Che cosa ha scassato de Magistris, oltre alle illusioni dei napoletani?

Che cosa ha scassato de Magistris, oltre alle illusioni dei napoletani?

Napoli. Maggio 2011. Con il 65% dei consensi (e quasi un elettore su due astenuto), Luigi De Magistris vince il ballottaggio per la poltrona a sindaco di Napoli distaccando Gianni Lettieri di 30 punti. “Napoli è stata liberata”, dichiara ai microfoni. La sera si fa festa in Piazza Municipio, davanti a Palazzo San Giacomo, sede del Comune. I suoi elettori scendono per strada. La gioia esplode: auto in festa, clacson impazziti in un tripudio di arancione. Lui fende la folla sventolando una bandiera arancione, sale sul palco, si lega in testa la bandiera come una bandana e urla: “Abbiamo scassato e abbiamo arrevotato!”.

È passato un anno e mezzo e De Magistris sembra aver spaccato davvero, anche se forse non come intendeva lui. Il sindaco ha innanzitutto creato due importanti smottamenti nella sua stessa giunta: nel giro di soli dodici mesi ha perso, infatti, due dei suoi assessori più fidati, Pino Narducci e Riccardo Realfonzo per il venir meno della condivisione di obiettivi e modalità di azione. Soprattutto le dimissioni di Narduci, magistrato come il sindaco, hanno fatto discutere tanto a Napoli.

Anche all’interno della città il sindaco pare aver creato una frattura. C’è chi, tutto sommato, è contento delle piccole rivoluzioni effettuate, come la zona traffico limitato e il lungomare liberato, e chi, invece, non perdona al sindaco di non aver affrontato, nei tempi record che aveva annunciato, e anche se con i pochi soldi a disposizione, i problemi endemici della città, come la criminalità a Scampia, la manutenzione delle strade e la precarietà dei trasporti.

Poi c’è il capitolo spazzatura. E qui una parentesi è doverosa. È vero che le strade non sono più sepolte sotto quintali di sacchetti, che la vergogna di Napoli non fa più il giro del mondo, e questo è un merito di cui non ci si può dimenticare. De Magistris è riuscito laddove altri hanno fallito per anni e anni. E, da sola, la soluzione di una delle più gravi crisi che l’Italia ricordi negli ultimi anni potrebbe valere il prezzo del biglietto. Anzi, per chi osserva Napoli da lontano, sicuramente è così. Ma per chi ci vive è giusto sottolineare che non tutto è risolto. La raccolta differenziata, ad esempio, che pure è stata uno dei baluardi della campagna elettorale del primo cittadino, stenta a decollare. Ci sono poi le opere che a Napoli giacciono abbandonate, come ad esempio il palazzetto dello sport Mario Argento, o lo stadio San Paolo, per non parlare delle cosidette aree di sviluppo,  Bagnoli e Napoli Est, che non decollano mai.

L’ultimo inciampo della giunta De Magistris è quello relativo alla refezione scolastica. Il Comune bandisce un appalto verde innovativo, poi, per un pasticcio amministrativo, la gara viene prorogata. Si ricorre ad una procedura accelerata di emergenza, con il risultato che l’anno scolastico inizierà su vecchie logiche e non su quelle rivoluzionarie immaginate. Il tutto nella solita modalità napoletana: lavorare nell’emergenza. Insomma, dov’è la rivoluzione democratica arancione?

L’impotenza e la frustrazione della parte di città che, pur avendo votato il sindaco, inizia a consegnargli una pagella con qualche voto insufficiente, è evidente nelle parole di Chiara, 22 anni, universitaria. Un anno e mezzo fa, Chiara ha scelto De Magistris come suo sindaco e ancora lo sostiene. Oggi Chiara ha affidato a Facebook una lettera aperta al sindaco in cui descrive i disagi che è costretta a subire per recarsi all’Università con i mezzi pubblici, in una città in cui il traffico regna sovrano, e dove, in conseguenza dei tagli ai trasporti, proprio nel momento del rincaro del prezzo della benzina, sono state soppresse diverse linee dalla società municipalizzata. Alla frustrazione per il disservizio, si aggiunge, per Chiara, ciò che vede camminando per la città: blatte, strade dissestate, spazzatura. È amara la chiusura della sua lettera: “Io l’ho votata, Lei ha SPACCATO anche grazie a me. Ora le chiedo gentilmente di ricordarmi i motivi che mi hanno spinta, quel giorno, a cedere il mio voto, anzi, la mia fiducia e le mie speranze a Lei”.

Chiara fa parte di quella porzione di napoletani che hanno votato il sindaco nella speranza si risolvessero i piccoli grandi problemi legati alla vita quotidiana, alla sopravvivenza. Quelli a cui non basta che il lungomare sia stato liberato e che ci sia la Ztl, ma che vorrebbero mezzi pubblici adeguati per raggiungere scuola e lavoro, poter camminare in strade pulite, poter fare la raccolta differenziata, sentirsi, semplicemente, bene.

L’altra parte della città, invece, è quella felice di poter tornare a camminare accanto al mare, mangiare una pizza sotto la luna, guardare la Coppa Davis in mezzo alle luci delle barche ancorate in rada, rimanere incantati davanti allo spettacolo dell’America’s Cup, perché è una cosa talmente rivoluzionaria per una città come Napoli, che poco importa se i parcheggi non ci sono e le strade sono chiuse senza criterio. L’importante è che Napoli viva, che qualcosa si muova, va bene così, continuiamo a sperare.

Le innovazioni della giunta De Magistris hanno riguardato soprattutto la parte migliore della città. Ma le periferie? Sulle pagine del suo giornale, Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno, accusa la sinistra arancione, “rivoluzionaria e scassa tutto”, di aver preferito Chiaia a Scampia, quartiere, quest’ultimo, centro degli interessi di droga e camorra, dove si continua a morire per le strade. De Marco ne fa una questione di opportunismo politico ed elettorale. Ma quando verrà il turno della periferia? È vero, soldi ce ne sono pochissimi, ma perché quei pochi che ci sono non vengono mai spesi a Scampia? Un’analisi dura e stroncante, quella del direttore del quotidiano napoletano, ma quanto condivisibile?

Giovandomenico Lepore, ex procuratore capo di Napoli, quindi collega del sindaco, oggi in pensione, salva la giunta arancione “sì e no”. Lepore ritiene che le poche risorse disponibili andavano spese meglio, dividendole tra Chiaia e le periferie. Il magistrato conosce bene la realtà di Scampia, per averci lavorato nel suo momento peggiore e delinea un quadro abbastanza inedito quando afferma che il traffico di droga si è spostato verso altre zone della città: “Grazie all’azione di polizia e carabinieri, oggi Scampia non è più zona di spaccio ma raccoglie gente che viene da fuori, soprattutto da Melito e Arzano. Se accade un fatto di cronaca ad Arzano si dice che è successo a Scampia, ma questa è disinformazione”. Lepore, però, sottolinea la necessità di intervenire al più presto sul quartiere: “Per anni la gente di Scampia è stata illusa con promesse mai mantenute. Bisognerebbe attingere ai Fondi europei, abbattere le Vele, utilizzare finalmente le case sequestrate alla camorra. Bisogna collocare in qualche modo la gente che ha occupate abusivamente le Vele per decenni. Non si può passare dalla tolleranza massima alla tolleranza zero”.

Sugli interventi a Chiaia, invece, l’ex procuratore capo richiama l’attenzione del sindaco sulla programmazione: “Serve gente che pianifichi, non si possono improvvisare le cose: non posso liberare il lungomare e chiudere una città in due giorni, prima devo creare delle alternative”.

Se il giudizio di Lepore suona come una via di mezzo tra una promozione e una bocciatura, per l’attenuante della scarsità dei fondi a disposizione della giunta, Gerardo Ragone, sociologo della Federico II, attua una stroncatura tout court: “Non siamo mai stati così male come adesso, da Lauro in poi. È una delle peggiori esperienze che ha  vissuto la città e la cosa più grave è che oggi non c’è nessuno che abbia la forza di reagire. Speriamo solo che passi presto”.

Quello che Ragone contesta soprattutto all’amministrazione De Magistris è di sembrare “un ufficio direttivo di un’azienda che organizza eventi”. A suo parere, liberare un lungomare dalle auto non vuol dire renderlo più bello: “Via Caracciolo è bella così com’è, non migliora se ci mettiamo i trenini per i bambini, anzi, il valore culturale intrinseco si perde”. Liberare il lungomare? Sì, dice il sociologo, ma dalla spazzatura, come fosse una strada di Vienna, non rendendola “una Disneyland di provincia. Quello che sta accadendo a Napoli è la nazionalizzazione degli svaghi, qualcosa che si faceva in Unione Sovietica”.

Con la sua stroncatura decisa, Marco Demarco solleva importanti dubbi sull’operato del sindaco ma, indirettamente, fa il suo gioco nel dargli ulteriore visibilità sui media. I processi sui giornali piacciono tanto a De Magistris ed è questa la sua colpa maggiore secondo Ragone: amare le apparizioni sui media più di se stesso.

Chi ha votato De Magistris l’ha ritenuto soprattutto un contrasto netto con il passato. Siamo forse al momento dei rimpianti? Quando era ancora magistrato, il sindaco disse “se fosse stata utilizzata la metà dei fondi arrivati, la Calabria poteva essere una piccola Svizzera”. E Napoli? Con il Comune sull’orlo del dissesto, valeva davvero la pena liberare il lungomare o piuttosto dare la precedenza alle emergenze? Se fosse un libro, il primo anno e mezzo di giunta De Magistris potrebbe chiamarsi “Cinquanta sfumature di arancione”.  

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