La domanda va formulata secca, altrimenti non ha senso: la foto di Serravalle Pistoiese, con i leader di Cgil e Caonfindustria raggianti sottobraccio, è la pietra tombale sulla modernizzazione dell’Italia? Claudio Velardi, polemista doc, la definisce una foto deprimente, peggiore di quella di Vasto, e la titola così: “Uniti per resistere anche al più timido dei cambiamenti”.
In effetti quel che è accaduto sabato sera non ha precedenti. I giornali sono stati fin troppi timidi col numero uno di Confindustria. E l’unica attenuante è che Squinzi non conosca ancora il funzionamento del sistema mediatico. Grave, gravissimo, per il rappresentante degli industriali italiani. Ma che comunque lascia aperto uno spiraglio sulle sue reali opinioni.
Non è la prima volta che Squinzi si lascia andare a un commento sopra le righe. Aveva definito “una vera boiata” la riforma del Lavoro firmata Fornero. Non gli piacevano la mancanza di incentivi per la ricerca, innovazione e per lo sviluppo. Temi peraltro condivisibili, su cui forse avrebbe dovuto battere di più. Così come è condivisibile la presa di distanze da Sergio Marchionne («Io sono per la concertazione, per trovare soluzioni condivise. Lo scontro non è il mio modello»).
Ma ieri ha colpito non poco l’assoluta concordanza di vedute tra la signora della Cgil e il signore degli industriali. Le cronache raccontano di una platea a tratti imbarazzata, incapace di discernere chi tra i due fosse il sindacalista. Quel «sono d’accordo con tutto quello che ha detto la Camusso» a proposito della spending review lascia incredule ancora tante persone. Così come l’uso del termine “macelleria sociale”, probabilmente mai pronunciato finora nella storia di viale dell’Astronomia. Una cosa è la mancanza di incentivi alla ricerca, un altro l’uso del termine macelleria sociale.
Oggi è arrivata la dura replica di Mario Monti che in pratica suggerisce al signor Mapei di fare meglio il proprio lavoro e di curare in maniera proficua gli interessi delle imprese in Italia perché «dichiarazioni di questo tipo fanno salire lo spread e quindi danneggiano gli imprenditori» prima ancora che il Governo. Cui, è bene ricordarlo, Squinzi ha affibbiato un «voto tra il cinque e il sei».
Forse nelle prossime ore arriverà una frenata da parte di Confindustria. Una correzione di rotta. O forse no. Chi scrive è convinto che lui abbia sbagliato a comunicare per una forma di dilettantismo. Squinzi è uomo di sport, sicuramente una persona corretta e onesta e soprattutto un innovatore. Altrimenti non avrebbe messo su un’azienda come la Mapei. Dove si vanta di non aver mai licenziato nessuno. Ma farebbe bene a correggere rapidamente rotta, perché all’indomani di Serravalle viene dipinto come il fondatore del fronte conservativo al fianco di Susanna Camusso. Non c’è nulla di male se un industriale si trova d’accordo con una sindacalista, per carità, ma forse le idee dei due non sono così sovrapponibili come invece appare oggi.