Se le Nazioni Unite accettano l’invito di Ahmadinejad

Se le Nazioni Unite accettano l’invito di Ahmadinejad

La sedicesima conferenza dei Paesi non allineati, inaugurata quest’anno a Teheran il 26 agosto, suscita nella maggior parte degli analisti internazionali grandi perplessità se non, in alcuni casi, proteste accese com’è successo negli Usa la scorsa settimana quando il Segretario delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon ha accettato l’invito alla conferenza. Altri, invece, sostengono sia una strada da tentare o da non sottovalutare per intensificare i rapporti diplomatici con alcuni Paesi che oggi giocano un ruolo chiave nello scacchiere internazionale. Ma cos’è Nam?

Il Non-aligned movement, Nam appunto, venne fondato nel 1961 a Belgrado, in piena guerra fredda da Yugoslavia, Egitto, India, Ghana e Indonesia per prendere le distanze dalla politica di Washington e Mosca. Ora conta 120 Paesi, vale a dire quasi i due terzi dei membri delle Nazioni Unite e il turno di presidenza, che dura tre anni, quest’anno spetta all’Iran. Alcuni dei nomi che partecipano: Hugo Chavez, Presidente del Venezuela, Ahmed Bashir, Presidente del Sudan, Mugabe, Presidente dello Zimbabwe, il Ministro degli esteri tunisino, il Presidente egiziano Morsi, il Presidente libanese Suleiman, il Primo Ministro indiano Singh, l’ambasciatore australiano alle Nazioni Unite Quinlan, e, come detto in precedenza, Ban ki-Moon. Dunque si tratta di un mero relitto della Guerra Fredda? È una reale opportunità per risolvere i conflitti globali? O l’ennesima occasione per dare libero sfogo a sentimenti antiamericani e anti israeliani? C’è una quarta ipotesi.

Dal momento che quest’anno il summit si tiene in Iran, il governo di Ahmadinejad potrebbe strumentalizzare un incontro internazionale per dimostrare all’Occidente e all’America che la politica dell’isolazionismo non sortisce gli effetti desiderati e che l’Iran non ha nessuna intenzione di rivedere le proprie posizioni in ambito nucleare e nel sostegno al regime di Assad, altro tema caldo. Quest’ultima congettura trova alcune conferme in questi giorni. L’agenzia Reuters, una delle poche ad aver accesso al summit, descrive così l’ingresso al padiglione centrale: «All’entrata principale sono state esposte le carcasse dei veicoli in cui si trovavano alcuni scienziati iraniani fatti saltare in aria. Lungo l’ingresso c’è una galleria fotografica di “martiri” iraniani che lavoravano presso le centrali con le descrizioni dettagliate di come sono stati uccisi». L’obiettivo è chiaro, tant’è che un delegato ha dichiarato all’agenzia di «essere sotto choc».

Altro episodio che conferma la volontà del governo iraniano di utilizzare un summit di livello internazionale per auto eleggersi leader e rappresentante dei Paesi membri riguarda la sessione d’apertura, avvenuta domenica 26 agosto e inaugurata dal Ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi. Il ministro ha dichiarato gli intenti della conferenza 2012: «Nam dovrebbe seriamente prendere posizione contro le sanzioni unilaterali contro alcuni membri di questo movimento». E ha aggiunto: «Approfitto di questa opportunità per ringraziare i paesi partecipanti che sostengono l’Iran nel suo diritto legittimo a svolgere attività nucleari pacifiche». Salehi ha poi accusato America, Gran Bretagna e i servizi segreti israeliani di essere coinvolti nell’uccisione di quattro scienziati iraniani.

Le parole del ministro degli Esteri iraniano sono state inequivocabili. A ribadire il concetto che le sanzioni non piegheranno l’Iran ci ha pensato anche il rappresentante all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Ali Asghar Soltanieh: «L’Iran non fermerà mai l’attività di arricchimento dell’uranio», ha detto a margine del summit. Allora avanti con il programma nucleare con l’auspicio di ricevere il placet da parte dei capi di stato presenti alla conferenza. Tra i membri del Nam sottoposti a sanzioni, ci sono la Nord Corea, per il protrarsi del programma nucleare, la Siria, per la brutale repressione contro gli oppositori al regime di Assad e lo Zimbabwe per l’uso della violenza e i continui abusi dei diritti umani.

Ma il momento cruciale sarà il discorso di Ban ki-Moon, arrivato oggi. A onor di cronaca, la presenza del Segretario delle Nazioni Unite è una consuetudine che si verifica quasi ogni anno dalla fondazione del movimento. Ma quest’anno, la partecipazione di Ban ki-Moon è stata particolarmente criticata. Il sito del prestigioso think-tank americano Council on Foreign Relations ha pubblicato la lettera di 400 intellettuali e dissidenti iraniani inviata al Segretario delle Nazioni Unite in cui chiedono a Ban ki-Moon di incontrare privatamente, senza alcuna mediazione da parte del governo, Hossein Moussavi, sua moglie e Karubi, i leader dell’opposizione che si trovano agli arresti domiciliari dal febbraio 2011. Come si legge sul sito del pensatoio liberal americano, il summit e i suoi partecipanti «hanno sempre mostrato indifferenza nei riguardi dei diritti umani». A Ban ki-Moon, dunque, si presenta un’ottima occasione per cambiare la storia del summit Nam che, altrimenti, rischia di diventare una (ennesima) vetrina a uso e consumo di Ahmadinejad.

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