Paese strano, il nostro. Dove siamo ormai assuefatti all’ascolto di sterili dibattiti di politica industriale che ruotano attorno alla sola Fiat. Dove le relazioni industriali sono ferme alla discussione sull’orario di lavoro, sulla durata della pausa pranzo, sui minuti di stazionamento di fronte alla macchinetta del caffè. Dove un esponente governativo, evidentemente lui stesso vittima del dibattito di cui sopra, ha recentemente invitato gli italiani a rinunciare ad una settimana di ferie per far aumentare la produttività del sistema-Italia. E dove non fanno notizia imprese avanti anni luce rispetto allo stereotipato modello industriale di retroguardia che media, sindacati e confindustria contribuiscono stoltamente ad alimentare. Al punto che il Corriere della Sera, il più grande quotidiano italiano, quando accidentalmente si imbatte in una delle tante imprese di avanguardia presenti nel Paese, riesce anche clamorosamente a scriverne erroneamente il nome. Parliamo di Tetra Pak, multinazionale specializzata nella produzione di contenitori per il confezionamento degli alimenti. Fondata nel 1952 a Lund, in Svezia, da Rubens Rausing, Tetra Pak dà lavoro, in più di 170 nazioni, a circa 22 mila persone, di cui mille nel nostro Paese.
Tetra Pak non è famosa solo perché 9 dei 10 brik del latte e di qualsiasi altra bibita escono da uno dei suoi 43 stabilimenti produttivi. Ma anche per la sua cultura aziendale, che, come ci conferma Gianmaurizio Cazzarolli, HR Director e Site Manager della sede modenese – che ospita circa 800 addetti, di cui 110 di provenienza estera rappresentativi di ben 33 nazioni – , «ruota attorno alle persone, che costituiscono il principale investimento ed il plus competitivo dell’azienda».
Ti rendi conto di come Tetra Pak sia un “animale industriale” sui generis appena varchi le porte a vetri dell’ingresso. La reception sembra quella di un albergo internazionale ad almeno quattro stelle: la spaziosa hall è illuminata naturalmente dalla luce che entra da grandi vetrate, alcune opere d’arte contemporanea ne abbelliscono le pareti, al centro una serie di comodi divanetti e, cosa importante, dietro il bancone della reception due dipendenti ti accolgono con una gentilezza che è raro trovare in chi ricopre questo ruolo presso altre aziende metalmeccaniche. Nel percorso verso la sala riunioni dove si svolge il colloquio con l’ingegner Cazzarolli, si fa tappa nello stabilimento. Qui è tutto incredibilmente lindo, è assente l’odore di olio industriale tipico delle linee produttive metalmeccaniche e, pur nel pieno del ritmo produttivo, regna una invidiabile quiete.
Con Cazzarolli si cammina lungo corridoi ai cui lati c’è una serie di uffici. Colpisce il fatto che, al pari degli spazi comuni, hanno tutte pareti di vetro, cosicché ognuno svolge la propria attività alla luce del sole, nell’assoluta trasparenza. Ciò non è una scelta casuale, perchè, come ci racconta Cazzarolli, la trasparenza è uno degli elementi cardine su cui si regge l’organizzazione del lavoro. Nella quale, a dispetto di chi è ancora, a seconda dei casi, innamorato o ancorato a una visione fordista della produzione industriale, «anni fa sono stati banditi gli orologi». Dunque in Tetra Pak non ci sono i marcatempo e, anche in zona produttiva, il tempo non viene scandito dai maxi orologi a led rossi che in qualsiasi altra fabbrica sono invece un must. Si tratta in tutta evidenza di una evoluzione non replicabile nella gran parte delle nostre imprese, nelle quali l’organizzazione ruota pesantemente attorno al tempo lavorato. E dove si fanno battaglie epocali per strappare, a favore dei dipendenti o dei datori di lavoro, manciate di quarti d’ora.
Lavanderia, pulizie di casa, asilo nido… La rete dei servizi per i dipendenti Tetrapak
Certo anche in Tetra Pak non si sfugge all’obbligo contrattuale delle 40 ore settimanali, ma «siccome le persone, in un rapporto di reciproca fiducia, conoscono gli obiettivi aziendali e le conseguenti azioni che devono essere messe in campo, ognuno deve essere messo in grado di organizzarsi il proprio lavoro autonomamente e in modo flessibile». In Tetra Pak infatti vige da sempre la regola aurea dell’orario flessibile. Si va ben oltre la classica mezz’oretta prevista nel contratto collettivo. Qui si entra, tendenzialmente, entro le 9 del mattino. Ma se ci sono particolari motivi, di carattere personale, che non rendono possibile la presenza continuativa sul luogo di lavoro, si può tranquillamente operare da casa. Per giunta senza doversi imbattere in tutta la burocrazia necessaria per il telelavoro. «Incoraggiamo le persone a lavorare dove e come meglio credono – precisa Cazzarolli – cosicchè tutti hanno o sono messi in condizione di avere le dotazioni necessarie per lavorare in qualunque luogo». Naturalmente tutto ciò si svolge nel rispetto di un altro principio basilare: freedom with accountability. Tradotto: libertà, ma con responsabilità. Quella di non tradire un altro caposaldo dell’organizzazione made in Tetra Pak, ossia la fiducia.
«Quella che l’azienda ripone nei collaboratori e quella che deve regnare nei team di lavoro tra gli stessi dipendenti, perchè Tetra Pak, diversamente da molte altre esperienze aziendali, ragiona sul presupposto che tutti meritino fiducia e non sul fatto che il 5 per cento non la merita». Ognuno è insomma fiduciariamente responsabile del raggiungimento degli obiettivi aziendali. «La cosa importante – chiarisce Cazzarolli – è che le persone abbiano le competenze e gli strumenti giusti che sono necessari per svolgere la propria attività lavorativa al meglio. E all’interno delle competenze che vengono valutate c’è anche quella, riassunta nel concetto del work life balance, di saper valutare e dare la medesima importanza a vita lavorativa e impegni famigliari, così da trovare il giusto bilanciamento tra la sfera occupazionale e quella privato-famigliare, ottenendo da entrambe il massimo». E i numeri danno effettivamente ragione a Tetra Pak che, nonostante la crisi, continua a crescere tanto che il fatturato del gruppo sta volando sopra i 10 miliardi di euro.
Mentre Cazzarolli ci racconta orgoglioso il modello Tetra Pak, il pensiero corre a ciò che succede in casa Fiat e nelle aziende metalmeccaniche poste dall’altra parte della strada. Dove la partita sulla produttività continua a giocarsi sui minuti lavorati, sulla rinuncia a ferie, permessi, a farsi pagare gli straordinari e la flessibilità è solo unidirezionale, ossia tesa a scegliere tipologie contrattuali non eccessivamente rigide. E dove di conseguenza gli addetti sono spesso valutati in relazione alle ore lavorate. Invece in Tetra Pak, puntualizza Cazzarolli, «le persone non vengono misurate dalle ore trascorse dietro la scrivania, ma dalla capacità di realizzare il progetto assegnato». La spinta a raggiungere sempre più elevate performance e il riconoscimento delle eccellenze nell’azienda si concretizzano poi in adeguate politiche retributive e la parte variabile cambia a seconda dell’inquadramento e delle funzioni svolte.
Senza considerare che in Tetra Pak sono tante le iniziative messe in campo per migliorare le condizioni di vita dei propri dipendenti, durante e al di fuori dell’orario di lavoro. Anche in questo caso, in controtendenza rispetto a quello che accade nel resto del mondo produttivo. Cosicchè in Tetra Pak sono presenti una serie di benefit: la sauna e la palestra, un servizio di lavanderia e di riparazione degli impianti domestici, un bus navetta urbano per raggiungere la sede, una copertura sanitaria integrativa per il rimborso delle spese mediche, contributi per l’acquisto di pc e per l’alfabetizzazione informatica della famiglia.
Nel sistema di work life balance di Tetra Pak, una particolare attenzione viene poi riservata ai genitori con bimbi piccoli e alle donne, che rappresentano circa il 30 per cento dell’intero organico. Non solo perchè Tetra Pak dispone di un asilo nido, ma soprattutto perchè sul tema della maternità, in troppe aziende fattore di discriminazione delle donne, Tetra Pak ha avviato una serie di azioni davvero uniche. Come ad esempio i programmi di counseling per favorire la temporanea fuoriuscita dall’organico e il successivo reintegro. Come ci chiarisce Cazzarolli, «un punto fermo delle politiche aziendali verso le neo mamme, inoltre, è rappresentato dalla convinzione che esse debbano tornare al lavoro quando sono pronte a farlo… La maternità è una parentesi che arricchisce e va vissuta fino in fondo, così da mettere in condizione la mamma di tornare al lavoro con maggiori stimoli, per giunta utili alle performance aziendali. Anche per questo, oltre alla possibilità di fruire di orario ridotto o di lavorare da casa, il nostro contratto aziendale prevede una integrazione retributiva per consentire alle neo mamme di stare a casa fino al compimento di 11-12 mesi da parte del neonato».
Tutto ciò fa di Tetra Pak una azienda speciale. E non è quindi un caso se pochi giorni fa l’azienda abbia ricevuto un importante riconoscimento, arrivando sul gradino più alto del podio nella classifica “Best Great work place to work Europe” e se nell’ambito della certificazione “Top Employers Italia” abbia ricevuto uno special award per le working condition e il social wellness. Il nostro viaggio dentro il mondo Tetra Pak ci consegna insomma la convinzione che una organizzazione industriale e del lavoro alternativa a quella oggetto delle stanche e spesso inconcludenti trattative governo-parti sociali sia possibile. Anche per questo usciamo da Tetra Pak compiaciuti.
Ciò che dispiace è che ai piani alti della politica e della rappresentanza datoriale troppo spesso vengano considerate parametriche le condizioni di lavoro in Fiat. Forse se venissero maggiormente approfondite e valorizzate esperienze d’avanguardia come quelle di Tetra Pak, non solo le relazioni industriali sarebbero meno intrise di approcci ideologici. Ma la giusta flessibilità del mercato del lavoro diverrebbe un fatto decisamente più digeribile per milioni di giovani esclusi dalla possibilità di avere diritti e tutele dei propri padri.