Gli aiuti all’Italia spaccano di nuovo l’eurozona. O meglio, la Germania. Nonostante il presidente della Bce, Mario Draghi, abbia detto senza mezzi termini che l’istituzione di Francoforte interverrà sui mercati obbligazionari per sostenere Italia e Spagna, continua il dibattito, a tratti feroce, sulla correttezza di questa operazione. Roma resiste e rimarca che non ha bisogno di aiuti. Berlino non la pensa così, ma per ora condivide l’opinione dell’Italia.
Fare il banchiere centrale in Germania non deve essere facile. Soprattutto quando si parla di aiutare l’Italia. Ne sa qualcosa Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, che secondo le indiscrezioni della Bild ha più volte pensato di mollare nelle ultime settimane. Motivo? L’acquisto di bond italiani da parte della Banca centrale europea (Bce) di Mario Draghi, a cui Weidmann si è opposto con forza facendosi scudo dei Trattati Ue.
La guerra che c’è in Germania in merito agli aiuti è sempre più intensa. Su un fronte c’è il cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha assunto il ruolo del poliziotto buono. Consapevole dei rischi che l’eurozona corre nel caso di un peggioramento della crisi, ha dato il lasciapassare a Draghi per la creazione di un meccanismo di sostegno. La Bce, in collaborazione con lo European financial stability facility (Efsf) e lo European stability mechanism (Esm), è pronta a intervenire, nonostante i problemi non siano pochi. Sul fronte opposto c’è Weidmann, il poliziotto cattivo, che continua a ripetere che l’Eurotower non deve assumersi rischi comprando bond governativi. E lo ripete rimarcando come l’articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) vieta espressamente questa pratica. Già a inizio mese era circolata la voce secondo cui, in caso di continuo disaccordo con Draghi, la testa di Weidmann sarebbe potuta saltare. Al momento questo non è successo, anche grazie alla mediazione della Merkel, la quale avrebbe richiamato alla calma il capo della Bundesbank.
Come un anno fa, l’Italia torna al centro dei riflettori. Come riferiscono fonti governative italiane, per ora non ci sono novità. Sia nel colloquio di martedì sera con il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso sia nel pranzo di mercoledì con la Merkel, Monti ha reiterato la sua posizione: nessuna richiesta di aiuto. E secondo quanto rivela il quotidiano spagnolo El Mundo, la Merkel avrebbe appoggiato questa soluzione, chiedendo all’inquilino di Palazzo Chigi di non fare mosse avventate. Il motivo? La delicata situazione fra Bundesbank e governo tedesco. Non è un caso infatti che oggi, dopo le rivelazioni della Bild, il portavoce del governo tedesco, Georg Streiter, abbia sottolineato che la Merkel sia a favore dell’operato della Bundesbank e che sia corretto che Weidmann metta in guardia i politici dai rischi presenti sui mercati finanziari. Di contro, né Weidmann né la Bundesbank né il governo tedesco hanno voluto commentare l’articolo della Bild, che assume quindi un valore particolare.
C’è però un altro aspetto che sta influenzando le decisioni italiane. Il governo guidato dal presidente del Consiglio Mario Monti non è un esecutivo eletto, bensì tecnico. L’eventuale domanda di sostegno, spiegano fonti diplomatiche italiane a Linkiesta, dovrebbe arrivare da un governo eletto. «Pensiamo a Grecia, Irlanda e Portogallo: in nessuno dei tre c’era un governo tecnico al momento di chiedere il sostegno della comunità internazionale», afferma il diplomatico. C’è però un’altra possibilità. Al fine di vincolare il prossimo esecutivo a impegni formali con Commissione europea e Bce, Monti potrebbe siglare entro la fine dell’anno un memorandum d’intesa una volta che il meccanismo anti-spread sia pronto. Per ora è solo un’ipotesi circolata negli ambienti finanziari, ma nel caso possa peggiorare la situazione dell’Italia (e dell’eurozona) potrebbe diventare realtà.
Nel frattempo, a tenere banco c’è il conflitto fra Bundesbank e Berlino. Il precedente scontro risale all’agosto 2011, quando un altro banchiere centrale tedesco è stato messo nell’angolo dalla Bce. Un anno fa fu Jürgen Stark, membro del Comitato esecutivo e del Consiglio direttivo della Bce, a dimettersi. Netto fu il contrasto con l’allora presidente Jean-Claude Trichet, che a inizio agosto lanciò un nuovo round del Securities markets programme (Smp), lo speciale programma di acquisto di bond governativi sul mercato obbligazionario secondario da parte della Bce. Le preoccupazioni di Stark, tuttavia, si rivelarono corrette. Lo ha spiegato un altro tedesco, Jörg Asmussen, che ha preso proprio il posto di Stark. «Non possiamo ripetere gli errori fatti con l’Italia la scorsa estate, quando la Bce comprò titoli di Stato italiani e il tempo guadagnato non fu usato per le necessarie misure di aggiustamento», ha sottolineato Asmussen. E prima ancora, nella fase di trattativa fra Italia, Bce e Germania in merito agli aiuti a Roma, a cadere fu Axel Weber, che ai tempi era il numero uno della Bundesbank.
Vincerà Weidmann o prevarrà la posizione della Merkel? La risposta è scontata. La Bce, come ha ricordato il cancelliere tedesco ieri, ha l’appoggio totale di Berlino. L’intervento ci sarà e come ha spiegato oggi Benoît Cœuré, membro del Comitato esecutivo della Bce, le modalità di azione sono ancora oggetto delle verifiche dell’istituzione di Francoforte. C’è la certezza che ogni singolo intervento, che come ha rimarcato Cœuré vedrà coinvolto il terzetto Bce, Efsf e Esm, sarà subordinato alla firma di un memorandum d’impegni. Proprio su questo punto, è ancora in corso la discussione sulla partecipazione del Fondo monetario internazionale (Fmi) nel monitoraggio dei Paesi sotto sostegno. L’Italia ha ribadito più volte, in modo informale, che non vuole essere paragonata alla Grecia nel caso dovesse chiedere aiuto. Asmussen, tuttavia, ha sottolineato che il Fmi, insieme a Commissione Ue e Bce, avrà un ruolo nella definizione degli obiettivi di consolidamento fiscale per ogni intervento. Nessuno parli di troika, però.