Doveva essere l’agosto più caldo degli ultimi anni. E lo è stato, ma solo dal punto di vista meteorologico. Da quello finanziario, invece, calma piatta. Non poteva essere altrimenti: il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, sta giocando a poker con investitori e politici europei al fine di prendere tempo. Il tutto con la speranza che ce ne sia abbastanza. Per ora, le parole di Draghi hanno funzionato. I rendimenti dei bond italiani e spagnoli sono calati rispetto ai livelli di luglio e un minimo di ossigeno è stato fornito. La vera partita si giocherà in autunno, quando le emissioni obbligazionarie di Italia e Spagna aumenteranno e si dovranno fare i conti con quanto fatto dai singoli governi in tema di consolidamento fiscale.
La noia di questo agosto finanziario sarà ricordata per molti anni. Come ha scritto in una nota Ray Dalio, numero uno di Bridgewater, non bisogna stupirsi: «È la quiete prima della tempesta». I punti caldi rimangono quattro: futuro dell’eurozona, recessione, sostegno finanziario a Spagna e Italia, emorragia greca. Partendo da quest’ultima, l’incontro di oggi fra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premier ellenico Antonis Samaras rappresenta un ulteriore tassello verso un allentamento delle scadenze dei rimborsi del bailout (doppio) effettuato nei confronti di Atene dalla primavera del 2010 a oggi. Come ha ribadito più di una volta il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble, non è in previsione elargire altri soldi alla Grecia. Riforme e tagli: non ci sono alternative.
Ma tutto a condizione che Atene rispetti gli impegni presi con la troika (Bce, Commissione Ue, Fondo monetario internazionale). Proprio ciò che ha ribadito Samaras nel colloquio con la Merkel. C’è poi l’aiuto a Italia e Spagna nel caso i differenziali di rendimento fra i titoli di Stato dei due Paesi con i Bund tedeschi tornino a essere insostenibili. Il livello informale di vigilanza rimane, indipendentemente dallo spread coi Bund, un tasso d’interesse oltre il 7 per cento. La Bce ha reiterato che farà di tutto al fine di salvare l’euro. Ma non esistono pasti gratis. Dietro alla firma di un memorandum of understanding (Mou), cioè un protocollo d’impegni simile a quello siglato da Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna (per il sostegno al sistema bancario, ndr), la Bce potrà intervenire sul mercato obbligazionario.
E lo farà nella parte bassa della curva dei rendimenti, al fine di non assumersi troppi rischi. Sulle altre maturity, via libera ai due fondi salva-Stati, European financial stability facility (Efsf) e European stability mechanism (Esm). In realtà, l’impressione comune è che Draghi stia preparando diverse sorprese per la prossima riunione della Bce, prevista per il 6 settembre. Il tutto in attesa della decisione della Corte costituzionale tedesca sullo Esm, per ora fissata al 12 settembre. Anche in questo caso, non si possono escludere colpi di scena, come un ritardo o una parziale bocciatura. Tuttavia, come riporta Bloomberg, l’istituzione di Francoforte è intenzionata ad attendere la risposta della Corte di Karlsruhe prima di rivelare il proprio piano.
L’agosto di Roma e Madrid è stato tranquillo. Complici i ridotti volumi sul mercato azionario e l’assenza (o quasi) di emissioni obbligazionarie, non ci sono stati scossoni. E un velato ottimismo ha iniziato a penetrare nella mente degli investitori, complici le indiscrezioni della stampa tedesca (Spiegel, Die Welt, Bild e tanti altri) su un possibile piano segreto della Bce per salvare l’euro tramite misure straordinarie. Il timore, ha ricordato oggi una nota di Société Générale, è che i mercati finanziari abbiano sovrastimato la potenza di fuoco della Bce e l’effettiva possibilità che vengano adottate misure risolutive. Tante aspettative, forse troppe, quindi? Probabilmente sì.
Senza la firma del Mou, e quindi senza l’applicazione di condizioni (vedi riforme e tagli), non ci sarà alcun sostengo di Bce, Efsf e Esm ai Paesi in difficoltà. Il sole estivo è destinato però a lasciare il campo alle nubi autunnali. Prima fra tutte la recessione. Osservando gli ultimi dati del Markit flash Eurozone PMI composite output index è facile vedere quale sarà la tendenza futura per manifattura e servizi nella zona euro. Dopo il settimo mese consecutivo in contrazione, spiega Markit, il trend appare in deterioramento per la fine dell’anno. Vale a dire che se le aspettative della Commissione europea erano per un ritorno alla crescita entro il primo trimestre 2013, probabilmente si slitterà al secondo trimestre o, forse, al terzo.
Come ha ricordato l’agenzia di rating Moody’s, molto dipende dalla velocità di applicazione delle riforme che tutta l’area euro deve adottare. Senza di quelle, compreso l’ormai dimenticato Growth Pact, non ci potranno essere margini di miglioramento congiunturale. E poi? E poi c’è il futuro dell’eurozona. Un futuro da ricostruire, dato che l’attuale struttura sembra non essere più sostenibile. Una brillante presentazione a cura di Citi ha evidenziato tutti gli squilibri che sono presenti nella zona euro. Le due velocità a cui stanno correndo i Paesi che adottano l’euro come valuta sono sempre più evidenti.
Da un lato Germania, Finlandia, Austria e Olanda (che però non è immune alla recessione). Dall’altro, il Club Med, fra cui anche l’Italia. È proprio in virtù di questa doppia velocità che l’obiettivo di medio termine della Bce è quello di garantire un maggiore equilibrio alla zona euro. Una cosa è certa. I costi di un break-up totale sono incalcolabili. E difficilmente la Bce si lascerà travolgere: senza l’euro, non ha senso l’esistenza di una banca centrale. Di contro, la solidarietà europea verso i Paesi meno virtuosi sta per finire. Negli ambienti finanziari londinesi e newyorkesi (ma non solo) sta crescendo l’idea che il cancelliere tedesco Merkel possa spingere per un’uscita della Grecia dall’eurozona in vista delle prossime elezioni in Germania, previste per l’autunno 2013. Sacrificarne uno per salvare l’euro?