Angela Merkel è il nuovo “Principe”, fedele seguace di Niccolò Machiavelli. Chiamiamola, anzi, “Merkiavelli”. Da tempo in Germania e non solo cresce il numero dei commentatori che osservano il pragmatismo tutto all’insegna del potere – a cominciare dallo storico “scaricamento” del suo mentore Helmut Kohl, oltre un decennio fa, nel vortice dello scandalo dei fondi neri della Cdu.
Ci voleva però un sociologo del calibro di Ulrich Beck per fotografare con questo ben riuscito neologismo la personalità politica della cancelliera. Beck, in un saggio pubblicato da Der Spiegel, analizza i continui e ormai celeberrimi voltafaccia di Merkel, da neinneinein al «si può fare», dagli aiuti greci ai fondi salva-stati, e, sul piano interno, dal rilancio del nucleare alla clamorosa decisione di un’uscita progressiva dall’atomo dopo Fukushima.
Beck vede in Merkel la perfetta allieva di Machiavelli: secondo l’autore del Principe, «bisogna attenersi alla propria parola di ieri -ricorda Beck – solo se oggi ciò porta vantaggi. Trasferito alla situazione di oggi questa massima recita: oggi si può fare il contrario di quello che ieri si è annunciato, se ciò aumenta le proprie chance alle prossime elezioni».
Piuttosto evidente è stata, diciamo così, la “prudenza” della Merkel nello scontro frontale tra il presidente della Bce Mario Draghi e quello della Bundesbank Jens Weidmann sulla questione degli acquisti di titoli di Stato. Il fedelissimo Weidmann è stato sostanzialmente, anche lui, “scaricato” dalla leader tedesca. Tuttavia, a difesa dell’italiano la cancelliera ha mandato avanti il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble e il membro tedesco del board Jörg Asmussen, lei si è tenuta in disparte.
Come sintetizza Beck, il machiavellismo della Merkel sta nel fatto che «nello scontro tra “architetti dell’Europa” e “ortodossi dello Stato nazionale” non prende partito. O meglio: si tiene aperte entrambe le contrapposte opzioni. Non è né solidale con gli europeisti (all’interno e all’estero) che chiedono impegni vincolanti della Germania, né sostiene la frazione degli euroscettici che vogliono negare qualsiasi aiuto». Insomma, è un «”nì” nel quadro di un poker politico».
Machiavellico è anche l’attendismo di Merkel: «l’indugiare come tecnica per domare è il metodo di Machiavelli», avverte ancora Beck. In sostanza – e questo in tanti l’avevano capito – il nein, il suo attendismo, vista l’assoluta centralità di Berlino in tutte le decisioni cruciale per l’eurozona, «è la principale leva della grande potenza economica della Germania nell’Europa del rischio finanziario».
L’obiettivo è chiaro: ottenere in cambio degli aiuti, un adeguamento da parte dei paesi in crisi ai dettami di risparmio della Germania. Il sociologo è durissimo, evoca le passate, drammatiche egemonie tedesche della prima parte del Ventesimo secolo, come aveva fatto l’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer. Con una differenza sostanziale (per fortuna): «la nuova potenza tedesca in Europa non si fonda come in altri tempi sulla violenza come ultima ratio. La Germania non ha bisogno di armi, per costringere altri stati a seguire la sua volontà. Per questo è assurdo parlare di “Quarto Reich”. La potenza fondata sull’economia è molto più mobile, non deve invadere con truppe eppure è onnipresente».
Non basta. “Merkiavelli” riesce nella quadratura del cerchio di tranquillizzare i tedeschi insistendo con durezza nel pretendere disciplina e rigore nei paesi “spendaccioni” del Sud, e al tempo stesso, sostiene Beck, convince questi ultimi che il male minore è un “euro tedesco”. Europa all’insegna della Germania. Ricorda un vecchio adagio tedesco dell’Ottocento: Am deutschen Wesen soll die Welt genesen, «il mondo guarirà grazie alla Germania».
La formula magica che spiega la perdurante popolarità della cancelliera a casa propria è la “doppia faccia” di Angela Merkel: «farsi amare in patria, farsi temere all’estero. A casa consenso nella tradizione dell’economia sociale di mercato, all’estero brutale neoliberismo». Una formula magica che però, con il passare del tempo comincia a scricchiolare, visto che la ricetta tedesca – risparmiare, risparmiare, risparmiare – non sta portando frutti e anzi sta facendo infuriare le popolazioni di Grecia, Portogallo, Spagna, e ormai anche Italia.
E allora potrebbe anche accadere che si crei, dice Beck, «un contropotere», nei paesi in difficoltà – a cominciare da Italia e Spagna, con l’aiuto della Francia. E magari imporre il vero incubo dei tedeschi: un vero ripensamento della Bce, lontano dalla vecchia Bundesbank, sempre più vicina alla Fed. Merkiavelli, allora, avrebbe perso la partita.
A meno che, ipotizza il sociologo, nella battaglia con lo sfidante alle politiche del 2013, il socialdemocratico Peer Steinbrück, Merkiavelli scopra il valore strategico delle idee europee e si faccia fondatrice degli Stati Uniti d’Europa. Sarebbe un modo per riprendere in mano il comando. Una cosa è chiara: vista la sua enorme potenza in Europa la Germania una decisione sull’Europa dovrà prenderla.