Portineria MilanoA Porta Romana: “Quartiere sicuro, se l’è andata a cercare”

A Porta Romana: “Quartiere sicuro, se l’è andata a cercare”

Un bicchiere di vino bianco da bere accanto al sangue appena rappreso e ripulito sull’asfalto, durante l’ora dell’aperitivo. A Milano il quartiere Porta Romana si rialza dopo il duplice omicidio di lunedì sera. Tra una chiaccherata sulle vacanze appena terminate e un verdicchio delle Marche, passa quasi inosservato che Massimiliano Spelta e sua moglie siano stati freddati a nemmeno 24 ore di distanza dal numerdo 3 di via Muratori, pare da un killer a bordo di un enduro e armato di pistola.

È successo accanto all’enoteca il Cavallante, aperta ogni giorno, piena ieri al momento dell’agguato come questa sera. Insieme con loro c’era la figlia di due anni, rimasta illesa: qualcuno oggi ha portato una rosa. Ma c’è comunque un certo cinismo nell’affrontare l’omicidio, quel «se la deve essere andata a cercare» comune in molti commenti. 

Mentre gli investigatori indagano sul passato dell’uomo, sui problemi economici della sua azienda di pulizie, sui 50 grammi di cocaina ritrovati nel loft di via Mecenate dove viveva con Miriam, 22 enne di Santo Domingo, la città ritorna ad affrontare i suoi fantasmi. Che sono più o meno gli stessi da qualche anno a questa parte. L’assessore alla Sicurezza del comune di Milano Marco Granelli parla di «criminalità organizzata».

Forse non sbaglia. Perché se c’è una cosa che ha fatto scattare le orecchie a tutti i cittadini milanesi come agli stessi bar di Porta Romana è proprio la bamba, la polvere bianca ritrovata a casa di Massimiliano. Cocaina che inonda le narici degli abitanti del capoluogo lombardo e che nella città come nella zona gira in grande quantità: siamo la città leader in Europa, la Capitale, secondo l’Istituto Mario Negri. 

Qui di notte, tra via Friuli e viale Bligny è un gran via vai di ragazzi neri in bicicletta. In mountaine bike. Li chiamano gli «sputapalline». Tengono la cocaina in gola o tra i denti. E la sputano in palline di celofan e stagnola ad affare concluso. Uno 0,5 grammi può costare 40 euro, ma a volte scappa pure il «regalino». 

Sono ragazzi nord africani che in casa tengono anche cinque o sei cellulari. Si fanno chiamare e raggiungono l’acquirente in bicicletta. Dietro di loro c’è anche la ndrangheta, sempre alla ricerca di nuova manodopera, di «cavallini» che fanno aumentare gli incassi.

Ma al fianco della criminalità spesso ci sono anche pusher solitari. Che spacciano droghe leggere e pesanti. E che non rispondono a nessuno, boss calabrese o napoletano non cambia. Spelta aveva toccato territori altrui? Aveva fatto qualche sgarro a qualcuno? Di questo è certa la maggior parte degli abitanti di Porta Romana, che si accalca nei bar o in ristoranti come Giulio Pane e Olio, dove ogni sera si radunano anche tanti giornalisti.  

«Questa sparatoria rischia solo di far dimenticare i veri problemi della zona», ci dice una cittadina. «La parte brutta di questo quartiere è il palazzaccio di Bligny al 42, occupato dai magrebini e fortino della droga. Lì ci sono i veri fatti di cronaca nera».

Spelta poteva essere uno come tanti a Milano. Poteva avere forse un suo giro di spaccio, come iniziano a ipotizzare gli inquirenti. Ma con Porta Romana forse c’entrava poco o nulla, lui che era di casa in via Mecenate. «Avrebbero potuto farlo in qualsiasi altro quartiere, si vede che sono stati dei professionisti», dice Marchino, alle prese con il primo giorno di lavoro in una pizzeria di Via Crema, da anni abitante nella zona, a pochi passi dal luogo del delitto.

«Qui a parte qualche scippo, qualche caso di racket denunciato in viale Montenero, c’è davvero poco da segnalare. Potevano farlo pure in piazza del Duomo. Sono andati a cercarlo, qui hanno casa moltissimi poliziotti, il quartiere è sicuro», ricorda Same, di origine egiziana, titolare del Same Restaurant, pieno come al solito e con il telefono che continua a squillare per le prenotazioni. 

«Via Muratori adesso è diventata il bronx, come Scampia a Napoli, ma non scherziamo…», afferma sorridendo uno dei camerieri di un’altra enoteca nella via, a pochi passi da dove è avvenuto il fattaccio. Qui i ragazzi arrivano e occupano i tavolini. Bevono spritz. Addentano focaccine, mentre i tg preparano i pezzi da mandare in onda per le edizioni serali. 

«Se la sarà andata a cercare», taglia corto anche uno studente della Bocconi, che qui vicino ha da poco riaperto i battenti per lezioni e esami  dopo la pausa estiva. Ne sono tutti convinti. «Per venire uccisi di lunedì sera a Porta Romana, con mille testimoni, vuol dire che vuol dire che l’hai fatta davvero grossa», chiosa un’altra signora, ancora sotto choc per il fattaccio di lunedì sera.

Dietro a Spelta, insomma, c’è una Milano forse nascosta, ma viva e presente in città. Sono i fantasmi del capoluogo lombardo, di chi conduce una vita sopra le righe, che frequenta i bar e le discoteche della notte. Di chi viaggia molto, con i soldi del narcotraffico e dello spaccio.

Porta Romana non è altro che uno spicchio di una città in questi anni dove il crimine organizzato è dilagante, con i clan calabresi a farsi la guerra per gli appalti, le macchinette nei bar e appunto per lo spaccio di cocaina. È un’infiltrazione silenziosa, ma inesorabile. Ancora oggi il pm Ilda Boccassini ha segnato sulla sua agenda l’arresto di 37 affiliati e ha denunciato ancora una volta l’omertà degli imprenditori. «Un dato inquietante che permane sin quando la classe imprenditoriale non capirà che stare con lo Stato è più pagante che stare con l’anti – Stato».

Nei prossimi giorni la Lega Nord proporrà una raccolta firme per chiedere il ritorno dell’esercito in città. Il centrodestra parla di far west in giro per le strade, ma la situazione non è molto differente da quella durante le amministrazioni targate Pdl e Carroccio. Basta dare un’occhiata alla mappa della cronaca nera di Milano, del giornalista freelance Daniele Belleri, dove sono evidenziati tutti i casi di nera in città dal 2010 a oggi. 

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