«Oggi lo scontento contesta davanti al pc, raccogliendo firme virtuali e spedendole, virtualmente, alle istituzioni. È tutta una creazione intangibile del dissenso». Piuttosto, scriveva qualche mese fa Marcello Frigeri, «il popolo deve riversarsi furioso nelle piazze e pretendere la testa dei grandi re». Già, ma chi è questo Frigeri, novello agitprop così ostile e dubbioso nei confronti della democrazia digitale? Sorpresa: è il nuovo portavoce del sindaco di Parma Federico Pizzarotti (assunto per tre anni a 1.600 euro al mese). Sì, è proprio così. L’alfiere del primo vero laboratorio grillino d’Italia ha scelto come megafono del proprio pensiero uno scettico della forza del web. Che è stata l’arma letale del Movimento cinque stelle nella sfida elettorale contro i poteri forti.
Per chi fosse atterrato oggi da Marte: Parma è stata strappata alla vecchia partitocrazia grazie soprattutto al coinvolgimento dei cittadini in Rete. Una maggioranza silenziosa che a forza e-mail, gruppi su Facebook, tweet e video su Youtube, ha creato una massa critica nuova e vincente. In grado di una portare a termine «una rivoluzione culturale unica nel Paese», per dirla con Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio, padri padroni del “movimento tutto in un clic”. Ma Pizzarotti è uno che tira dritto. E così si è preso come braccio destro Marcello Frigeri, 27 anni, già direttore della free press parmigiana Zerosette e collaboratore di Liberacritica.it e Movimento Zero, il pensatoio di Massimo Fini (giornalista scrittore e scenografo da sempre anti modernista e primitivo molto vicino alla nuova destra di Alain de Benoist).
Ed è proprio per il blog di Fini che il portavoce grillino teorizza «i pericoli della democrazia elettronica» in un intervento pubblicato lo scorso gennaio. Scriveva allora Frigeri: «La computer-crazia, ovvero il sistema di controllo del potere da parte del cittadino, non dovrà mai tendere al suo contrario, e cioè il controllo dei sudditi da parte del potere. In un mondo tristemente globalizzato e omologato, internet è il più grande potere di controllo nelle mani del popolo. Ma se nutro certezze nella computer-crazia come sistema governante, al contrario, nutro dubbi nella computer-crazia come sistema governato. L’ipotesi, infatti, che la computer-crazia possa diventare fonte di democrazia diretta mi sembra una eventualità disastrosa». Certo, i grillini sono così contro le ideologie da non stupirsi se uno cambia idea. Ma la storia del portavoce del sindaco più slow d’Italia (43 giorni per formare la giunta tra i pasticciacci dei curricula e dimissioni di un assessore) rimane buffa. E come se Berlusconi avesse fatto ministro della Cultura un ex sindaco comunista di Fivizzano…