L’Italia è un Paese che ama i vincitori. Degli altri, un po’ se ne frega. Questo almeno sembra emergere analizzando la spesa per lo sport azzurro.
Secondo quanto riportato l’11 aprile scorso dal Corriere della Sera, il Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) è il più generoso nel ricompensare gli atleti che vincono una medaglia olimpica: 140mila euro per gli ori vinti a Pechino. Poco dietro si piazza la Russia, con 103mila euro. Lontane la Francia (50mila euro), gli Stati Uniti (19mila euro) e la Germania (15mila euro). Addirittura zero euro per gli atleti inglesi che andranno a medaglia alle Olimpiadi di Londra 2012, dopo la decisione del governo Cameron di dare un forte segnale di austerità. Agli atleti, è il ragionamento della British Olympic Association, non serve uno stimolo economico per dare il meglio. Se hai fatto dello sport la tua vita, una volta giunto alle Olimpiadi non ti servono ulteriori incentivi.
Ma esiste un’altra classifica, che stride con i dati sulle ricompense per i campioni olimpici. Quella della spesa pubblica per lo sport. Secondo i dati forniti dalla Commissione europea relativi al 2010, l’Italia si piazza terzultima a pari merito con Irlanda, Grecia, Lituania e Lettonia, spendendo appena lo 0,2% del Pil per servizi sportivi e ricreazionali. Alle nostre spalle soltanto Malta e la Bulgaria con lo 0,1%. Guidano la classifica l’Olanda e Slovenia con lo 0,7% del Pil.
Anche guardando i dati in valore assoluto, l’Italia fa una magra figura. Tutti gli Stati europei di grandi dimensioni spendono più di noi. Dietro alla Germania, prima in questa classifica, si trovano l’Inghilterra, la Spagna e l’Olanda (i dati della Francia non sono disponibili). Con 3.849 milioni di euro, meno della metà di quel che stanzia la Germania, l’Italia è quinta. Malta e la Bulgaria occupano l’ultima e la penultima posizione.
Spesa per servizi sportivi e ricreazionali nell’Unione europea
Per fortuna questi dati non si sono ancora tradotti direttamente nel medagliere olimpico. Nelle ultime tre edizioni, l’Italia è sempre arrivata davanti a Olanda e Spagna, e a Pechino ha sopravanzato anche la Francia. A Lodra, fino a oggi, se la gioca sia con i tedeschi che con i francesi. Ma, come già insegnava il barone de Coubertin, le medaglie non sono la cosa più importante nello sport. Nel 2011 il presidente del Coni Petrucci dichiarava: «Le medaglie sono il fascino più visibile per uno sport, ma la pratica sportiva è il segnale più indicativo della dimensione culturale di un Paese».
Se si considera che alle Olimpiadi di Pechino gli azzurri hanno vinto otto medaglie d’oro (a Londra siamo per ora a quota 7), per un esborso quindi di 1.120.000 euro, è evidente che sul totale questo capitolo di spesa incide poco. È però rivelatore di una mentalità diffusa nel Paese. Quella per cui siamo disposti a spendere più di tutti gli altri per pochi (che siano atleti olimpionici o dirigenti della Pubblica Amministrazione) e poco per tutti (lavoratori precari o sportivi).
Come nel caso dei super-stipendi dei dirigenti (vedi infografica: Ma quanto guadagnano i supermanager?), abbassare le ricompense per chi vince una medaglia olimpica non risolverebbe in alcun modo il problema. Sarebbe però un segnale, utile se si accompagnasse a un contestuale aumento dei fondi destinati alla pratica sportiva (che in parte arrivano dal gioco d’azzardo) per portarci in media con i grandi Stati europei. Dopo anni passati a lucidare la punta dell’iceberg è il momento di preoccuparsi che la base non si sciolga.