CineteatroraE l’arte astratta debutta in una chiesa cattolica

E l’arte astratta debutta in una chiesa cattolica

Capita poche volte di assistere all’integrazione di opere d’arte contemporanea in luoghi del sacro. Nella Chiesa di San Fedele a Milano è diventata una realtà possibile grazie all’esposizione nella zona dell’abside di tre tele monocrome degli anni ’80 del secolo scorso, firmate David Simpson, artista minimalista americano, nato nel 1928. L’idea di questo incontro fra antico e contemporaneo viene dal padre gesuita Andrea Dall’Asta, storico e critico d’arte, direttore della Galleria San Fedele di Milano, che non è nuova a esperimenti di dialogo fra la fede e le ultime ricerche estetiche. Un tentativo coraggioso in un ambito dove il cristianesimo, e la Chiesa cattolica in particolare, segnano il passo con la pittura contemporanea. Specialmente in Italia. E chissà che non venga vista favorevolmente anche dalla Curia milanese, per evolvere in un’installazione permanente. Nel caso, il consenso della collezione Panza da cui proviene la triade dell’artista americano ci sarebbe.

Si sostiene che l’arte cristiana non possa che essere figurativa. «Il fatto che manchi la figura non vuol dire assenza dell’immagine – risponde Dall’Asta – Nelle opere di Simpson è lo splendore della luce che invita l’uomo a entrare nelle sue dimensioni più profonde. Di fatto, non esiste contraddizione tra arte figurativa e arte non figurativa. Chiedersi se un’opera è astratta o figurativa, è un falso dilemma che dimentica il senso più profondo dell’immagine. Ogni forma infatti rende sempre presente qualcosa. Anche quando il soggetto non è figurativo, una creazione sorge all’essere, un realtà è rappresentata, è presenza». In questi giorni, in occasione della mostra «Tra Natura e Spirito», dedicata alla memoria di Giuseppe Panza di Biumo, collezionista dell’espressionismo astratto e del concettualismo, l’intento di avvicinare l’arte non figurativa alla fede prosegue quindi dentro l’abside seicentesca, alle spalle dell’altare neoclassico. Aprirà ufficialmente oggi alle 17, con una riflessione sul suo valore teologico e un concerto policorale. 

Di fatto, la Chiesa di San Fedele non è nuova al contemporaneo. Una pala del Sacro Cuore di Lucio Fontana e una Via Crucis dello stesso artista sono ospiti da tempo e presenti all’esercizio del culto. Le tele di Simpson dicono che è inutile cercare di catturare il divino, di rappresentarlo attraverso una forma definita, perché il divino può essere evocato, suggerito. Secondo Dall’Asta, «possiamo qui ritrovare una riflessione sulla teologia negativa, fondamentale nella tradizione cristiana, di un modo di pensare Dio e di parlarne per viam negationis, ponendo Dio al di là di ogni cosa creata, per cui nessuna definizione può essere adeguata a Dio. Di Dio possiamo allora dire quello che “non è”, nella negazione di tutte le determinazioni sensibili.  Dall’altro lato, l’arte figurativa esprime una linea di ricerca che cerca di tradurre l’esperienza del divino attraverso forme che esprimono l’esperienza dell’uomo con il Dio della vita che si incarna in Gesù Cristo, così come scritto nei Vangeli. Tuttavia, credo non si possa scartare una ricerca a favore dell’altra, ma l’una assume pienezza di senso, nel momento in cui convive con l’altra».

La sequenza dei monocromi si pone su un’identica linea di ricerca dell’arte come conoscenza e nulla è lasciato al caso. Già dall’ingresso principale si apre una scena che a distanza coglie la collocazione discreta dei dipinti nel presbiterio luogo deputato, ricorda Dall’Asta, a esprimere «l’escaton, la Gerusalemme celeste… la città meravigliosa della fine dei tempi dove regna la luce». Da sinistra a destra o anche viceversa, l’occhio percorre tre specchi di colore ciascuno disposto sotto una finestra che irradia luce naturale. Sono colori che rievocano quelli dell’iconografia classica: l’oro del divino, vedi per esempio il fondo oro dei mosaici bizantini o delle tavole medioevali, il rosso, che è il colore del sangue e al contempo della regalità di Cristo, e l’azzurro dello Spirito perché l’azzurro è il colore del cielo, del vento, del soffio». Se davvero i monocromi di Simpson diventassero parte integrante della tradizione artistica e liturgica della Chiesa di San Fedele si tratterebbe di un esperimento di enorme impatto, paragonabile alla pittura murale di Mark Rothko in una chiesa di Houston. In tempi più recenti anche il lavoro di Dan Flavin per la Chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa a Milano ha fatto storia: non una decorazione, ma un’illuminazione per campiture colorate a metà tra l’esperienza reale e l’elevazione mistica. Il minimalismo di Simpson abbraccia la stessa tensione alla luce e al rapporto con il divino che non si può ingabbiare. Un infinito condensato nel finito dei tre atti di una rappresentazione con una continua improvvisazione di senso affidata all’occhio e allo spirito.

Il passo successivo guarda al futuro, alle riflessioni avviate già da Paolo VI sull’arte. Riflessioni che Dall’Asta riprende a cinquant’anni di distanza dal concilio Vaticano II nei termini di un legame tra fede e cultura: «La Chiesa deve riprendere a comunicare con la cultura a lei contemporanea, dopo secoli di fratture. È questa un’esigenza che esprime il modo con cui la Chiesa si pone in relazione col proprio tempo. E, per comunicare, occorre imparare i linguaggi della contemporaneità, sapere ascoltare, dare risposte credibili». È in gioco il rapporto fra chiesa e mondo.

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Policoralità dal ’400 all’800
Chiesa di San Fedele
21 ottobre 2012 ore 17

Tra Natura e Spirito
Omaggio a Giuseppe Panza di Biumo
Galleria San Fedele – Milano

Ingresso gratuito

L’abside della Chiesa di San Fedele in Milano – Sotto le finestre le tele monocromatiche di David Simpson (foto Sergio Lovati)