Prima il bailout, poi l’austerity. Lo stesso scenario visto per Grecia, Irlanda e Portogallo, si è oggi ripresentato per la Spagna. Arriveranno 65 miliardi di euro di tagli in due anni e mezzo. «Siamo in mezzo al guado, dobbiamo decidere cosa fare e sono sicuro che tutti gli spagnoli sapranno essere uniti», ha detto il premier Mariano Rajoy presentando le misure di austerity che dovranno riformare il Paese. Il conto dei pacchetti di bilancio lievita quindi a 123 miliardi di euro nell’arco dell’ultimo anno. Prima i 15 miliardi di euro dell’ultimo periodo di José Luis Rodríguez Zapatero, poi i 16 miliardi di sforbiciate alla spesa delle Regioni autonome, infine i 27,3 miliardi di tagli deciso dal governo Rajoy nei mesi scorsi. Tuttavia, come spiegano da HSBC, potrebbe non essere abbastanza per evitare un piano di salvataggio ad ampio spettro e non solo limitato al sistema bancario.
Lacrime e sangue. Alla Moncloa non si nascondono dietro a un dito. Un diplomatico spagnolo, commentando a Linkiesta le azioni del governo Rajoy, non usa eufemismi: «Sangre, esfuerzo, lágrimas y sudor». Del resto, le misure draconiane presentate da Madrid sono diverse: Si va dall’innalzamento dell’Iva di 3 punti percentuali, dal 18 al 21%, probabilmente a partire dal primo agosto, fino alla riforma della pubblica amministrazione. Solo da questa potranno essere risparmiati circa 3,5 miliardi di euro, secondo le stime dell’esecutivo di Rajoy. Niente tredicesima per parlamentari, funzionari pubblici e impiegati statali; riduzione dei giorni di ferie disponibili per gli appartenenti al pubblico settore; taglio del 30% dei consiglieri negli enti locali; sforbiciata ai sussidi di disoccupazione per le nuove richieste; riduzione degli sgravi sulla prima casa. Ecco alcune delle misure contenute nel pacchetto del governo, che ha già ricevuto le critiche dell’opposizione. Il numero uno del partito socialista PSOE, Alfredo Pérez Rubalcaba, ha affermato che si tratta solamente di «misure di austerità e tagli che non porteranno da alcuna parte». Significativo, anche perché deciso su base bipartisan, è stato invece il taglio del 20% delle sovvenzioni verso «i partiti politici, sindacati e organizzazioni imprenditoriali», come sottolineato dal documento dell’esecutivo. «È un gesto su cui nessuno ha discusso perché siamo nel mezzo della voragine e dobbiamo tutti fare uno sforzo per risalire», ha spiegato il premier Rajoy.
La Commissione europea ha comunicato di essere soddisfatta dalle misure prese dal governo Rajoy. Ma ora la questione più importante è capire in che modo arriveranno i fondi per la ricapitalizzazione delle banche spagnole, circa 100 miliardi di euro. Dato per certo che il veicolo con cui saranno introdotti i nuovi capitali è il Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (Frob), nato nel 2009 per ristrutturare il sistema bancario con una dotazione di 90 miliardi di euro. Una prima tranche, i 30 miliardi di euro che saranno versati entro fine mese, vedranno l’utilizzo dello European financial stability facility (Efsf). Quelle successive, invece, saranno con ogni probabilità erogate tramite il nuovo fondo salva-Stati permanente European stability mechanism (Esm), che ha una dotazione massima da 500 miliardi di euro.
Il programma di aiuto verso la Spagna non sarà esente da condizioni a cui il Paese dovrà sottostare. Fra un controllo periodico delle finanze pubbliche, il monitoraggio della supervisione bancaria e le riforme nel pubblico settore, Madrid dovrà sottoscrivere nelle prossime settimane un memorandum sullo stile della Grecia. L’unica concessione è invece sul rientro dei conti pubblici. Nessuno alla Moncloa parla di pareggio di bilancio. L’obiettivo non sarà raggiunto e l’Unione europea ha dato il via libera per una deroga di un anno alla Spagna. Dopo aver permesso la ripetuta violazione dei parametri di Maastricht, ora Bruxelles sta facendo lo stesso con il Fiscal compact.
Diverse critiche alla manovra economica di Rajoy sono giunte dal mondo bancario. Troppo elevato sarebbe infatti il coefficiente recessivo delle misure adottate. Secondo uno studio di HSBC, considerando la sola introduzione della nuova aliquota Iva, è possibile che la contrazione nominale del Pil raggiunga il 3,7% entro al fine dell’anno. Non solo. «Azioni come la cancellazione delle tredicesime aiuteranno a risparmiare a livello centrale, ma abbasseranno il potere d’acquisto delle famiglie spagnole, con la conseguenza che anche il Pil si fletterà», spiegano gli analisti della banca anglo-asiatica. Più si stringe, più l’economia rallenta, avvitando il Paese in una recessione che è stata definita da Rajoy come «la seconda peggiore della storia iberica». Attualmente, le stime della Commissione europea vedono un Pil iberico in calo del dell’1,8% per il 2012 e dello 0,3% nel prossimo anno. Di contro, il rapporto deficit/Pil dall’8,9% fatto registrare nel 2011, si attesterà al 6,4% nel 2012 e al 6,3% nell’anno successivo.
La discussione principale, tuttavia, è su un altro versante. Sembra infatti inevitabile che la Spagna chiederà un bailout totale. Stando agli ultimi dati del Banco de España, l’esposizione delle banche spagnole al mercato immobiliare è ancora aumentata. 608 miliardi di euro, in aumento rispetto alle ultime stime. La scorsa settimana, durante l’Eurogruppo, sono stati controllati dai tecnici della Commissione Ue gli asset deteriorati detenuti in portafoglio dagli istituti di credito coinvolti nello stress test prima della decisione ultima dei ministri europei delle Finanze. E si è scoperto che nella pancia delle 14 banche (Santander, BBVA & Unnim, Popular & Pastor, Sabadell & CAM, Bankinter, Caixabank & Cívica, Bankia-BFA, KutxaBank, Ibercaja & Caja3 & Liberbank, Unicaja & CEISS, B. Mare Nostrum, CatalunyaBank, NCG Bank, B. Valencia) le perdite, in caso di scenario avverso, potrebbero essere molte più dei 100 miliardi di euro finora stimati. Il ministro dell’Economia, Luis de Guindos, ha escluso che possano esserci ulteriori interventi, ma il rapido deterioramento del prezzo degli immobili potrebbe obbligare il Paese a nuove azioni.
Dopo la spending review italiana, anche la Spagna si orienta quindi verso la riduzione della spesa pubblica. E i paragoni sono duri per Roma. Come ha spiegato oggi un’analisi di Lombard Street Research, «gli sforzi di Madrid sono ben più ampi di quelli dell’Italia», sebbene siano «evidenti i rischi legati a un peggioramento della congiuntura economica a causa dell’austerity». Dopo aver chiesto ufficialmente l’aiuto della comunità internazionale, Rajoy ha dato un segnale e ha agito come meglio poteva. Solo il tempo dirà se «sangre, esfuerzo, lágrimas y sudor» basteranno.