Rosy Bindi e Massimo D’Alema non li nomina mai. Pier Luigi Bersani giusto un paio di volte (una per ringraziare il segretario per il coraggio con cui ha accettato la sfida delle primarie). La campagna elettorale di Matteo Renzi sbarca a Roma e il sindaco fiorentino stupisce un po’ tutti. Poche ore prima dell’appuntamento la governatrice del Lazio Renata Polverini si è dimessa, travolta dallo scandalo sui fondi pubblici al Pdl regionale. Matteo Renzi potrebbe infierire, ma non cita quasi mai neanche lei. La rottamazione dei dirigenti Pd? Il programma del sindaco è – anche – altro.
Con una decisione un po’ azzardata lo staff del sindaco di Firenze sceglie l’Auditorium di via della Conciliazione. Una scelta coraggiosa. Non tanto per la simbologia del luogo – proprio qui alcuni anni fa si è rotto il rapporto politico tra Fini e Berlusconi – quanto per la capienza. Mille e cinquecento posti a sedere. Fino a pochi minuti prima dell’arrivo di Renzi – impegnato nella registrazione di Porta a Porta – i collaboratori del sindaco controllano preoccupati le file di poltrone vuote. Ma quando iniziano a diffondersi le prime giustificazioni – «ai dirigenti Pd è stata data l’indicazione di disertare la serata» – la sala si riempie.
In platea tanti giovani. Ma non solo. «La presenza di numerosi over 50 – spiegano dallo staff di Renzi – dimostra che ridurre le primarie a una sfida generazionale è fin troppo superficiale». In sala ci sono molti curiosi. E moltissimi giornalisti.
Il sindaco arriva con il suo camper, in ritardo. Entra in sala tra i flash dei fotografi, scatenando l’applauso. «Daje Mattè» grida qualcuno. Renzi sale sul palco, saluta. Parte il jingle: lui inizia a passeggiare, microfono in mano, dialogando direttamente con il pubblico. Più che un comizio, sembra uno show televisivo. Dopo pochi minuti lo sfidante di Bersani lancia il primo video. «La sinistra ci ha abituato a vedere il futuro come una minaccia. Sembra il frate che interloquisce con Troisi in “Non ci resta che piangere”». Sugli schermi appare, tra le risate, il famoso spezzone. «Ricordati che devi morire».
Lo spettacolo di Renzi non è cabaret. È una tribuna elettorale 2.0. Un dialogo con gli elettori, i militanti, i curiosi. La fonte di ispirazione non è neppure troppo difficile da trovare. Dallo slogan semplice e accattivante, Adesso!, alla scenografia. Ovunque campeggiano il bianco, il rosso e il blu. Sembra di stare alle primarie Usa. Lui, Renzi, assomiglia parecchio a Obama (non a caso al presidente americano è dedicato l’ultimo video della serata). Senza giacca, camicia bianca con le maniche rimboccate, cravatta scura. Il sorriso. Gli difetta solo il colore della pelle.
In un’ora e mezza di discorso il sindaco dedica pochissimo tempo ai dirigenti Pd. Loro, bisogna dire, ricambiano. In sala non c’è alcun volto noto del partito. Esclusi il deputato blogger Mario Adinolfi, Andrea Sarubbi e il parisiano Fausto Recchia. Qualcuno ha avvistato Fausto Raciti, il segretario dei giovani democratici. Qualcun altro dice di aver visto Fabrizio Santori, candidato alle prossime primarie Pdl per il sindaco di Roma. Nessuna polemica: «Questa sera parliamo di Futuro, Europa, Merito».
Alcuni cavalli di battaglia sono sempre gli stessi. «Abbiamo visto ulivi, querce, margherite. Abbiamo deforestato mezza Italia…» ironizza il sindaco sull’immortalità politica di alcuni dirigenti. Scherza con il pubblico. Alcuni passaggi sono evidentemente studiati a tavolino. Come un paio di mini quiz ad alzata di mano. «Secondo voi in Italia si spende troppo per i dipendenti pubblici?». «Sìììì» grida il pubblico con le braccia in aria. A un certo punto il sindaco mostra un video del comico Maurizio Crozza. È una sua imitazione, voce da bambino, orsacchiotto sotto il braccio. «Desacralizziamo l’immagine del politico – spiega alla fine – si deve saper ridere di noi stessi. Non si va a fare la spesa da Ikea con la scorta» (il riferimento alla capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro è fin troppo evidente).
La nuova politica del sindaco di Firenze passa anche dalla scelta di archiviare i finanziamenti pubblici ai partiti. La campagna elettorale di Renzi si autofinanzia con contributi volontari. Si può donare sul sito dell’iniziativa, dai cinque euro in su. A un certo punto della serata il sindaco chiede un contributo. I suoi raccontano orgogliosi che in pochi giorni sono stati già raccolti quasi 25mila euro. «È questo l’unico modo di fare politica» spiega lui.
Qualcuno dice che il programma di Renzi non esiste? Il programma c’è. È sul sito, un documento di quaranta pagine. Durante la serata il candidato alle primarie si sofferma su alcuni punti. Asili nido, infrastrutture, sostegno ai redditi più bassi, ambientalismo, trasparenza. Per tutto il resto chiede, e lo fa con insistenza, di andare su internet. Punta sulla «voglia di crederci, di informarsi, di incuriosirsi» dei presenti. «Se avete tempo andatelo a leggere». Alcune posizioni del sindaco sono già note. Ma Renzi preferisce ripetere: dal licenziamento dei lavoratori pubblici che sbagliano, alla condivisione della riforma delle pensioni Fornero.
Qualche giorno fa il suo appello agli elettori di centrodestra ha fatto gridare allo scandalo. Stasera Matteo Renzi torna sull’argomento. «Circola un pensiero deleterio: che non si possa parlare agli elettori di quell’altra parte». Eppure «in Parlamento ci sono 184 eletti che hanno cambiato casacca. Ma se un candidato dice: “Spero di prendere il voto di chi l’altra volta non ci ha votato” viene accusato di intelligenza con il nemico». L’avvertimento ai dirigenti Pd è semplice e disarmante. «L’ultima volta abbiamo perso. Se non si prendono i voti di chi non ci ha votato, si perde ancora».
La vittoria alle primarie? Renzi ci crede. Lo dicono i sondaggi, ricorda. È questa l’occasione giusta, «la sfida per restituire dignità e bellezza alla politica». Il senso della sua candidatura il sindaco lo racconta verso fine serata. «Non ho fatto vincere la pigrizia del quieto vivere sul coraggio di cambiare le cose». Il futuro, ovviamente, è al governo. Dopo Monti. Perché il Professore «ha restituito prestigio ed equilibrio all’Italia. Ma al suo governo manca l’anima, l’orizzonte».
Alla fine Renzi lascia il palco per scendere in platea. Un bagno di folla. Firma autografi, scrive dediche sulle copie del suo ultimo libro, stringe mani. Fuori dal teatro, davanti alla basilica di San Pietro, alcuni ragazzi si fanno fotografare davanti al camper del sindaco.