LONDRA – Se l’Italia piange, l’Eurozona non ride. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto in Europa livelli record: le ultime statistiche diffuse da Eurostat parlano di 18 milioni di persone senza lavoro nell’area dell’Europa a 27. E adesso la preoccupazione sale anche in paesi, come il Regno Unito, che avevano un numero di disoccupati fisiologicamente basso.
A preoccupare il governo di Londra è soprattutto la durata della crisi. Nel 2008 quando la recessione iniziò a dispiegare i suoi primi effetti la disoccupazione in Uk si attestava intorno al 5%: a non avere lavoro erano circa 1,6 milioni di cittadini britannici. Un anno dopo le cifre erano salite all’8% e, in una corsa apparentemente senza fine, alla fine del 2011 il tasso di disoccupazione ha toccato la soglia massima di 2,7 milioni: il peggior dato degli ultimi 17 anni.
Sono soprattutto i giovani tra i 16 e i 24 anni a non trovare uno sbocco professionale: solo negli ultimi tre mesi il numero di ragazzi di questa età alla ricerca infruttuosa di lavoro è salito di oltre 7.000 unità, con numeri complessivi da mettere i brividi: siamo oltre la soglia del milione, ovvero il 21,6 percento dell’intera forza lavoro. Se si escludono i ragazzi impegnati negli studi, la cifra reale si attesta attorno al 20,3 percento.
Le cose non vanno meglio neppure nella capitale, da sempre simbolo del capitalismo più avanzato e di un mercato del lavoro estremamente dinamico. Certo, rispetto all’immobilismo italiano, Londra rimane sempre l’Eldorado che attrae giovani da mezza Europa, ma i tempi d’oro della “Cool Britannia” sono finiti da un pezzo. Ad accorgersene è stato anche il quotidiano Evening Standard che dalla metà di settembre ha iniziato una martellante campagna di sensibilizzazione, dedicando copertine e intere cover stories ai giovani londinesi alle prese con il dramma della disoccupazione. In una di queste, forse la più drammatica di tutte, la diciannovenne Sana Babar afferma di avere inoltrato oltre tremila richieste e ottenuto solo quattro colloqui, nessuno dei quali andato a buon fine. Definisce la sua situazione “soul-destroying”, uno strazio per l’anima.
A trovarsi spiazzata non è solo Sana, ma un’intera generazione di giovani inglesi scolarizzati e pronti, per cultura, ad affrancarsi presto dalla famiglia: sono senza lavoro, senza prospettive, senza speranza. Si sentono traditi da un sistema che li mette al margine. Anche perché la disoccupazione giovanile (16-24 anni) nel Regno Unito è tre volte quella degli adulti tra i 25 e i 49 anni. Nella sola Londra sono 120mila i ragazzi senza lavoro, di cui quasi 24mila disoccupati da più di un anno. 50mila di loro hanno fatto richiesta del sussidio di disoccupazione che, al momento, pesa sulle casse dello Stato per 145 milioni di sterline all’anno.
Il perché di questa situazione disegna un classico circolo vizioso: i giovani inglesi non trovano lavoro per mancanza di esperienza, ma senza lavoro non faranno mai quell’esperienza che è loro richiesta. Andando dritto al cuore della questione, la scorsa settimana l’Evening Standard ha lanciato la campagna “Ladder for London” chiedendo apertamente alle imprese che operano nella capitale di farsi carico del problema. Come? Impiegando i giovani disoccupati con degli stage retribuiti e offrendo loro una porta d’accesso al mercato del lavoro. «Il calcolo è semplice», scrive l’editorialista del quotidiano, David Cohen: «Ci sono 300mila imprese che assumono a Londra e 120mila disoccupati: serve che un’azienda su tre prenda uno stagista». Con i sussidi del governo, il costo annuale non supererebbe le 2.500 sterline. A dare una mano si è messa pure City Gateway, un’associazione senza fini di lucro dedita all’apprendistato giovanile, che è diventata subito partner del progetto.
L’iniziativa sembra riscuotere consensi. Non solo quelli, scontati, della politica. A partire dal primo ministro David Cameron che, al suo primo mandato, si è trovato con una situazione economica complicatissima con cui fare i conti e che vede come una manna dal cielo qualsiasi iniziativa volta a contrastare la piaga sociale della disoccupazione.
Anche le aziende stanno rispondendo positivamente all’appello. La prima a manifestare l’intenzione di assumere 10 stagisti è stata la banca di investimento Goldman Sachs. A ruota hanno aderito la catena di fast food Pret-A-Manger, la University of East London, la City of London Corporation e l’azienda di cosmetici naturali Lush. In una settimana sono stati creati 100 posti da apprendista, con un salario medio che va dalle 7,25 alle 8,30 sterline per ora. È una goccia nell’oceano, ma finalmente una goccia di speranza.