È una storia che va avanti dagli anni ’90. Da quando il gastroenterologo Andrew Wakefield pubblicò un articolo sulla rivista Lancet, in cui metteva in relazione, il vaccino trivalente Mpr (morbillo, parotite, rosolia) e un disturbo del tratto intestinale (enterocolite cronica), il quale sembrava portare a danno neuronale e sindrome autistica. L’articolo fu poi ritrattato dalla stesse rivista, perché i dati in realtà, erano stati falsificati e Wakefield radiato dall’ordine dei medici. Lo studio inoltre era stato condotto solo su dodici bambini, non teneva conto del fatto che l’età in cui viene somministrato il vaccino è la stessa in cui si manifestano i primi sintomi del disturbo, e infine Wakefield nel suo studio non aveva utilizzato un gruppo di confronto con bambini non vaccinati.
Ma questa è acqua passata. Quello che stupisce è che ancora oggi, a distanza di anni, si parli della possibile associazione tra vaccino trivalente e autismo e l’opinione pubblica a riguardo, sia dibattuta. La confusione nasce dal fatto che quest’anno, due giudici, uno a Rimini l’altro a Torino, hanno condannato il vaccino trivalente Mpr, stabilendo i primi risarcimenti per le famiglie dei bambini colpiti da sindrome autistica, di cui si è parlato anche su Repubblica. Nella sentenza di Rimini, si legge che «sulla base di un esame approfondito del caso, anche alla luce della letteratura specialistica aggiornata, il minore era affetto da disturbo autistico associato a ritardo cognitivo medio riconducibile con ragionevole probabilità scientifica alla somministrazione del vaccino Mpr». E che i primi sintomi si sarebbero verificati già lo stesso giorno della somministrazione del vaccino.
Il giudice quindi ha basato la sua decisione su di una correlazione temporale tra inoculazione del vaccino e primi sintomi della sindrome, che però si manifestano entrambi durante i 2-3 anni. E senza nessuna base scientifica, perché tutti gli studi condotti dal ’98 in poi, dimostrano che non vi è alcun legame tra vaccino e autismo. Lo scrive anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), e lo dimostrano alcuni recenti studi riassunti in questo articolo di Franco Giovanetti, Dirigente medico presso il Dipartimento di Prevenzione della ASL CN2 di Alba (Cn) e in particolare questa revisione sistematica del 2012 della Cochrane Collaboration («un’iniziativa internazionale no-profit nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative alla efficacia degli interventi sanitari») nella quale gli autori ribadiscono che non è stata trovata alcuna evidenza che il vaccino trivalente possa essere causa di autismo. C’è quindi da chiedersi su che letteratura specialistica aggiornata si sia basato il parere dell’ausiliare medico legale che ha aiutato il giudice nel prendere la sua decisione.
Nella stessa revisione della Cochrane Collaboration si legge inoltre che la questione sollevata dall’articolo del dottor Wakefield, non ha fatto che indebolire il programma di vaccinazione pubblico, creando sospetto da parte dei genitori. Il che ha portato, in definitiva, a una riduzione della copertura del vaccino trivalente e un incremento della diffusione del morbillo nel Regno Unito. Il pericolo maggiore semmai è che la copertura, raggiunta grazie alle campagne vaccinali condotte per anni, possa venir meno e si abbia una riacutizzazione di queste patologie Che, «se raramente mortali nei paesi industrializzati, possono però portare a gravi complicanze, nel caso del morbillo anche neurologiche», come spiega a Linkiesta il dottor Michele Grandolfo, già dirigente di ricerca del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che per anni si è occupato di studiare strategie vaccinali. «Lo stato di salute di una persona dipende dallo stato di salute delle altre persone, non sono indipendenti l’uno dagli altri — continua Grandolfo — La salute è un bene comune e dietro ogni campagna di vaccinazione ci deve essere un’adeguata strategia ben studiata e con obiettivi precisi. Campagna che ovviamente deve anche tener conto della salute del singolo. Per questo sono necessari sistemi di sorveglianza attiva e studi molto accurati che permettano di stimare la quota di eventi avversi da considerare come effetti collaterali (l’effetto collaterale, a differenza dell’evento avverso, è legato con nesso di causa al farmaco)».
«Certo sarebbe stupido pensare che non si possa verificare un evento avverso, perché il vaccino è pur sempre un farmaco» come ricorda anche la dottoressa Francesca Granucci, professore associato di patologia generale e responsabile del laboratorio di immunologia cellulare e molecolare dell’Università di Milano-Bicocca,«il rischio di contrarre una di queste malattie infettive però è molto maggiore che riscontrare un possibile evento avverso del vaccino, pericolo che d’altra parte corriamo ogni qualvolta assumiamo un farmaco. Si tratta di casi rarissimi, ma se non venissero somministrati moltissimi bambini si ammalerebbero ancora. Oggi i bimbi non si ammalano più e gli effetti collaterali son pochissimi. Raggiungere e mantenere un’adeguata copertura per la malattie infettive, per cui disponiamo di vaccini, è un bene» conclude la dottoressa Granucci «e anzi, ne servirebbero molti di più, uno per esempio quello contro l’Hiv».
Per dirla con l’esempio del dottor Grandolfo, «se una mamma deve mandare la figlia a prendere il latte e deve scegliere tra una via con i palazzi pericolanti o una sicura, è ovvio che sceglierà la seconda, ma non può escludere che cada un pezzo d’aereo, assolutamente fuori contesto, e crei dei danni. Gli eventi avversi accadono, e per questo bisogna eseguire degli studi rigorosi e precisi, in cui vengono posti a confronto bambini vaccinati e non, le cui condizioni sono seguite per anni. Se nel gruppo dei bambini vaccinati si ha una maggior frequenza di eventi avversi rispetto ai bambini non esposti al vaccino, è già un dato importante. A quel punto per parlare di effetti collaterali, però, (un evento associabile alla vaccinazione), è necessario trovare una relazione di causa effetto e un meccanismo d’azione che la spieghi. Bisogna poi considerare che eventuali problemi possono sorgere anche per reazioni allergiche a uno dei componenti del vaccino, o a un errato modo si somministrazione. Non è così semplice capire a cosa è dovuto l’evento avverso quando si verifica, e per questo sono necessari ulteriori studi. Ma per adesso è impossibile affermare con certezza che il vaccino causi l’autismo, anche perché le cause di questa sindrome sono tuttora sconosciute.