Atene in fiamme: il debito aumenta e gli aiuti pure

Atene in fiamme: il debito aumenta e gli aiuti pure

Due anni in più per ripagare i debiti. Alla fine, dovrebbe essere questo il risultato che porterà a casa la Grecia, che ha chiesto ufficilamente più tempo. E non un euro di più. «I patti sono patti e vanno rispettati», avrebbe ripetuto almeno tre volte il cancelliere tedesco Angela Merkel in visita ad Atene, dove ha incontrato il premier greco Antonis Samaras. Lacrimogeni, bandiere naziste bruciate, insulti, proteste: questa è stata l’accoglienza che il Paese ha riservato al politico forse attualmente meno amato nell’eurozona. Questo nonostante Samaras abbia ricordato che «il cancelliere Merkel è arrivato ad Atene per rompere l’isolamento, dimostrando che Germania e Grecia sono amici». Non la pensavano così le migliaia di manifestanti riunitesi in Piazza Syntagma, la principale della capitale.

In un’Atene militarizzata, il cancelliere tedesco è arrivato nella residenza del primo ministro ellenico. L’obiettivo era discutere in merito alle intenzioni di Atene. Su un piatto ci sono 31,5 miliardi di euro, cioè la prossima tranche del pacchetto di aiuti per la Grecia. Sull’altro piatto ci sono i 13,5 miliardi di euro in tagli che sono richiesti dalla troika (Ue, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale). In mezzo, tanta confusione. In un’intervista al quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt, il premier Samaras ha messo in allarme la comunità internazionale, sottolineando che entro la fine di novembre non ci saranno più soldi nelle casse del Tesoro ellenico. Come ha rimarcato Goldman Sachs, «si tratta della solita modalità di dialettica del governo greco: esagerano pur di avere i soldi quanto prima». E non a caso, dopo poche ore dalla pubblicazione dell’intervista, fonti governative greche interpellate da Bloomberg hanno affermato con sicurezza che entro il 12 ottobre la Grecia pagherà circa 900 milioni di euro al fondo European stability mechanism (Esm), varato ufficialmente ieri. Non a caso, la Merkel ha ribadito che «non è che pagando una tranche di aiuti si risolvono i problemi della Grecia». E la prossima tranche, attesa per fine novembre, potrebbe essere l’ultima. Per il futuro, occorre di più.

Sul campo, infatti, ci sono ancora altre opportunità. Nel Fiscal monitor rilasciato stanotte, il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo le proiezioni per il rapporto debito pubblico/Pil della Grecia. Le stime vedono il raggiungimento di quota 181,8% nel 2013, oltre 20 punti percentuali in più rispetto al Fiscal monitor di aprile. Peccato che sei mesi fa era appena avvenuta la ristrutturazione del debito ellenico detenuto dai creditori privati di Atene, rappresentati dalla lobby bancaria Institute of international finance (Iif). È questo il Private sector involment (Psi), varato durante il Consiglio europeo del 21 luglio 2011. Con il riscadenzamento dei 206 miliardi di euro sui 365 totali di fine febbraio, si pensava che le sofferenze di Atene potessero essere ridotte. Anche merito del processo di privatizzazione degli asset pubblici greci. Ma se nel giugno 2011 si stimava che potessero essere raccolti circa 50 miliardi di euro nell’intervallo temporale fino al 2015, ora la cifra si è più che dimezzata: le aspettative sono per 19 miliardi. La stessa Merkel non ha escluso che possano esserci ulteriori possibilità per Atene. Una di questa è l’attivazione dei fondi della Banca europea per gli investimenti (Bei) al fine di ristorare la crescita nelle aree dove questo è possibile. «Faremo di tutto per garantire un accesso alla Bei per la Grecia», ha detto il cancelliere tedesco.

Tuttavia, non è ancora esclusa del tutto la possibilità più pesante. Potrebbe infatti arrivare un Official sector involvement (Osi). In altre parole, la svalutazione dei bond governativi detenuti dalla Banca centrale europea. Si tratta di circa 50 miliardi di euro, tutti raccolti tramite il Securities markets programme (Smp), il meccanismo di acquisti di titoli di Stato sul mercato obbligazionario secondario da parte della Bce. «Potrebbe arrivare entro la fine della prima metà del 2013, anche perché potrebbe essere indispensabile per dare tempo alla Grecia», ha spiegato nelle scorse settimane una nota di Bridgewater Associates, il fondo hedge di Ray Dalio. L’evidenza dei fatti lascia poco spazio all’ottimismo.

La depressione economica peggiora di giorno in giorno. Le previsioni di Fmi, Commissione europea e governo greco vengono costantemente riviste al ribasso. E ogni sei mesi i tecnici della troika tracciano quadri sempre più desolanti. Il Pil per quest’anno si contrarrà del 6,5%, mentre nel 2013 saranno lasciati sul campo 3,8 punti percentuali. E come sottolinea oggi Société Générale, lo stesso Fmi è preoccupato dalla situazione in Grecia. Il livello di indebitamento che continua ad accumulare Atene sta erodendo i margini operativi dei funzionari della troika. Il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, ha affermato che la Grecia deve ancora portare avanti diverse riforme strutturali prima di poter dire di aver centrato gli obiettivi assunti con la comunità internazionale. Più o meno le stesse parole che oggi ha pronunciato il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schäuble, mentre la riunione del cancelliere tedesco e del premier ellenico era in corso.

Dopo il colloquio con la Merkel, ora il destino della Grecia è nelle mani di Samaras e del ministro delle Finanze Yannis Stournaras. O trovano un modo per tagliare ancora la spesa pubblica di circa 13,5 miliardi di euro oppure nulla deve essere dato per scontato. «I debiti della Grecia sono così elevati che è possibile che abbiamo frodato ancora più di quanto non sia già emerso sui conti pubblici negli anni passati», dice a Linkiesta un senior analyst del Credit Suisse. Se così fosse, tocca alla troika scoprirlo. Poi, sarà il governo greco a risponderne. Forse per l’ultima volta. 

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