BRUXELLES – Se si voleva un nuovo banco di prova della quasi inesistenza della politica estera europea – a dispetto del nuovo servizio diplomatico Ue (Eeas) introdotto dal trattato di Lisbona – lo abbiamo pronto e servito: la Nigeria. Nel paese africano crescono mese per mese le vittime di Boko Haram, ormai oltre 800 da inizio anno di cui più di 150 cristiani, con una sostanziale inerzia del governo federale.
A detta di molti osservatori, il governo federale nigeriano, che conta uno dei meglio addestrati eserciti a livello internazionale, non ha preso misure davvero efficaci per proteggere la sua popolazione civile e soprattutto le minoranze religiose. Eppure il principale finanziatore in termini di aiuti allo sviluppo dello Stato africano, cioè dell’Ue, non si muove, latita. Basta vedere che cosa ha fatto l’Europa in tema Nigeria nel corso del 2012.
A marzo, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui si condannano gli attentati terroristici di gennaio nello stato federale nigeriano di Kano, e l’uccisione, l’8 marzo, di Franco Lamolinara e del britannico Chris McManus, a seguito di un blitz. Nel testo, gli eurodeputati chiedono al governo nigeriano di contrastare il gruppo terroristico di matrice islamista Boko Haram e di adottare misure per risolvere il problema dell’uso delle risorse petrolifere e dell’inquinamento nella regione del delta del Niger (dramma cronico da decenni). Nella risoluzione, l’Europarlamento chiede inoltre che l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, adotti misure che concilino la diplomazia con la cooperazione allo sviluppo al fine di migliorare la situazione in Nigeria.
Si può fare: nel 2010 l’Ue ha cassato 22 milioni di euro di aiuti al bilancio per il Ghana per gravi preoccupazioni sulla situazione dei diritti umani, e la politica di sviluppo è di diretta competenza della Ashton. Abbiamo chiesto a uno dei promotori della risoluzione, il capo–delegazione Pdl all’Europarlamento Mario Mauro (da sempre molto attivo sul fronte della difesa delle minoranze cristiane minacciate) quale sia stato l’esito della richiesta. Risposta: «niente di niente. Da marzo la signora Ashton non ha mosso un dito».
Basti dire che il giorno del dibattito sulla risoluzione a Strasburgo la britannica, assente, si fece “rappresentare” dal ministro degli Esteri danese (per l’allora presidenza di turno Ue) Villy Søvndal. «Utilizziamo tutti gli strumenti a nostra disposizione – aveva affermato – sia a livello bilaterale, sia multilaterale, a New York e a Ginevra».
Non risulta. «In verità – lamenta ancora Mauro – i Ventisette non sono stati capaci di affrontare il tema in neppure una delle riunioni settimanali di coordinamento dei relativi rappresentanti permanenti all’Onu. Né il rappresentante della Ashton a New York, che ha un ruolo di coordinatore, ha fatto alcun passo del genere». I motivi? Varie fonti parlano di due aspetti: il timore di irritare gli Stati islamici (alcuni dei quali non proprio “nemici” dei movimenti di tipo qaedista come Boko Haram), ma anche biecamente economici. A differenza del Ghana, con la Nigeria gli stati europei, Italia inclusa, fanno affari d’oro soprattutto in termini di petrolio. Meglio non irritare troppo il governo nigeriano.
E così bisogna aspettare il 19 giugno, mentre le stragi si susseguono, per trovare una prima chiara manifestazione di condanna da parte della Ashton, la quale afferma, bontà sua, che «è essenziale» evitare la spirale di violenza con «spregevoli» attacchi alle chiese con la perdita di ulteriori vite umane.
Sotto pressione italiana, il 25 giugno i ministri degli Esteri dell’Ue, riuniti a Lussemburgo per il consiglio di settore, «discutono» della questione Nigeria. «Molti colleghi, nei loro interventi – ha detto il capo della diplomazia italiana Giulio Terzi, secondo una nota della Farnesina – si sono riferiti alle recenti stragi di cristiani in Nigeria e all’esodo subito dai cristiani». Nella riunione, si legge nella nota, «i ministri hanno concordato di procedere in tre direzioni: proseguire nella cooperazione regionale nell’azione di contrasto al terrorismo; effettuare ogni possibile azione di sensibilizzazione versi i paesi in transizione e dove si verificano episodi di intolleranza e violenza; coinvolgere la società civile perché si affermi il principio del rispetto delle minoranze, anche attraverso la scuola e l’educazione». In più, approvano un «Quadro generale e piano d’azione per i diritti umani e la democrazia» che indica, in generale per tutto il mondo, i principi, gli obiettivi e le priorità per migliorare l’efficacia e la coerenza della politica Ue nei prossimi 10 anni.
«Pura fuffa, di quelle che l’Ue tira fuori quando non può agire» è il commento di un diplomatico europeo. E oltretutto, significativamente, di Nigeria non c’è traccia nel comunicato finale della riunione. Del resto solo due giorni dopo, il 27 giugno, l’Ue sigla ricchi finanziamenti per il paese africano senza andare troppo per il sottile: un totale di 162 milioni di euro per progetti di acqua potabile e nutrizione in sei stati federali (tra cui Kano), riforma di sei agenzie federali, nonché nella giustizia e nella lotta a crimine organizzato e narcotraffico.
Quanto all’Italia, il ministro degli Esteri Giulio Terzi si dà un gran da fare, almeno a parole – ancora lunedì scorso si è appellato, insieme al collega allo Sviluppo Andrea Riccardi, all’Europa e alla comunità internazionale.
Come dicevamo, è stato lui a insistere per la discussione dei ministri a Lussemburgo. «Mai tacere quando la barbarie si ripete, l’Italia continua l’azione in Ue sulla libertà di religione» ha scritto su un Tweet a inizio luglio. Eppure, varie fonti diplomatiche sostengono che il rappresentante permanente d’Italia a New York non avrebbe preso alcuna iniziativa per cercare di portare il tema all’attenzione delle riunioni di coordinamento settimanali con gli altri 26 colleghi Ue al Palazzo di Vetro in vista di un’azione in sede Onu per fare pressioni sulla Nigeria per un’azione più efficace. C’è voluto il Vaticano per portare all’attenzione dell’Onu – ma a Ginevra – la questione delle minoranze in Nigeria. L’Ue, intanto, continua a tacere.