di euro rispetto a 4.067,3 al 31 dicembre 2011, principalmente per effetto dell’incremento delle operazioni di denaro caldo (+122 milioni di euro) […]». I depositi vincolati sono raddoppiati in un anno: dai 213 milioni di euro del 31 marzo 2011 ai 411 milioni di dodici mesi dopo.
C’è poi la questione del sottostante. Per assicurare al cliente la restituzione del capitale più gli interessi la banca solitamente investe in Ctz oppure in covered bond, cioè titoli di debito garantiti da mutui immobiliari. Non è il caso di Banca Ifis, uno degli istituti che negli ultimi anni ha puntato con più convinzione sul conto deposito, attraverso Rendimax. Dall’istituto veneziano spiegano che la remunerazione deriva dal differenziale tra gli interessi corrisposti alla clientela e le commissioni sui servizi di factoring e di finanziamento alle Pmi, che rappresentano il 90% della raccolta.
Spulciando i conti dell’ultimo trimestre, si scopre che i debiti verso la clientela sono saliti a 5 miliardi di euro (+226,1% rispetto al 31 dicembre 2011) per via del «successo della raccolta retail tramite il deposito on line, rendimax», tanto che i depositi sono saliti a quota 2 miliardi di euro (+28,9% rispetto alla fine del 2011). Il problema è che a crescere, ben del 20%, sono anche le attività deteriorate nette, pari a 333 milioni di euro a fronte di un patrimonio netto di 196 milioni.
Un’altra realtà specializzata nei depositi vincolati è Banca Ibl. “ContosuIbl Vincolato” prevede un versamento minimo iniziale di 5mila euro e una giacenza minima di mille euro. Se si vincola per almeno un anno e fino a 24 mesi il rendimento lordo sale al 4,5%, ma al netto della ritenuta fiscale del 3,6 per cento. La garanzia ai clienti, dicono dalla banca romana, deriva dalla solidità del core business dei finanziamenti professionali e cessione del quinto. Invece, il tasso annuo effettivo di Banca Marche per una giacenza minima di 5mila euro per un periodo di due anni è del 4,49%, ma l’imposta di bollo è a carico del cliente, al contrario di quanto avviene nella maggior parte dei casi. Addirittura SIconto! di Banca Sistema offre il 5,4% lordo, alla scadenza, a chi si impegna per almeno tre anni, senza soglia d’ingresso minima né massima.
Al netto dell’inflazione, a giugno salita al 3,3% su base annua, dei rendimenti mirabolanti promessi rimane ben poco. Oltretutto sugli interessi maturati, come detto, la tassazione è salita al 20% per effetto della manovra dello scorso agosto (legge 148/2011), il che riduce ulteriormente i margini di guadagno dell’investimento. Se, come si vocifera, la Bce taglierà ulteriormente i tassi, è probabile che l’inflazione salirà ancora. Ammesso che rimanga intorno al 3%, i nuovi clienti che vincolano 10mila euro utilizzando ad esempio Rendimax, e liquidando gli interessi alla scadenza ottengono un netto dell’1,85%, pari a 148 euro l’anno una volta pagate le tasse sugli interessi.
Esattamente il medesimo rendimento dei certificati zero coupon (Ctz) emessi lo scorso 26 giugno dal Tesoro con scadenza al 2014, che in linea teorica sono più rischiosi (non essendo coperti dal Fondo di garanzia) ma qualcosina in più rispetto ai Buoni fruttiferi postali indicizzati all’inflazione, che dopo 18 mesi rendono circa l’1,5% netto. Più che un investimento, quindi, il conto deposito è una cassaforte per preservare il valore reale dei propri risparmi, da scegliere con un occhio di riguardo ai fondamentali della banca che lo propone.
Twitter: @antoniovanuzzo