Hollande contro Jospin. Il presente e il passato dei socialisti francesi si gioca sulle 35 ore. Il dibattito dura da dodici anni, da quando cioè l’esecutivo guidato da Lionel Jospin decise di fissare un limite alle ore lavorative settimanali, all’insegna del “lavorare meno per lavorare tutti”. A infiammare gli animi sul dogma della gauche transalpina è stato ieri un’intervento del primo ministro francese, Jean-Marc Ayrault, nel corso di un dibattito con i lettori di Le Parisien. Ayrault, rispondendo alla domanda di un lettore, prima ha sostenuto che un ritorno alle 39 ore retribuite «non è un tabù» e poi ha sostenuto che le 35 ore «hanno causato più di qualche difficoltà, soprattutto alle Pmi». Salvo poi fare marcia indietro, dopo la presa di distanza del ministro del Lavoro Michel Sapin, che si è precipitato a specificare: «È una conquista sociale e finché la sinistra è al potere non si toccheranno». Scontate le reazioni della destra dell’Ump, che in Parlamento ha ironicamente lodato “l’intuizione” di Ayrault.
È scattato il putiferio. La questione, al di là delle Alpi, è identitaria.Già nel 1999, un anno prima dell’emanazione del provvedimento, il regista allora esordiente Laurent Cantet nella pellicola “Risorse Umane” – storia di un neolaureato chiamato a risolvere uno scontro sindacale sulle 35 ore in una fabbrica in Normandia, che finirà per essere sfruttato dai proprietari per tagliare teste, tra cui il padre operaio nella medesima azienda – aveva provato a raccontarne le possibili distorsioni. Jacques Chirac, pur non toccando il cosidetto «libretto di risparmio delle ore lavorative», cioè l’accumulazione del monte ore sulla base del quale calcolare ferie e pensione, nel 2005 introduce due elementi di flessibilità sull’applicazione: uno per le imprese con meno di 20 dipendenti, e un altro che prevedeva l’innalzamento da 180 a 220 ore l’anno degli straordinari. Aumentando così, de facto, il monte ore a quota 39, anche se “legalmente” l’asticella rimaneva ferma a 35. Una flessibilità che, come nota Le Monde, era stata richiesta a gran voce dal socialista (ex direttore generale del Fmi) Dominique Strauss-Kahn dopo la debacle elettorale del 2002. Più tranchant l’ex premier Nicolas Sarkozy, che in uno degli ultimi dibattiti televisivi della scorsa campagna elettorale ha bollato le 35 ore come «uno dei più gravi errori economici mai commessi» dalla Francia.
Sempre Le Monde non manca di ricordare che proprio Hollande, in seguito alla vittoria elettorale di Nicolas Sarkozy nel 2007, frutto anche dello slogan «lavorare di più per guadagnare di più», invocava una riflessione più ampia in materia di lavoro al posto della mera reintroduzione “numerica” del limite ideato dall’esecutivo Jospin. Hollande, in altri termini, avrebbe preferito lasciare ai lavoratori la facoltà di «organizzarsi il lavoro per tutta la vita», con periodi di formazione e di congedo parentale, rispetto alle 35 ore, come dichiarò allora in un’intervista a L’Express. Una posizione di apertura rispetto a quella dell’ex compagna Segolene Royal, allora in corsa per l’Eliseo, che sosteneva: «La conseguenza non voluta della riforma è un peggioramento delle condizioni economiche delle fasce più deboli». L’attuale ministro degli Interni Manuel Valls, invece, è un convinto sostenitore dell’abolizione della misura, tanto che un anno fa – dall’ala destra del partito – chiedeva lo scioglimento del vincolo.
Quanto si lavora in Francia? Secondo i dati dell’Ocse, che peraltro ha sede a Parigi, nel 2011 la media settimanale delle ore lavorate è pari a 38, contro i 37,5 dell’Italia, le 35,5 della Germania e le 38,4 della Spagna. Dati che evidenziano come, nei fatti, la discussione sia già superata. Tanto che il quotidiano di sinistra Liberation ha ospitato un’intervista a Pierre Larrouturou, in cui l’economista sostiene che il limite «nel 2012 è una sciocchezza. I dati dell’Insee (l’Istat transalpina, ndr) dicono che i francesi lavorano 39,5 ore la settimana e ci sono 4 milioni di persone a ore zero». Cioè senza lavoro. Il punto non è lavorare meno per legge, dunque, ma lavorare meglio. Fatto 100 gli Usa, il Pil per ora lavorata misurato dall’Ocse nel 2011 per la Francia si assesta a 95,7 punti, più dei 91,6 punti della Germania, dei 79,8 punti della Spagna e dei 75 punti dell’Italia, ma meno di Irlanda, 110 punti, e Belgio, 98,1 punti. È questa la leva su cui si deve concentrare Hollande.