Niente da fare. La commissione parlamentare di inchiesta sulla Siae probabilmente non si farà mai. La lunga indagine conoscitiva della commissione Cultura della Camera dei deputati aveva evidenziato diverse criticità nella gestione della Società italiana degli autori ed editori. Tanto da giustificare, secondo molti deputati che hanno assistito ai lavori, un doveroso approfondimento. Lo scorso marzo, così, i rappresentanti di tutti i partiti hanno presentato una proposta in questo senso. A fine luglio si è chiusa l’indagine. Ma oggi quel documento non è stato ancora approvato: la proposta di inchiesta parlamentare è ancora all’esame della commissione Cultura. Nonostante l’accordo trovato qualche mese fa, qualcuno ha cambiato idea. Udc e Pdl hanno presentato circa 120 emendamenti (così il 2 ottobre). I lavori si sono allungati. A pochi mesi dalla fine della legislatura è ormai probabile che la vicenda si chiuda senza ulteriori novità.
La storia inizia lo scorso inverno. Dopo alcune audizioni informali, lo scorso 15 febbraio la commissione Cultura di Montecitorio delibera lo svolgimento di una specifica indagine conoscitiva sulla Siae «per approfondire le principali problematiche connotate da profili di particolare criticità». Il lavoro della commissione è lungo e articolato. In cinque mesi si svolgono oltre venti sedute. Vengono ascoltati più di trenta soggetti (tra cui il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi, il sottosegretario Paolo Peluffo, il commissario straordinario Siae Gian Luigi Rondi).
«I problemi sono emersi subito – racconta il deputato Idv Pierfelice Zazzera – fin dalle prime audizioni del commissario e dei sub-commissari (dal marzo del 2011 l’ente è in stato di commissariamento straordinario, ndr), che hanno accusato la precedente gestione di aver truccato i bilanci». Non sarebbero gli unici punti da chiarire. «Sono emersi comportamenti antisindacali – continua il parlamentare – La stessa indagine conoscitiva, poi, era nata in seguito a una vicenda legata alla dismissione di alcuni immobili di proprietà della società a prezzi molto più bassi rispetto al valore di mercato. Lo stesso governo in una delle ultime audizioni in commissione si è lamentato del fatto che la Siae è l’unico ente che non si fa controllare i bilanci dalla Corte dei Conti».
Insomma, abbastanza per approfondire la questione. L’indagine si chiude a luglio. La relazione conclusiva viene votata all’unanimità dai componenti della commissione. Qualche tempo prima, a marzo, otto deputati in rappresentanza di tutti i partiti hanno firmato una proposta di legge per istituire una commissione d’inchiesta. Ci sono Enzo Carra dell’Udc, Emerenzio Barbieri del Pdl, ma anche Erica Rivolta della Lega e Emilia Grazia De Biasi del Partito democratico. «In questo particolare periodo di crisi politica, sociale ed economica nazionale internazionale – si legge nel documento – è necessario che il Parlamento tuteli le proprie prerogative di rappresentanza popolare, tra cui si annovera il suo precipuo compito di vigilare sull’esercizio delle funzioni e sull’amministrazione dei beni pubblici, a tutela dell’interesse dei cittadini».
I partiti, insieme, chiedono che vengano chiariti «gli esiti delle scelte di bilancio e di gestione operate dai responsabili della Siae nonché l’operato degli organi pubblici deputati dall’ordinamento alla vigilanza sull’ente». Ci sono stati errori o scorrettezze? L’inchiesta dovrebbe spiegare proprio questo. «Fare chiarezza sull’intero sistema (…) è pertanto doveroso per prevenire il rischio che in futuro si ripetano casi macroscopici di violazione delle regole». La proposta di legge chiede di istituire una commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sulla situazione della Siae. Per far luce, tra le altre cose, su «la consistenza e le gestione del patrimonio immobiliare della Siae, nonché la disciplina concernente il funzionamento e le attività dell’ente», ma anche «le modalità di adozione, deliberazione e approvazione dello statuto della Siae, di selezione e retribuzione del personale, di conferimento degli incarichi direttivi, di nomina e revoca degli agenti mandatari».
Poi succede qualcosa. «Eravamo tutti d’accordo – racconta la deputata Rivolta – E ora non lo siamo più». I lavori rallentano, qualcuno forse cambia idea. «Mi sembra chiaro – continua la parlamentare leghista – che da parte di molti non c’è più voglia di procedere. Alla luce delle vicende emerse durante l’indagine sarebbe doveroso andare avanti. Anche se ormai la piega che ha preso la questione mi fa capire che alla fine la commissione non si farà più».
Alla proposta di legge depositata a marzo dai rappresentanti di tutti i partiti vengono presentati diversi emendamenti. Circa 120. Tutti dagli stessi parlamentari. La settimana scorsa si inizia a votare. Quasi tutte le richieste di modifica sono sostenute da sette deputati Pdl. Insieme. Barbieri, Centemero, Di Centa, Lainati, Lunardi, Mazzuca, Palmieri. Tra di loro spicca la presenza di Barbieri. Il deputato Pdl che ha firmato la proposta di inchiesta parlamentare adesso chiede di modificare quel progetto? «La posizione di Barbieri – racconta Erica Rivolta – è effettivamente bizzarra. Chissà, forse nel frattempo sono arrivati input particolari».
La situazione è insolita. Tanti esponenti della commissione raccontano di pressioni arrivate negli ultimi tempi per fermare la nascita della commissione d’inchiesta. Il resoconto stenografico di una seduta in commissione Cultura dello scorso luglio riporta lo sfogo del deputato Udc Enzo Carra. «Non ci sono pressioni – le parole del parlamentare centrista – ci sono minacce e lusinghe. Non capisco per quale motivo non si debba dire la verità almeno qui e alla nostra età. Credo anche che un luogo deputato alternativo alla commissione parlamentare d’inchiesta possa essere semplicemente la procura delle Repubblica. Dobbiamo saperlo. Se non istituiremo la commissione d’inchiesta credo che qualcuno di noi si dovrà recare a piazzale Clodio».
In privato diversi deputati confermano. Emergono anche dei nomi. Le pressioni sarebbero arrivate, per quanto riguarda il partito berlusconiano, direttamente dall’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Vero? Falso? Impossibile trovare conferma: in tanti dicono di sapere qualcosa. Tutti, però, chiedono di non fare il proprio nome. Emerenzio Barbieri non ci sta. «È inaccettabile – spiega – in commissione hanno accusato anche me di aver subito pressioni. Ma ho reagito duramente. Se qualcuno ha il coraggio di dire una cosa del genere deve fare nomi e cognomi. Ma chissà perché a quel punto restano tutti zitti». Si tratta solo di illazioni? «Dico proprio di sì». Certo, è strano presentare un centinaio di emendamenti a una propria proposta di inchiesta. Barbieri spiega: «Il documento risale allo scorso marzo. All’epoca l’ho firmato con convinzione. Ma oggi quel progetto è stato di gran lunga superato dagli eventi. L’indagine conoscitiva ha dimostrato che una commissione di inchiesta ormai non ha più senso. Il Parlamento non può più fare nulla, oltre a quello che è stato già portato alla luce non siamo in grado di andare».
La responsabilità dei ritardi è anche del governo. «La commissione Cultura si è fermata davanti all’indicazione – prosegue Barbieri – su quale futuro assetto sia meglio per la Siae. Personalmente credo che la soluzione migliore sia la privatizzazione. Ma adesso è il governo a doversene occupare. L’esecutivo ha in mano la bozza del nuovo Statuto Siae da marzo. Siamo a metà ottobre, sarà anche il caso che dica cosa vuole fare». Intanto il tempo stringe. Anche se la proposta di legge venisse approvata in poche settimane, l’istituzione di una commissione di inchiesta dovrebbe superare il vaglio dell’Aula. Ma già a febbraio, nella migliore delle ipotesi, le Camere saranno sciolte.
Molti deputati sono convinti che la commissione avrebbe comunque ragione di esistere. «Basterebbero tre mesi per far luce su tante vicende» dicono. «E poi sarebbe comunque un segnale importante» spiega Erica Rivolta. Tornano le indiscrezioni sulle pressioni. Sui poteri forti. Il primo tentativo di bloccare l’inchiesta, raccontano, sarebbe stato fatto scegliendo come relatrice del provvedimento la leghista Paola Goisis. Una parlamentare all’opposizione. Si pensava, forse, poco motivata a portare avanti la proposta. Un errore. Solo due giorni fa la battagliera deputata dichiarava: «Nonostante l’ostruzionismo proveniente da più parti, la Lega Nord ribadisce la propria volontà di arrivare il prima possibile all’istituzione di una Commissione d’inchiesta sulla Siae che possa indagare e acquisire i documenti necessari per verificare se e quali irregolarità sono state commesse».