Ha fatto la guerra ai big del tabacco e la Ue lo ha cacciato

Ha fatto la guerra ai big del tabacco e la Ue lo ha cacciato

BRUXELLES – Quando si dice una brutta storia. Una storia che evoca il 1999, quando l’allora commissario francese Edith Cresson inciampò in un caso di corruzione, trascinando poi l’intera Commissione uropea allora guidata da Jacques Santer. Certamente, lo spettacolo cui si sta assistendo a Bruxelles intorno alle pesanti accuse e alle dimissioni del maltese John Dalli, fino al 16 ottobre responsabile della Salute, non può che lasciare perplessi. Tutto ruota intorno a un’oscura forma di tabacco, lo snus, usato solo in Svezia e in Norvegia, per uso orale. Lo si mette tra il labbro e la gengiva, e lo si succhia. Tranne che in Svezia (che ottenne una speciale esenzione al momento dell’adesione all’Ue), è vietato in tutta l’Unione: l’assorbimento delle sostanze nocive del tabacco sarebbe secondo gli esperti ancora più elevato della normale sigaretta.

Una premessa: Dalli era profondamente inviso alla lobby del tabacco per la direttiva che stava preparando – pronta già da agosto, ma, a sentire l’ex commissario, ostacolata dagli stessi servizi interni della Commissione – che avrebbe inasprito le norme per le sigarette, fino a vietare persino la pubblicazione della marca sui pacchetti.

Il caso comincia a maggio, quando una società svedese che produce snus, Swedish Tobacco, denuncia alla Commissione che un imprenditore maltese (secondo la stampa dell’isola sarebbe Silvio Zammit, compagno di partito di Dalli e ritenuto uno dei suoi principali aiutanti elettorali) avrebbe offerto a carissimo prezzo (secondo i media 60 milioni di euro) di utilizzare la propria conoscenza con Dalli per ottenere la revoca del divieto dello snus nell’Ue. L’Olaf indaga su richiesta della Commissione, il 15 ottobre presenta il suo rapporto (segreto) in cui in sostanza si conferma le accuse. L’Olaf afferma che, sebbene non ci siano state transazioni finanziarie né prove della partecipazione diretta di Dalli alle richieste, «vi sono numerose prove circostanziali che il commissario era al corrente delle attività dell’imprenditore maltese e del fatto che questa persona stesse usando il nome del commissario per ottenere vantaggi finanziari», senza stopparlo. E parla di due incontri accertati del commissario con la lobby dello snus che sarebbero stati procacciati dall’imprenditore.

Il caso sembrava risolto il 16 ottobre, quando la Commissione annuncia che Dalli «ha immediatamente offerto al presidente José Manuel Barroso le sue dimissioni per difendere la propria reputazione e quella della Commissione». È invece qui che comincia il delirio. Dalli, prima con un video su Youtube, poi con varie interviste nonché due lettere (una a Barroso, un’altra al Parlamento Europeo) smentisce seccamente di essersi dimesso. «Il 16 ottobre – scrive al presidente della Commissione – mi hai esplicitamente chiesto (verbalmente) di dimettermi». Nella missiva Dalli afferma che dunque il comunicato diramato dalla Commissione «è una scorrettezza». «Non mi sono state date 24 ore per consultarmi con i miei avvocati e per informare la mia famiglia – scrive nella missiva al Parlamento Europeo (il cui presidente Martin Schulz chiederà poi – invano – chiarimenti a Barroso) – mi sono stati dati (da Barroso, ndr) solo 30 minuti».

Dalli, che respinge seccamente le accuse, sostiene inoltre che «tuttora non ho accesso al rapporto Olaf e dunque non ho avuto modo di ribattere». Accuse ribadite ieri in conferenza stampa. «Chiedete all’Olaf – ammicca – se le procedure sono state corrette». Poche ore dopo giungeva la notizia delle dimissioni del responsabile dell’Advisory Board dell’Olaf, l’olandese Christiaan Timmermann. Ufficialmente, è un cambio della guardia di routine, secondo voci non confermate il funzionario non avrebbe informato a dovere i membri del board Olaf sulle accuse rivolte a Dalli prima di inviarle alle autorità giudiziarie maltesi. 

Il 21 ottobre, intanto, Barroso aveva a sua volta reso pubblica una lettera a Dalli. «Vorrei informarla – scrive gelido – che non sono in grado di accettare le affermazioni contenute nella sua lettera. Nel nostro incontro del 16 ottobre, Lei stesso mi ha dichiarato in modo inequivocabile le sue dimissioni, di fronte al direttore generale dei servizi legali e del capo del mio ufficio privato». E’ scontro aperto. Dalli comincia a dire in varie interviste che, con le sue dimissioni, la direttiva sul Tabacco «è morta». La Commissione spiega che, con il cambio della guardia (al posto di Dalli arriva l’attuale ministro degli Esteri maltese Tonio Borg) ci vorrà più tempo, nega però che la direttiva sia arenata. Ieri, intanto, Dalli ha fatto sapere che denuncerà Barroso. 

Il giallo si complica con le dichiarazioni di Patrik Hildigsson, presidente del Consiglio Europeo per il tabacco senza fumo (Estoc) e vicepresidente di Swedish Match. Al sito internet Europolitics afferma di aver saputo che in incontro con un avvocato maltese e il segretario generale di Estoc, Inge Delfoss il 7 marzo, Dalli avrebbe detto che togliere il bando dello snus sarebbe per lui un «suicidio politico». Il commissario sarebbe poi uscito, mentre sarebbe subentrato il famoso imprenditore maltese. La sua interpretazione: «un suicidio politico non si fa in cambio di niente», dunque, è la traduzione di Hildigsson, bisognava pagare.

Una brutta storia, appunto, ancora tutta da chiarire. Possibile che Dalli – che faceva il duro con la lobby del tabacco – fosse pronto a vendersi per l’oscuro snus? Non sono in pochi i maligni a pensare che dietro la curiosa vicenda possa esserci il più classico dei trappoloni: uno scandalo per togliere di mezzo il commissario scomodo. Se davvero fosse così – starà ai magistrati chiarirlo – Dalli, quanto meno con la sua disaccortezza, ha certamente dato una mano. Non si può neanche dire, però, che Barroso abbia brillato per trasparenza. Un’ombra scura resterà, almeno per un bel po’.
 

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