Guai a chiamarlo “dissesto”. Il baratro delle partecipate e dei crediti inesigibili si allarga, e i margini di manovra delle giunta Orlando sono sempre più esigui dopo le dimissioni del generale Ugo Marchetti da assessore al bilancio e il suo avvicendamento con l’attuale direttore generale del Comune di Palermo, Luciano Abbonato. Come ha detto lo stesso Orlando, però, «la città non può permettersi la dichiarazione del dissesto».
Gesip, Gesap, Amia, Amap, Amg. Sono queste le controllate di Palazzo delle Aquile che, oltre a pesare sulle casse comunali con un debito che supera i 300 milioni di euro, 313.837.341 euro per l’esattezza, sono l’emblema del clientelarismo e degli sprechi. Sprechi che ancora una volta costringono il capoluogo siciliano a chiedere l’elemosina a Roma per riuscire a pagare gli stipendi dei propri dipendenti.
Il bilancio del Comune presenta «varie criticità perché la spesa è sostenuta in modo non conforme alle ordinarie procedure di contabilità e si attesta su valori patologici», scriveva già nel 2009 la Corte dei Conti in una delibera con cui denunciava la situazione fuori controllo delle municipalizzate come l’Amia, società che si occupa del ciclo dei rifiuti, che allora perdeva 3,6 milioni di euro al mese. Oppure ancora della Gesip, carrozzone tuttofare – dalla gestione del cimitero a quella delle aiuole – salita agli onori delle cronache grazie a Striscia la notizia, che raccontò la storia di Franco Alioto, operaio al Parco della Favorita ma soprattutto skipper sulla barca di famiglia del sindaco Cammarata.
Una vicenda grottesca – per la quale l’ex primo cittadino è stato rinviato a giudizio (il processo è in corso) – che rivaleggia con quella, altrettanto famosa, della competenza sulla cura del verde pubblico, affidata a due diverse società a seconda che l’altezza delle piante sia superiore o inferiore ai due metri e mezzo. «Quella storia è stata esagerata», spiega a Linkiesta Cesare Lapiana, assessore con delega alle Partecipate e da pochi giorni vicesindaco, che aggiunge: «Semplicemente se ci sono erbacce in giro, le raccoglie la società preposta alle pulizie. Tenga conto che Palermo è una città ricca di verde».
Per ridurre il mostruoso debito l’idea di Lapiana è di creare una «superholding virtuale» per razionalizzare le partecipate mettendole sotto un unico cappello. La prima riunione per passare dall’iperuranio al mondo reale è stata fissata per il prossimo 28 agosto, quando si riunirà il board, composto da sindaco, Lapiana, dal neoassessore Abbonato e dagli amministratori delegati delle sei holding. Per il momento Lapiana non fornisce nessuna cifra in termini di risparmi attesi, limitandosi alla sola analisi del problema: «perché la società che si occupa della gestione dell’acqua pubblica deve prendere dei letturisti esterni quando ci sono delle persone competenti in Gesip? Perché la pulizia degli autobus la fa una ditta esterna? Perché è stato dato in appalto il servizio di trasporto passeggeri a mobilità ridotta all’Aeroporto di Palermo?».
Il tema delle consulenze a pioggia agli amici è stato sollevato di recente da Domenico Di Carlo, consigliere d’amministrazione di Gesap, il gestore dello scalo “Falcone e Borsellino” – a cui il numero uno dell’Enac, Vito Riggio, minaccia di non rinnovare la concessione – che in una lettera datata 25 novembre 2010 e ripresa dal sito Linksicilia, mette nero su bianco la lista degli incarichi esterni, che solo tra il 2009 e il 2010 ammonta alla bellezza di 6,5 milioni di euro. Nella stragrande maggioranza, scrive Di Carlo, «tali incarichi sono qualificati come “consulenza alla progettazione”, ma anche “consulenza agli studi di fattibilità e alla redazione dei bandi di gara”».
Luisa Latella, commissario straordinario nominato da Lombardo a inizio anno per traghettare Palermo fino alla tornata amministrativa, aveva provato a fare pulizia (con un documento in cinque punti), come rivendica oggi sulle pagine locali di Repubblica: «Ho introdotto l’Imu e raddoppiato l’Irpef. Ho abbattuto tutte le spese del 20%. Ho nominato un liquidatore alla Gesip e uno all’Amia. Ho anche rimosso il cda dell’Amat, anche se non si è saputo. Il mio piano l’ho lasciato a Orlando». Il quale, dopo aver nuovamente piazzato uomini a lui vicini, ha scritto al ministro Passera per denunciare l’operato dei commissari dell’Amia, dichiarando di non sapere quale sia il loro stipendio. «Il nostro compenso è deciso dal ministero: se mi autorizza, potrò renderli pubblici» è la replica di uno di loro, Paolo Lupi, al sito Livesicilia. Linkiesta ha chiesto più volte al dicastero di via Veneto se ci sia effettivamente bisogno di questa autorizzazione, non ottenendo alcuna risposta.
Al di là di questi messaggi in codice, utili soltanto ad alzare la posta con Roma – alla Gesip servono 16 miliardi, la Latella ne aveva chiesti 10 per pagare gli stipendi fino ad agosto – Palermo deve agire in fretta per evitare il tracollo. Lo si evince dalla relazione tecnica al conto di bilancio 2011 (il consuntivo deve ancora essere approvato, e lo sarà a fine ottobre): il Comune ha registrato entrate correnti per 882 milioni di euro, a fronte di uscite per 798,6 milioni, con un avanzo primario di circa 83 milioni di euro. Bene, se non fosse che il debito è salito a quota 971,7 milioni di euro dai 956 milioni del 2010 – oltre a una decina di debiti fuori bilancio – e soprattutto se non fosse per i crediti di difficile riscossione vantati dal Comune, i cosiddetti “residui attivi”, circa un miliardo di euro così come i residui passivi (i debiti verso i fornitori) al netto della recente revisione, che ne ha stralciato rispettivamente 122 e 35 milioni di euro.
Con un dipendente comunale ogni circa 75 abitanti, Palermo ha speso 278 milioni di euro per gli stipendi, in diminuzione rispetto ai 293,4 euro del 2010, con un peso del 35% sulle spese totali e uno stipendio medio di 32mila euro l’anno. Non male nel senso che è meno di un posto amministrato come Roma dove lo stipendio medio è addirittura di 43mila euro o di una Torino dove il costo medio è 36.700 euro. Ma va specificato che tutti questi dati non includono le partecipate. E comunque è meno dei 40mila euro l’anno percepiti in media dai 1.872 dipendenti dell’Amat, l’azienda dei trasporti che per il personale ogni anno impegna ben 76 milioni di euro, 3.300 euro a dipendente. La società ha un debito al 2010 di 117 milioni di euro, in aumento di quasi tre milioni dall’esercizio precedente (114.796.227 euro): per avere un ordine di grandezza, da sola pesa sull’11% del debito comunale. Le perdite sono ingenti: 3,9 milioni di euro al 2010 seppure in miglioramento dal 2009 (6,6 milioni).
L’aeroporto, invece, è gestito da Gesap, controllata da Provincia e Comune, rispettivamente al 41 e 31 per cento. La società è riuscita a limitare le perdite, da 1,2 milioni di euro nel 2008 ai 128mila euro del 2010. Una buona notizia, se non fosse che il debito è esploso, da 28,4 milioni del 2009 ai 40 del 2010, così come il costo del personale, da 15 a 17,8 milioni nello stesso lasso di tempo. Come mai? In un solo anno sono state assunte 70 persone, che hanno fatto salire il personale totale a quota 563 dipendenti, con una retribuzione media di poco meno di 36mila euro.
Unica magra consolazione la diminuzione degli emolumenti di sindaci e degli amministratori: se prima i membri del cda prendevano complessivamente 563.435 euro, al 2010 il loro compenso è diminuito a “solo” 389.190 euro, mentre i sindaci sono passati da 274.269 a 219.679 euro.
Altri 118 milioni di debiti sono portati in dote dall’Amap, che si occupa dei servizi idrici impiegando quasi 700 dipendenti. E meno male che, al 2010 (ultimi dati disponibili) gli utili ammontavano a 3,6 milioni di euro rispetto ai 2,5 del 2009. La Amg Energia, che fornisce il gas e conta altri 300 dipendenti, ha chiuso il bilancio 2010 con un utile di soli 105mila euro, un crollo verticale rispetto all’anno precedente (11 milioni di euro), e un debito di 34,9 milioni di euro.
Se di Gesip, che come detto è la tuttofare del Comune, è quasi certo il commissariamento – i bilanci del 2010 e 2011 saranno approvati nell’assemblea del 20 settembre prossimo – l’ultima e forse la più grave pietra dello scandalo si chiama Amia Essemme, controllata dall’Amia, da pochi giorni messa in liquidazione. Dichiarata insolvente l’anno scorso, è schiacciata da un debito di oltre 20 milioni di euro nel 2010. Proprio nel 2010, rispondendo a un’interrogazione della Commissione bicamerale sull’emergenza rifiuti nel capoluogo siciliano, il commissario Lupi dichiarava: «L’Amia SM […] accoglie tra le sue fila 800 LSU (lavoratori socialmente utili, ndr), i quali, nel momento in cui sono stati assunti e in cui è stata costituita la società, godevano di alcune agevolazioni previdenziali e fiscali per le quali il costo di Amia SM veniva coperto tranquillamente dal Comune attraverso il contratto di servizi». Il costo era di 17 milioni di euro l’anno, a fronte di 10 milioni erogati da Palazzo delle Aquile. E ora chi spiega agli 800 ex precari che il mese prossimo rischiano seriamente di non ricevere più lo stipendio? Difficile accusare la spending review, come ha fatto Orlando, davanti a una situazione di questo genere.
(ha collaborato Giuseppe Alberto Falci)