Ormai non si parla d’altro che della Regione Lazio e, soprattutto, della festa a tema “Ulisse torna a casa e sfida i nemici” organizzata da Carlo De Romanis. Oggi ci torna Aldo Grasso con un corsivo sul Corriere della Sera. E scrive: «De Romanis sostiene di aver pagato con i suoi soldi la festa. Ma è l’idea stessa di una simile festa a riproporre il simulacro della Capitale corrotta, della vecchia e cariata Roma coatta e fascistella. Questi governano ma il loro immaginario è fermo ai remake pecorecci di Dolci vizi al foro di Richard Lester, tutt’al più di Spqr 2000 e 1/2 anni fa dei Vanzina. Questi governano ma pensano solo a divertirsi nel lusso. Questi governano ma fanno baldoria in mutande ai toga party».
«C’è stato un tempo – prosegue Grasso – in cui il ridicolo disonorava più del disonore. Purtroppo il ridicolo è stato anestetizzato dall’abitudine, dal menefreghismo, dalla strafottenza. Tra ruberie e mojito a bordo piscina, corriamo spensierati verso il precipizio vestiti da squallide comparse di Cinecittà. Uno sfacelo estetico ancor prima che estetico».
E adesso mi domando: perché dobbiamo per forza mischiare tutto? Perché deve finire tutto in un unico calderone in cui poi non è più possibile discernere le responsabilità politiche e penali da quelle – mi si consentirà di minor impatto sulla società – estetiche? Che cosa c’entra una festa privata col furto, furto, sistematico e organizzato dei consiglieri regionali a danno dei contribuenti?
Di questo dovremmo occuparci, solo di questo. La festa privata, pagata con soldi propri, è festa privata, come peraltro ha scritto Stefano Casertano qui su Linkiesta. Perché dobbiamo analizzare e giudicare, dall’alto di chissà quale pulpito estetico, i gusti delle persone? De Romanis è libero di organizzare le feste che gli pare. Se mi avessero invitato, avrei partecipato anch’io. Non ci trovo nulla di male. Perché mai dovrei vergognarmi di essere stato a una festa in maschera? Quale retao commette chi indossa una maschera di maiale?
Non mi sfugge che le foto della festa siano un richiamo per gli italiani e per noi giornalisti che così possiamo pontificare sul presunto cattivo gusto. Ma quel che succede a casa mia – e in questo caso non è successo davvero nulla, solo un’innocua festa, tra l’altro ben organizzata a quanto pare – tale deve rimanere. Non credo che sia il caso di indugiare sulle debolezze o sulle preferenze private del politico o della persona. Ciascuno ha le proprie. Il tribunale dell’estetica lasciamolo ad altri Paesi, se ci riusciamo.